prodotti e componenti chimici
 
Creme solari
Le creme solari e i doposole sono spesso un concentrato di sostanze chimiche dannose per la salute la nostra consapevolezza riguardo agli additivi chimici presenti negli alimenti è cresciuta sempre di
più. Stiamo attenti a quello che compriamo e spesso valutiamo nel dettaglio gli ingredienti di ogni prodotto.
Per decenni ci hanno terrorizzato con la storia che il sole ci fa venire il cancro della pelle, su cui non tutti concordano. Le creme solari, forse prevengono il cancro della pelle, ma in compenso potrebbero farci venire il tumore da qualche altra parte, considerata la concentrazione di porcherie chimiche che contengono. In America l' industria del cosmetico vende creme solari con sostanze cancerogene e poi fa donazioni alla American Cancer Society; (associazione non-profit per la lotta contro il tumore), che a sua volta raccomanda alla gente l'uso delle creme solari per prevenire il cancro.
Proviamo a vedere in sintesi le caratteristiche di alcuni filtri presenti nei solari.

- Octinoxate (Octyl Methoxycinnamate) ; il più utilizzato perché poco sensibilizzante e fotoallergenico. A concentrazioni simili a quelle presenti nelle creme solari, ha dimostrato una certa azione estrogenenica (rischio di tumore al seno) sui topi da laboratorio.
- Benzophenone-3 ; causa reazioni fotoallergiche. Viene assorbito dalla cute in quantità significative. In uno studio è stato trovato nelle urine di 86 ragazze su 90 che ne facevano uso.
- Octisalate ; favorisce l'assorbimento cutaneo di altre sostanze chimiche presenti nelle creme.
- Avobenzone (Parsol 1789) Butyl Methoxydibenzoylmethane ; è un filtro UVA. I raggi del sole lo scompongono in prodotti chimici sconosciuti, soprattutto se in presenza (nella crema) di Octixonate.
- Octocrylene ; viene miscelato con altri filtri UV per aumentarne l'effetto schermante. Esposto alla luce solare produce radicali liberi.
- Homosalate - ha dimostrato di possedere una blanda azione xenoestrogenica (rischio di tumori ormonodipendenti).
Facilita l'assorbimento di sostanze chimiche.
- Esulizole (Phenilbenzimidazole Sulfonic Acid); produce radicali liberi se esposto alla luce del sole, causando danni al DNA. Potrebbe causare il cancro.
- Padimate-O (Octyl-Dymethyl PABA/PABA ester) - un derivato del famoso filtro solare PABA. Gli studi mostrano che si decompone in radicali liberi, danneggia il DNA, ha un azione estrogenica e in alcune persone può causare reazioni allergiche.
- Sulisobenzone (Benzophenone-4) ; Può causare irritazione cutanea. Non penetra gran che nella pelle, ma facilita la penetrazione di altre sostanze chimiche.
- 4-Methylbenzylidene camphor ; ricercatori europei temono che possa avere una tossicità tiroidea e
;azione xenostrogenica.
Inoltre, in molte creme solari e anche nei dopo-sole, spessissimo si trovano antisettici e conservanti potenzialmente cancerogeni, come il triclosan e i parabeni.
Non dimentichiamoci che, alla fine, tutte queste sostanze chimiche finiscono nei fiumi, nei laghi nel mare!
Esporsi al sole fa bene ed è necessario per la produzione della vitamina D, cui recenti studi attribuiscono importantissima azione preventiva antitumorale e antimetastatica: in grado di prevenire 4 tumori su 5.
La vitamina D, inoltre, è molto importante per l'osteoporosi, la depressione, le malattie cardiovascolari e obesità. In America si è calcolato che la mancata esposizione al sole procura oltre 50.000 casi di cancro tra la popolazione. Spalmarsi continuamente tutto il corpo con schermi protettivi potrebbe impedire la produzione di vitamina D e fare più male che bene oltre a tutte le sostanze chimiche che si assorbono.
Esponetevi al sole del mattino e del tardo pomeriggio ed evitate quello delle ore centrali. Per lunghe esposizioni e in condizioni di sole intenso, proteggete la pelle con creme e oli davvero naturali. Esistono numerose sostanze di origine naturale che sono schermanti, idratanti e restitutive: macadamia, olio di semi di vite, tè verde, burro di Caritè, olio di sesamo, olio di cartamo, vitamina E, aloe vera, certi tipi di frutta, cera d'api, cera di Carnauba (Copernica prunifera), acido caprico e caprilico, alga corallina, alga litotamnio, Porphyria umbilicalis, ecc. Anche l'ossido di zinco micronizzato e alcuni minerali possono andare bene. Idealmente, il cosmetico migliore dovrebbe essere talmente naturale che potresti anche tranquillamente mangiartelo.
Trovo innaturale e poco saggio che la gente stia ore e ore al sole come delle lucertole. Non siamo animali a sangue freddo e non siamo fatti per stare sotto il sole come fanno certi fanatici. Non credo che l'uomo, nella sua lunga storia, si sia mai comportato in questo modo così poco avveduto. Senza fare del terrorismo e parlare di rischio tumorale, un eccesso di sole siruramente accelera l'invecchiamento della pelle.
Non esistono solo le creme per proteggersi dal sole. Funzionano molto bene anche un bel cappello a falde larghe, del vestiario bianco, starsene all’ombra tranquilli nelle ore più soleggiate, ma anche una buona alimentazione ricca di fattori protettivi per la salute (vit.C, E, Selenio, Luteina, Zeaxantina, ecc.). Tra gli alimenti indicati, i frutti di bosco serebbero i migliori per prevenire le ustioni solari.
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COS' E' IL FARMACO
I farmaci sono sostanze che, somministrate nell'organismo, sono in grado di provocare modificazioni funzionali mediante un'azione chimica, chimico-fisica o fisica.
Le specialità medicinali sono prodotti industriali con proprietà curativo-profilattiche registrati presso il ministero della salute. Le specialità galeniche sono medicamenti preparati dai farmacisti, che devono essere venduti in confezioni speciali dotate di chiusura di garanzia, non possono essere oggetto di pubblicità e non vanno venduti con nomi diversi rispetto a quelli indicati dalla farmacopea ufficiale; fra le specialità galeniche, quelle magistrali vengono preparate in base a una prescrizione medica e sono destinate a un paziente specifico, mentre quelle officinali sono preparate in base alle indicazioni della farmacopea ufficiale.
Le vie di somministrazione dei farmaci sono diverse: orale (per bocca), rettale (attraverso l'ano), parenterale (mediante iniezioni, che possono essere endovenose, intramuscolari o sottocutanee), topica (su pelle e mucose, per uso locale o esterno), per aerosol e nebulizzazione.
L'uso empirico dei farmaci risale all'epoca preistorica; i riferimenti storici più antichi si trovano in testi dell'antica civiltà indiana e in papiri egiziani. Solo con Ippocrate hanno inizio i tentativi di spiegare scientificamente l'azione di questi preparati. Fu Dioscoride, nel I secolo d.C. a realizzare un primo trattato sui farmaci, Sulla materia medica. Nell'età moderna, il metodo sperimentale modifica l'approccio all'uso e alla preparazione dei farmaci. Il primo medicamento di sintesi è stato l'aspirina, introdotta nel 1899. Quarant'anni dopo avviene la scoperta delle proprietà dei sulfamidici, seguita nel 1926 dall'introduzione della plasmochina e nel 1932 dell'atebrina. Nel periodo seguente la seconda guerra mondiale vengono messi a punto numerosi nuovi farmaci, come isoniazide (trattamento della tubercolosi), adrenocorticoidi (artrite reumatoide, infiammazioni, allergie), alcaloidi e sali ammonici quaternari (ipertensione), cloropromazina (malattie mentali, depressioni), antistaminici (allergie), antidiabetici orali, estrogeni e progestinici (contraccezione), clorochine (malaria, parassitosi da amebe), anestetici locali, miorilassanti ecc.
I farmaci possono anche causare effetti negativi, oltre che per sensibilità individuale, spesso anche per errori nelle dosi assunte. Inoltre i farmaci hanno effetti collaterali, dei quali si deve tenere conto durante la terapia. Un altro problema in cui si può incorrere è provocato dall'interazione fra farmaci diversi assunti simultaneamente; a volte, l'azione combinata di diversi principi farmacologici può provocare effetti negativi sull'organismo.

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PLAVIX E ASPIRINA CONTRO L'ICTUS

Un gruppo di ricercatori britannici ha reso noto che l'integrazione dell'antiaggregante Plavix a dosi quotidiane di aspirina consente di prevenire il rischio di ictus più efficacemente rispetto all'assunzione della sola aspirina. In alcune sperimentazioni precedenti il Plavix (commercializzato da Sanofi-Aventis e Bristol-Myers Squibb Co.) aveva dimostrato di poter impedire il ripresentarsi di attacchi cardiaci e ictus nei pazienti che avevano già subito attacchi cardiaci. Uno studio recente ha dimostrato che la combinazione di Plavix e aspirina è anche in grado di ridurre il numero dei piccoli coaguli sanguigni prevenendo il rischio di ictus. Secondo H. Markus (St. George's Hospital Medical School, Londra), la combinazione di clopidogrel e aspirina si è dimostrata significativamente più efficace nella riduzione dei coaguli sanguigni rispetto all'assunzione della sola aspirina. Markus e colleghi hanno riferito di avere seguito 107 pazienti colpiti da ictus presso undici cliniche in Francia, Germania, Svizzera e Gran Bretagna. In tutti i pazienti si riscontrava una stenosi almeno del 50% dell'arteria carotidea, il principale vaso che conduce sangue al cervello. Tutti i pazienti avevano subito un ictus o un'ischemia transitoria nel corso dei tre mesi precedenti. Per lo studio, (CARESS, Clopidogrel and Aspirin for Reduction of Emboli in Symptomatic Carotid Stenosis), a circa metà dei pazienti sono stati somministrati aspirina e Plavix (clapidogrel), mentre all'altra metà è stata somministrata la sola aspirina per una settimana. I ricercatori hanno utilizzato il Doppler transcranico a ultrasuoni per individuare i microemboli a livello cerebrale. Sono stati riscontrati microemboli nel 43,8% dei pazienti a cui erano stati somministrati entrambi i farmaci e nel 72,7% del gruppo che aveva ricevuto soltanto aspirina. In base agli studi effettuati, i pazienti che hanno subito un ictus sono a rischio di subirne un altro soprattutto entro la prima settimana. Secondo Markus, il rischio è particolarmente elevato nei pazienti con stenosi delle arterie carotidee; questo porta a ritenere che una terapia anticoagulante possa risultare particolarmente indicata per questo tipo di pazienti. Il medico ritiene che i risultati dimostrino che questa terapia indica la possibilità di selezionare diverse combinazioni di farmaci per ulteriori test nell'ambito di sperimentazioni cliniche a più ampio raggio.
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Intossicazioni da metalli in bocca


LOCALIZZAZIONE CON TECNICHE ATOMICHE E NUCLEARI DI ELEMENTI POTENZIALMENTE TOSSICI RILASCIATI DA DISPOSITIVI PROTESICI ED IMPLANTARI
http://www.ricercaitaliana.it/prin/dettaglio_completo_prin-2004065535.htm
Università degli Studi di Padova
Abstract
Vari metalli con potenziali effetti tossici sono contenuti in materiali molto usati in campo odontoiatrico, per cure conservative, protesi e chirurgia implantare e maxillo-facciale.
Ricordiamo cromo, cobalto, titanio, nichel ed alluminio presenti in alcune leghe per protesi, e nella gran maggioranza degli impianti dentari endossei, nonché il mercurio contenuto nell'amalgama per restauri dentari.
Il crescente impiego clinico di impianti dentari, ha rivolto l'attenzione di numerosi ricercatori sul possibile rilascio nell'organismo ospite di componenti metalliche degli impianti, e della loro eventuale diffusione a distanza con accumulo in organi bersaglio. Tuttavia, le ricerche sin qui eseguite con varie tecniche di analisi, sia in pazienti che in animali, hanno condotto a risultati non concordi.
Avendo la disponibilità di sonde a protoni ed a raggi X ed una microsonda a protoni e raggi X dei Laboratori Nazionali di Legnaro, dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, ci si propone di eseguire studi che contribuiscano a chiarire le tematiche sopra illustrate, effettuando la ricerca, il dosaggio e la mappatura soprattutto del titanio, del cromo, cobalto e mercurio, metalli di vasto uso odontoiatrico.
Si faranno dosaggi del contenuto di questi elementi nei tessuti orali di pazienti portatori di protesi, impianti ed amalgama, in trattamento presso la Clinica Odontoiatrica di Padova, ed anche nella saliva, nelle urine e nel sangue.
Lo studio sarà condotto anche su pazienti di controllo, e nei due anni previsti avrà come oggetto almeno duecento casi. Analoghi esperimenti saranno condotti in animali da laboratorio, in cui si faranno innesti sottocute ed intramuscolari di metalli, presso il Centro Interdipartimentale di Chirurgia Sperimentale di Padova.
Per ciò che concerne il titanio e gli altri metalli costituenti gli impianti dentari, si prevede di eseguirne il dosaggio e la mappatura in alcuni reperti bioptici umani, concernenti sia impianti rimossi per fenomeni flogistici, che asportati dopo alcuni anni di funzione clinicamente valida, a causa di fratture delle componenti metalliche.
Alcuni di tali reperti, in attesa di essere analizzati, sono già in possesso dei gruppi di ricerca.
Analoghe analisi e mappature saranno eseguite su impianti inseriti in animali.
Le attrezzature utilizzate saranno l'apparecchiatura Precise per preparazioni istologiche di tessuti e corpi duri a mezzo taglio e molaggio, in possesso della Clinica Odontoiatrica di Padova, e le attrezzature esistenti presso i Laboratori Nazionali di Legnaro dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare.
Con la tecnica PIXE micro-beam sarà possibile eseguire scansioni dei campioni, disegnando mappe indicanti la distribuzione spaziale degli elementi in traccia diffusi nei tessuti. Ciò consentirà di porre in relazione le caratteristiche morfologiche di superficie dei manufatti (rugosità, forma filettata) la eventuale diffusione, attraverso l'interfaccia di separazione, dei componenti, ed anche per quanto concerne le biopsie orali nei portatori di amalgama permetterà di evidenziare la distribuzione spaziale dei metalli presenti.
Misure quantitative anche nella saliva, nel sangue e nelle urine saranno eseguiti con tecnica XRF, mentre si metteranno a punto linee di ricerca basate sulla sonoluminescenza (tecnica che promette interessanti applicazioni analitiche) e per la ricerca di elementi in ultratraccia (limite di rilevamento minore di 1ppb) con luce di sincrotrone presso i Laboratori Nazionali di Frascati (per gli elementi ultraleggeri), con cui i componenti del gruppo di Verona sono da tempo in collaborazione. Analoghi rapporti di collaborazione sono previsti con i Sandia Laboratories di Albuquerque, New Mexico, USA presso i quali lavora da circa due anni e lavorerà nei prossimi mesi uno dei componenti l'unità di ricerca. <<<


Coordinatore Scientifico del Programma di Ricerca
Pietro PASSI Università degli Studi di PADOVA
Obiettivo del Programma di Ricerca
Riguardo gli impianti endossei, l'obiettivo è di verificare se, in che misura ed quali condizioni possa avvenire rilascio di componenti metalliche. L'indagine microPIXE effettuata su sezioni ottenute con tecnica di taglio e molaggio, comprendenti impianto e tessuti adiacenti, consente uno studio ottimale dell'interfaccia impianto-tessuto, disegnando la mappa degli elementi presenti nel campo esaminato. Questa analisi consente di vedere le modalità di diffusione degli elementi, in base alla loro disposizione superficiale, e costituisce un prezioso ausilio nello studio del comportamento chimico-fisico della superficie degli impianti endossei. Infatti, la morfologia di superficie, sia a livello microscopico che macroscopico, è una delle caratteristiche principali che differenziano i numerosi tipi di impianti utilizzati oggi.
Abbiamo infatti manufatti "di tornio", mentre altri sono sottoposti a trattamenti che ne irruvidiscono la superficie, mediante sabbiatura, mordenzatura acida, rivestimento al plasma-spray e altri: la tendenza attuale va nella direzione di produrre impianti a superficie mossa, che sembrano produrre un legame con l'osso più veloce e tenace.
Tuttavia, la presenza di micronicchie superficiali, conseguenti alla ruvidità, può produrre fenomeni di corrosione differenziale a causa della diversa concentrazione di ossigeno, ed intensificare la diffusione anche dei metalli passivanti, come il titanio.
Pertanto, è necessario non solo individuare la presenza di componenti implantari nei tessuti, ma anche poter determinare da dove possono innescarsi gli attacchi chimici
al materiale. Precedenti studi condotti da componenti di questo gruppo di ricerca,hanno indicato come la microanalisi con PIXE a raggio focalizzato sino a 2,5 micrometri sia uno strumento estremamente sensibile, che può evidenziare elementi a concentrazioni dell'ordine di 1 ppm. Qualora a questo limite di rilevazione non si riscontri rilascio di componenti implantari, si prevede di utilizzare per elementi leggeri, un fascio di luce di sincrotrone, abbassando il limite di sensibilità di circa tre ordini di grandezza.
Dall'analisi XRF degli organi espiantati dagli animali sottoposti ad impianti e confrontati con i controlli, si potranno ricavare indicazioni sull'accumulo dei metalli
a distanza, e se alcuni distretti possano fungere da serbatoi di accumulo di titanio, cromo, alluminio, nichel, vanadio ed altri metalli costituenti gli impianti.
Riguardo il problema della diffusione del mercurio dall'amalgama dentale, ci si propone di eseguirne il dosaggio nel sangue, nella saliva e nelle urine di soggetti portatori di restauri dentali e soggetti controllo. L' interesse della ricerca risiede nel fatto che l'amalgama d'argento è tuttora il miglior materiale plastico per otturazioni e ricostruzioni dentarie, e che i grandi vantaggi che esso offre come durata nel tempo dei restauri va attentamente raffrontato con gli eventuali effetti indesiderati, che sarebbero da ritenersi assai probabili qualora si confermasse un importante rilascio ed accumulo di mercurio, dotato di ben noti effetti tossici.
La determinazione con tecnica XRF del contenuto di mercurio nella saliva e nelle urine dei pazienti, che sarà messo in relazione con la quantità stimata di amalgama presente nel cavo orale, e raffrontata statisticamente con i soggetti controllo, eseguita su di un campione sufficientemente significativo, che si stima in almeno 200 soggetti + 100 controlli, potrà fornire utili indicazioni sul rilascio del metallo.
I dati ottenuti saranno raffrontati anche con il periodo di permanenza dei resturi nel cavo orale: infatti, per la formazione di pellicole di ossidazione superficiale, è da prevedersi che il rilascio del mercurio ed altri metalli possa decrescere col tempo.
L'esame con microsonda PIXE delle biopsie gengivali adiacenti a restauri in amalgama fornirà indicazioni sulle modalità del rilascio dei componenti metallici, a seconda che si riscontri una distribuzione tissutale uniforme, indice di un gradiente di diffusione, oppure che si rintraccino acccumuli localizzati di ioni metallici, nel qual caso si potrà ritenere trattarsi di fenomeni dovuti a microdistacchi di metallo per usura meccanica e chimica.
Negli animali da laboratorio, il dosaggio dei metalli negli organi fornirà indicazioni che si ritengono molto utili, soprattutto per confermare l'esistenza di serbatoi di accumulo del mercurio, che è stato segnalato concentrarsi nei reni e nelle gonadi maschili. Tale accumulo, tuttavia, è stato riscontrato in animali sottoposti a dosi massicce di Hg, e occorre stabilire se il fenomeno possa avvenire anche in condizioni più simili a quelle in cui si trova un paziente portatore di restauri dentari.
L'analisi con PIXE micro-beam dei preparati istologici, inoltre, permetterà di evidenziare il mercurio nelle sue sedi tipiche di localizzazione negli organi, come
avviene per i tubuli nel caso del rene. Ancora più importante potrà risultare negli animali la localizzazione di Hg nel cervello e nel tronco encefalico, considerati i ben noti effetti neurotossici tipici dell'intossicazione cronica da mercurio.
Ci si propone pertanto di portare avanti due linee di ricerca:
1) mediante l'unità A con sede a Padova si eseguiranno prelievi di saliva ed urine da pazienti portatori di restauri in amalgama e da soggetti non portatori. L'elevato numero di soggetti che si recano per visita e cure presso la Clinica Odontoiatrica renderà possibile valutare, nell'arco del biennio, non meno di 200 portatori e amalgama e 200 controlli. Si prevede anche di eseguire prelievi bioptici gengivali, nei quali si valuterà la presenza di metalli in traccia.
La disponibilità del Centro Interdipartimentale di Chirurgia sperimentale consentirà di eseguire sperimentazioni su animali, nei quali saranno inseriti impianti endossei di varia composizione, oltre a campioni di amalgama. Mediante l'apparecchiatura di taglio e molaggio, già in possesso della Cinica Odontoiatrica, si prepareranno sezioni in blocco degli espianti, comprendenti sia i metalli inseriti che i campioni adiacenti, che potranno essere sottoposti ad esame microscopico.
2) L'unità B, con sede a Verona, si occuperà delle analisi con tecniche XRF, PIXE e sonoluminescenza, sia dei reperti raccolti a Padova, che su campioni bioptici umani, contenenti impianti, ottenuti dalla locale Clinica odontoiatrica.
Si prevede anche di utilizzare un mezzo di analisi molto sensibile, la luce di sincrotrone, presso i Laboratori Nazionali di Frascati, che permetterà di abbassare di qualche ordine di grandezza i limiti di rilevazione delle tecniche XRF e PIXE, potendo rilevare quantità anche ridottissime di Hg (meno di 1 ppb), metallo che potrebbe avere effetti tossici anche questi livelli, poiché si accumula in alcuni organi e tessuti (soprattutto rene e gonadi).
Si prospetta di grande interesse l'impiego delle attrezzature PIXE
dei Sandia Laboratories di Albuquerque,USA presso i quali lavorerà
nei prossimi mesi un componente del nostro gruppo che già si trova sul posto da circa due anni. <<<
Risultati parziali attesi
Dalla prima fase ci sia attende soprattutto una messa a punto assai precisa della preparazione dei bersagli per le misure mediante le tecniche PIXE e XRF, che sarà resa possibile dal confronto con i risultati ottenuti mediante spettroscopia.
Da ricordare che la spettroscopia, specie con la tecnica FI-(VG)-ICP-MS ovvero Flow Injection-(Vapour Generation)-Inductively Coupled Plasma- Mass Spectrometer, che si intende utilizzare presso laboratori esterni, è molto collaudata ed affidabile; tuttavia è costosa, e consente di dosare un singolo elemento alla volta, mentre con PIXE ed XRF si può avere la rilevazione ed il dosaggio simultaneo di tutti gli elementi oggetto dell'indagine, oltre che la loro disposizione superficiale (PIXE microbeam). Pertanto, queste ultime tecniche si prospettano assai idonee ad indagini anche su vasta scala e per un gran numero di elementi.
Ci si attende inoltre una prima valutazione sull'utilità del confronto
tra quadri istologici e mappe degli elementi ottenuti con PIXE microbeam.
Si otterranno anche utili indicazioni se la saliva sia un mezzo idoneo per rilevare metalli rilasciati da restauri o protesi endorali, argomento che è tuttora oggetto di discussione.Si ritiene di poter raccogliere una quantità sufficiente di dati per stabilire:
-quali siano le migliori condizioni di impiego delle apparecchiature a fasci di particelle e raggi X utilizzati, ed i relativi limiti di rilevazione per gli elementi studiati.
- se avviene, ed in che misura, passaggio di metalli dai dispositivi protesici/restaurativi nei tessuti adiacenti, negli organi e nei fluidi biologici.
-in base ai risultati ottenuti, il rischio biologico correlato alle caratteristiche di tossicità dei metalli studiati ed alle relative concentrazioni.
- a mezzo della mappatura PIXE microbeam, se l'eventuale presenza di metalli sia dovuta a fenomeni di diffusione uniforme, oppure a distacchi più o meno parcellari di materiale dalla superficie. Ques'ultima indicazione potrà essere utile per suggerire quali rivestimenti e morfologie di superficie siano più affidabili per gli impianti endossei.
-se esista una correlazione tra alterazioni tissutali, evidenziabili in microscopia ottica, ed accumulo di metalli rilevato con le mappe PIXE microbeam. <<<
Durata
24 mesi
Base di partenza scientifica nazionale o internazionale
Sono stati descritti ed ipotizzati vari effetti avversi derivanti da metalli ampiamente utilizzati in campo odontoiatrico, in particolare dal mercurio contenuto negli amalgami, il nichel, il cromo, l'alluminio ed il vanadio presenti in numerose leghe per uso protesico ed implantologico. Per quanto concerne l'amalgama d'argento e i possibili effetti negativi del mercurio, le ricerche sin qui eseguite hanno portato a risultati discordanti.
In ratti sottoposti ad inalazione di limatura di amalgama per un'ora (proveniente dal fresaggio di un blocco di materiale) si sono riscontrate alterazioni renali, ed accumulo del mercurio nel rene e nei testicoli (Musajo e Coll., 1988).
Seidler e Coll. (1996) hanno studiato oltre 1.000 pazienti affetti da morbo di Parkinson in Germania, analizzando le loro abitudini alimentari e l' eventuale esposizione a sostanze tossiche. A detta di questi Autori, vi sarebbe una correlazione statisticamente significativa tra ricostruzioni dentarie in amalgama e malattia di Parkinson, nel gruppo di pazienti in esame.
Il contenuto di Hg nelle urine sembra essere un indicatore più attendibile rispetto al tasso ematico, in quanto il mercurio tende a concentrarsi nei reni.
Anche la valutazione quantitativa di questo elemento nella saliva è da ritenersi di estrema utilità. Alcune ricerche, infatti, hanno evidenziato una correlazione tra numero ed estensione dei reaturi dentali in amalgama e livelli di Hg salivare (Lygre et al., 1999); si è visto, inoltre, che alla rimozione di restauri in amalgama, dopo un breve transitorio periodo di aumento, segue un decremento dei valori di Hg salivare (Bjorkman et al. 1997).
Riguardo l'assorbimento di mercurio da otturazioni dentali, il quantitativo giornaliero è stato stimato in 4 - 19 mcg /die (Weiner e Nylander, 1995); tuttavia, misurazioni eseguite in un modello di bocca artificiale, hanno evidenziato che l'assorbimento giornaliero di Hg sarebbe valutabile in circa 0,03 mcg /die (Berdouses e Coll., 1995), valore irrisorio, soprattutto considerando che il TLV (Threshold Limit Value), ovvero valore soglia limite per il mercurio, secondo gli standard degli Stati Uniti, è pari ad 82,29 mcg /die.
Halbach (1995) stima che l'assorbimento di mercurio da amalgama non superi i circa 5 mcg /die, e ritiene che comunque un quantitativo almeno pari o superiore sia assunto quotidianamente con i cibi.
Schulte e Coll. (1994) hanno descritto che in un campione di giovani tra i 3 ed i 15 anni i portatori di amalgama hanno un'escrezione urinaria di Hg di circa 0,70 mcg /l al giorno, contro i circa 0,17 mcg /l dei non portatori. Questi risultati sono in accordo con quelli di Begerow e Coll. (1994), i quali hanno constatato che con la rimozione di restauri in amalgama l'escrezione urinaria di mercurio si riduce di circa 5 volte, a distanza di un anno.
Tuttavia Ulukapi e Coll. (1994), che hanno valutato l'escrezione urinaria di Hg in bambini portatori di amalgami, concludono che il metallo è al di sotto del limite di rilevabilità.
E' quindi certo che si liberi mercurio da ricostruzioni in amalgama, ma non vi sono conclusioni univoche sugli eventuali effetti che ciò potrebbe causare.
Nel ratto, si può indurre una stomatite da contatto, dopo aver sensibilizzato gli animali con cloruro mercurico (Warfvinge e Larsson, 1994).
Talora, non frequentemente, vi può essere ipersensibilità al mercurio contenuto nelle otturazioni.Un simile caso con reazione cutanea è stato descritto da Ulukapi nel 1995.
Reazioni lichenoidi della mucosa orale sono guarite in oltre il 60% dei casi dopo la rimozione di restauri in amalgama, addirittura nel 92% se il materiale era a diretto contatto con la lesione (Henriksson e Coll., 1995).
L' amalgama è sospettato di essere un possibile agente eziologico della sclerosi multipla (Ingalls, 1983, 1986). Tale ipotesi era stata avanzata anche in base allo sviluppo, statisticamente non atteso, di qualche decina di casi di questa malattia in una località degli Stati Uniti, dove si riteneva vi fosse inquinamento ambientale da piombo e mercurio. Successive ricerche hanno segnalato che alcuni parametri clinici di soggetti colpiti da sclerosi multipla risultavano maggiormente deteriorati nei portatori di amalgama rispetto a non portatori, o malati in cui l'amalgama era stato rimosso (Siblerud e Kienholz, 1994).
Vi sono sospetti che il mercurio dell'amalgama sia implicato nella genesi della sclerosi laterale amiotrofica. Mano e Coll. (1994) hanno rilevato un più alto contenuto di questo metallo nei soggetti colpiti dalla malattia, avanzando l'ipotesi che come concausa vi fosse anche un basso contenuto di selenio, che riduce la tossicità del mercurio
Alcuni Autori (Pleva, 1994; Lorscheider e Coll., 1995) sostengono, dopo aver esaminato la letteratura in materia, che l'amalgama non può essere ritenuto un materiale sicuro.
Tuttavia Levy (1995), anch'egli dopo disamina della letteratura, sostiene come i benefici dell'amalgama siano di gran lunga superiori rispetto ai potenziali, e secondo lui mai ben accertati rischi.
Anche la diffusione di componenti metallici da parte di impianti dentari endossei è tuttora oggetto di studi, che hanno portato a conclusioni non univoche. Questa tematica, oltre che per l'odontostomatologia, è di grande interesse anche per l'ortopedia, considerando l'elevato numero di protesi articolari metalliche che vengono inserite ogni anno.
Il titanio, componente primario degli impianti dentari e delle protesi ortopediche, è considerato un metallo dotato di tossicità trascurabile, ma non mancano segnalazioni su di una sua possibile azione cellulare mutagena (Driscoll e Coll., 1997;Hadfield e Coll. 1998), e viene anche descritto un suo effetto inibente lo sviluppo di cellule ossee e fibroblasti in vitro (Wang e Coll., 1997).
Altri metalli spesso contenuti nelle leghe per impianti sono il cobalto, l' alluminio, ed il cromo; quest'ultimo possiede ben note proprietà tossiche ed oncogene, mentre l'alluminio ha effetti lesivi sulle cellule ematiche e del sistema nervoso centrale (Struys Ponsar e Coll., 2000; Mahieu e Coll., 2000). Il vanadio è un altro metallo spesso presente nelle leghe di titanio, che può avere effetti negativi sull'osteogenesi, segnalati anche per il titanio (Blumenthal e Cosma, 1989).
Sulla diffusione e presenza di metalli nei tessuti e negli organi di animali e pazienti portatori di impianti endossei, i risultati riportati in letteratura sono quanto mai contrastanti, Da un lato vi è chi ritiene tale diffusione trascurabile (Lugowski e Coll., 1991; Rodriguez e Coll., 1999; Bianco e Coll., 1996), dall'altro vi sono ricercatori che segnalano un'evidente presenza di Ti ed altri metalli nei tessuti e nei linfonodi adiacenti ad impianti (Jacobs e Coll.,1998; Ektessabi e Coll., 1996; Ducheyne e Coll., 1984).
Di particolare interesse è la segnalazione di un aumento di tre volte rispetto ai valori normali della concentrazione di titanio nel siero e nelle urine di pazienti portatori di protesi d' anca, mentre soggetti che avevano ricevuto protesi analoghe in leghe al Cr-Co avevano i valori di questi metalli incrementati da cinque ad otto volte (Jacobs e Coll., 1998). Ricerche di Schliephake e Coll. (1993) hanno evidenziato particelle di titanio nei tessuti adiacenti impianti sperimentali in animali, ed elevate concentrazioni del metallo nei polmoni.
Peraltro, ricerche di Rodriguez e Coll. (1999), Lugowski e Coll. (1991), e Bianco e Coll. (1996), condotte in animali, portano a risultati diversi, in quanto non si è evidenziato accumulo del titanio nei tessuti perimplantari, nè negli organi, ed i livelli del metallo del siero non si sono innalzati.
La discordanza dei risultati cui sono giunti gli autori che hanno studiato l'argomento, la chiara possibilità di danni biologici derivanti dalla diffusione di metalli nell'organismo, e l'elevato e sempre crescente impiego clinico di impianti dentari e protesi ortopediche, rendono le ricerche sull'argomento di grande interesse ed attualità.
Nostri recenti risultati preliminari di mappature elementali eseguite con PIXE microbeam su tessuti contenti impianti dentari, hanno indicato come si possa distinguere il differente comportamento dei metalli costituenti, riguardo il loro rilascio nei tessuti adiacenti (Passi et al., 2002).
L'immagine seguente, ad esempio, tratta da un nostro studio preliminare, suggerisce come la presenza di cellule giganti (frecce a sn) possa essere correlata all'accumulo di metalli (cromo nella mappa PIXE microbeam a dx) e che tale tema meriti di essere approfondito.
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QUELLO CHE NON DOVREMMO SAPERE
SUI PRODOTTI UTILIZZATI DALLE FABBRICHE ALIMENTARI

Qui sotto vi riporto una tabella di prodotti spesso
utilizzati dalle fabbriche alimentari per conservare o altro i loro prodotti.

ADDITIVI ALIMENTARI

Sodio Nitrato E250- E251, Potassio Nitrato E249- E252
li troviamo (Carni, insaccati, salumi e carni in scatola) Danni causati da dosi eccessive: metemoglobinemia, azione cancerogena.
Butilidrossianisolo E320, Butilidrossitoluolo E321 (Chewing-gum, farine e fiocchi di patata, patate fritte)

Danni causati da dosi eccessive: complicazioni renali gravi.

Gallati di Ottile E311, Dodecile E312, Propile E313 (Chewing-gum, Fiocchi di patata, Grassi e oli esclusi quelli di oliva, preparati a base di fiocchi di patata)

Danni causati da dosi eccessive: sterilità
(rilevata sugli animali da laboratorio).

Anidride Solforosa E220 (vino, mamellata, succhi di frutta, canditi, bibite, farina, fiocchi di patate e aceto)
Danni causati da dosi eccessive: soffocamento, irritazione, distruzione vitamina Bl.

I conservanti sono tra gli additivi più critici: da un lato sono importantissimi per evitare intossicazioni anche molto gravi (per esempio da botulino),
dall'altra spesso si tratta di sostanze nocive per l'organismo e quindi da evitare. Vale quindi la pena di capire quali siano i conservanti nocivi e quali quelli accettabili.

CONSERVANTI NOCIVI

Acido benzoico e suoi sali (E210, E211, E212, E213): sono usati da soli o insieme all'acido sorbico e ai PHB.
Non sono ammessi in alcuni paesi per la loro potenziale tossicità, inoltre gli alimenti al quali vengono aggiunti sono soprattutto le confetture, le gelatine, le marmellate,
le gomme da masticare e le bevande analcoliche,
tutti prodotti che non necessitano di conservanti.

Anche gli esteri dell'acido p-Idrossibenzoico E214, E215, E216, E217, E218, E219), indicati con la sigla PHB,
sono vietati in alcuni paesi.
Vengono addizionati al pate', ai rivestimenti di gelatina dei prodotti a base di carne, alla frutta in guscio ricoperta.

I derivati dell'anidride sofforosa E220, E221, E222, E223, E224, E226, E227, E228) sono irritanti e hanno una tossicità acuta e cronica, per esempio interagiscono
con gli enzimi cellulari e distruggono alcune vitamine (come la tiamina). Vengono usati nel vino, nella birra (anche per questo bisogna moderarne il consumo,
non solo per l'alcol) e in altre bevande come i succhi di frutta, nella senape e in altri condimenti.

I derivati fenolici e il tiabendazolo (E230, E231, E232 , E233) sono dotati di una certa tossicità, infatti sono proibiti in Australia.
Vengono utilizzati per il trattamento superiiciale degli agrumi e delle banane
(per questo bisognerebbe usare solo la scorza delle arance non trattate).

La netamicina (E235), un antibiotico utilizzato sulla superticie dei formaggi, (soprattutto dei provoloni) provoca problemi intestinali.

I nitriti (E249 ed E250) e i nitrati (E251 ed E252) sono utilizzati nei salumi e nelle carni conservate e meritano un discorso a parte.
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QUELLO CHE NON DOVREMMO SAPERE SUI VACCINI

“Il vaccino è un preparato derivante da una sospensione di batteri o virus (vivi, attenuati o uccisi) oppure di tossine da essi ricavate, che dovrebbe indurre nel vaccinato una produzione artificiale di anticorpi.
Si distinguono vaccini monovalenti (preparati con un solo ceppo batterico o con un solo tipo di virus), polivalenti (preparati con più ceppi delle stessa specie) e misti (che contengono germi o tossine di una pluralità di malattie). I primi due tipi sono impiegati per prevenire un'unica malattia infettiva, il terzo per prevenire una pluralità di malattie. Sono in commercio vaccini „antitossici“ (costituiti da batteri, come l'antitifico, l'antitubercolare, l'antipestoso, l'antigonococcico) e „antivirali“ (costituiti da virus, come l'antipoliomelitico, l'antirabbico, l'antivaioloso, l'antinfluenzale, ecc...).
Buona parte dei vaccini è fabbricata coltivando le sostanze tossiche, batteriche o virali sul corpo dell'animale, o su particolari organi dell'animale (reni di scimmia, ventre della pecora, cervello e midollo spinale del coniglio e del cane, cervello della scimmia, ecc...); altri vaccini sono coltivati su prodotti dell'animale (uova di pollo o di anatra), altri su cellule e tessuti umani, altri sono ottenuti con la manipolazione genetica. Nessun tipo di fabbricazione può garantire l'innocuità del vaccino,in quanto le sostanze tossiche, batteriche o virali che esso contiene possono avere effetti imprevedibili nel corpo del vaccinato.
Sotto questo profilo non è la qualità del vaccino che è messa in causa, e neppure il tipo di fabbricazione, ma il principio stesso della vaccinazione, che molti definiscono utopistico.
La presenza di virus estranei nei vaccini coltivati sull'animale o su prodotti dello animale aumenta notevolmente i rischi. In questo caso il vaccino, come è stato più volte provato, può contenere (oltre agli agenti patogeni della malattia da cui si vuole immunizzare) altri agenti patogeni, i cui effetti indesiderati si manifestano presto o tardi in modo dannoso. Gli animali sono infatti portatori di virus latenti (cioè virus che vivono allo stato di latenza,durante il quale non scatenano malattie) tipici della loro specie: inoffensivi per l'animale sano che vive nel proprio ambiente naturale, in quanto originari e congeniti, facenti parte del suo patrimonio genetico, ma in grado di passare dallo stato di latenza a quello di virulenza se introdotti in altre specie. Questa prerogativa risulta del tutto evidente, se si pensa che il virus introdotto col vaccino nell'uomo si trova in un ambiente nuovo per lui, su un altro „terreno“. Certamente i vaccini coltivati su cellule umane sono meno rischiosi, in quanto non inficiati dai virus specifici delle diverse specie animali.
Questo non prova tuttavia che i vaccini coltivati su cellule umane siano innocui né che, attraverso l'impiego di uno strumento migliore, tutta la casistica della profilassi vaccinale debba uscirne assolta. È invece importante, proprio nella valutazione del rapporto rischio-beneficio, soffermarsi sul valore dell'immunità offerta dal vaccino. Il dottor Buttram afferma che esistono molte pubblicazioni importanti che trattano dei danni al sistema immunitario in seguito a vaccinazione, ma che queste opere sono ignorate: non soltanto dal grosso pubblico, ma anche da coloro che sono preposti alle organizzazioni della salute pubblica. Poiché l'effetto nocivo delle vaccinazioni è sovente ritardato, indiretto o mascherato, Buttram pensa che carenze immunitarie che si manifestano molto tempo dopo la vaccinazione possano anche essere attribuite alla vaccinazione stessa“.
Tratto da: „Il Tabù delle vaccinazioni“, di M. Schär-Manzoli, ed. ATRA

“Molti bambini con ritardi mentali, incapaci di inserirsi nell'ambiente scolastico, disadattati e con turbe caratteriali, devono questi handycaps agli effetti delle vaccinazioni. Sono i fatti che parlano: molti docenti hanno constatato che allievi dapprima diligenti sono diventati svogliati e incapaci di concentrarsi dopo essere stati vaccinati.
Una conferma viene da indagini cliniche: il cervello dei vaccinati reagisce negativamente al virus vaccinale forzatamente inoculato, con la conseguenza che il potere di concentrazione viene annulato a favore di un'instabilità emotiva, di sensi di angoscia e di depressione. Si tratta quindi di modificazioni del carattere e del comportamento.
Ecco, in breve, quanto riferito dalla letteratura medica riguardo ad alcuni danni di tipo neurologico, relativi ai vaccini:

Antipertosse: Convulsioni e danno cerebrale permanente accompagnati da ritardo mentale (“Medecine et Hygiène, 1979).

Antidifterica: Turbe nervose, encefaliti, disturbi psichici e ritardi mentali sono fra le conseguenze di tipo neurologico della vaccinazione.

Antitetanica: Complicazioni neurologiche sono conosciute da tempo (“Le Concours Médical“, 1977).

Antipoliomelitica: Lesioni cerebrali con conseguente perdita dell'intelligenza (“Acta Medica Empirica“,# 5,1986), convulsioni (“Medecine et Hygiène“, #2, '81), paralisi, sclerosi a placche, ecc...

Vaccino combinato Difterite-Tetano-Pertosse: Una commissione d'esperti, nominata in GB, ha concluso che il vaccino combinato è molto probabilmente la causa di disordini nervosi. Secondo il dottor Gordon T.Stewart, tale vaccinazione può produrre delle lesioni cervicali leggere che vengono al momento sottovalutate o neppure constatate, ma i cui effetti si verificano più tardi sotto forma di ritardi nell'apprendimento o con problemi a livello motorico.
Tratto dalla rivista: „Orizzonti della medicina“,dic.1996

le amebe sono delle forme protozoiche molto diffuse e alcune di esse sono state ritenute come causa di gravi malattie in animali e umani. È anche assodato come le amebe siano importanti contaminanti di colture di tessuti usati nelle preparazioni biologiche, ed i vaccini sono le più importanti perché sono largamente iniettati in neonati e bambini.
Un grande numero di casi di meningoencefalite e di gravi infezioni respiratorie in bambini e neonati possono venir collegate all'assunzione di vaccini che hanno un'alta possibilità di essere contaminati dalle amebe presenti nell'aria e sulle superfici dei laboratori“.
Tratto dalla rivista: "Nexus", ed.italiana, agosto 1996
ovviamente tutte queste informazioni non vengono divulgate per paura di un evventuale rifiuto nel farsi vaccinare, stessa cosa per quanto riguarda l'obbligo ad alcune vaccinazioni .
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AMALGAMA (OTTURAZIONE DENTARIA)

«Com'è possibile che le amalgame, che non vanno assolutamente toccate direttamente con le dita la si lavora senza maschera né guanti, e diventino inoffensive nel momento in cui vengono collocati dentro la bocca dei pazienti?» Questa domanda mi ossessionava, e la rivolgevo invariabilmente a tutti i medici odontoiatrici e odontotecnici. Le loro risposte erano evasive o illogiche, del tipo «Perché, toccando l'amalgama con dita, la inquini», sebbene si trattasse di un prodotto destinato ad essere collocato in bocca, con tutte le reazioni chimiche dovute all’acidità della saliva e di alcuni alimenti ,e gli inquinamenti che ne sarebbero seguiti.
Ancora oggi, però, malgrado tante dimostrazioni e studi scientifici, mi vedo costretto a riflettere su questo: una legge europea obbliga gli studi dentistici a fornirsi di filtri per le amalgame asportate (una misura di protezione ambientale senza la quale i corsi d'acqua, i fiumi e i mari sarebbero contaminati dal mercurio), che è persino proibito gettare in pattumiera lo si continua a infilare in bocca alla gente. Perché nessuna legge europea ne proibisce ancora l'uso?
Le malattie degenerative diventano sempre più numerose e la lista delle malattie autoimmuni è orm impressionante. Tra queste, oltre alla sclerosi multipla, ricordiamo: alcune anemie emolitiche, alcune forme sterilità, alcune granulopenie, alopecia, anemia di Biermer, artrite reattiva, celiachia, cirrosi biliare, connettivite mista, dermatite erpetiforme, dermatomiosite, diabete mellito giovanile, epatite cronica, insufficienza ipofisaria, lupus eritematoso discoidale, lupus eritematoso sistemico, miastenia, morbo di Addiso morbo di Basedow, morbo di Horton, narcolessia, nefropatia membranosa idiopatica, nefrosi lipidica d bambino, pemfigo, poliartrite reumatoide, policondrite atrofica, porpora trombocitopenica idiopatic reumatismo articolare acuto, reumatismo psoriasico, sderodermia, sindrome di Gourgerot, spondilii anchilosante, tiroideite di Hashimoto.
In realtà, basta osservare il modo di vivere delle popolazioni che di solito sono naturalmente longeve e godono a lungo di buona salute, per sapere quali sono il modo di vita e l'alimentazione più adatti all'uomo: è soprattutto noto il caso di alcuni “indigeni”, del Pakistan settentrionale, che non conosce malattie e vive straordinariamente fino a raggiungere i cent'anni di età. Lo studio della loro alimentazione mostra un consumo modestissimo di latte crudo, i cereali vengono consumati crudi quando i chicchi non sono ancora maturi e presentano allo stato lattiginoso (è il caso del mais e del frumento).
La loro alimentazione è a base di frutta, cereali, noci e verdure, insieme ad una piccola quantità di formaggio fatto con latte cagliato e, molto raramente, da una piccola quantità di carne.
Negli anni Quaranta, il dentista americano Weston Price, spaventato dalla rapidità di sviluppo della caria dentaria nei giovani, cominciò a studiare lo stato di salute dei denti in popolazioni da poco giunte in contati con il mondo "civile". Queste non avevano ancora usufruito di certe nostre "meraviglie" alimentari (farina bianca, zucchero bianco, alcol). I suoi lavori confermarono ciò che era già stato osservato altrove, in particolare presso gli indigeni: ogni volta che le popolazioni avevano seguito un'alimentazione identica a quella dei loro antenati, non avevano contratto alcuna malattia e tanto meno la carie dentaria. La loro vita media tendeva a raggiungere i cento anni, e le ossa dei loro scheletri, esaminate, rivelavano una ricchezza in minerali non più presente nell'uomo moderno.

ELIMINAZIONE DELLE AMALGAME
In presenza di sclerosi multipla o di altre malattie autoimmuni e nel caso di analisi positive, la risposta E' semplice: le amalgame devono essere eliminate. Vi ricordo gli accertamenti indispensabili da eseguire preventivamente: misura della differenza di potenziale tra i denti con amalgame o protesi, o che siano stati curati con prodotti al mercurio; esame della mucosa della bocca, in particolare dei tessuti di sostegno dei denti verificare se è presente o assente la macchia bianco-giallognola tra il palato duro e il palato molle. Dal punto di vista iridologico, verificare se esistono macchie bruno-arancio nell'iride, se la trama iridea è più o meno liscia se è presente e quanto è grosso il gerontoxon (anello più scuro intorno all'iride). Dal punto di vista dell'onicodiagnosi, verificare se vi sono zone biancastre sull'unghia, la presenza o assenza delle lunule e il loro aspetto. La presenza del mercurio va poi rilevata nella saliva, nei capelli e nelle feci.
Se non ci sono sintomi e in presenza di amalgame molto piccole, ci si può chiedere se sia il caso di sostituirle con otturazioni in ceramica o in oro, trattandosi di un intervento costoso; qualora il soggetto abbia i mezzi economici per farsele togliere senza rischio, certo è preferibile eseguire la rimozione; altrimenti, in questo caso eseguire delle terapie a ciclo di prodotti per la disintossicazione da metalli e da amalgame dentarie.
Togliere le amalgame è un'operazione molto delicata, che necessita grande precisione ed esperienza. parecchie volte ho incontrato persone che, dopo collocazione o maldestra eliminazione delle amalgame, lamentavano svariati disturbi.

E' una polvere costituita da: 52% di Mercurio e 48% da una lega a base di Argento(16%), Stagno(26%), Rame(5%) e Zinco(1%) utilizzata dai dentisti per le otturazioni.
Una dose moderna di amalgama contiene circa 440mg di Mercurio e 400mg di lega. Una otturazione con amalgama rilascia ogni giorno da 0.5 a 0.10mg di Mercurio per fenomeni di abrasione, corrosione, disgregazione elettrolitica generati dai diversi metalli in ambiente salino come nella cavità orale, la bocca; anche i sali dei cibi, le acque gassate, gli acidi alimentari, ecc. accentuano la naturale disgregazione delle amalgame. I metalli rilasciati per il 50% si depositano nei tessuti cellulari inibendo processi enzimatici e metabolici del nostro corpo; purché siano testati normalmente il test si effettua con apparecchiature E.A.V, e Bio-compatibili con il soggetto che li deve ricevere in bocca. Buona norma comunque e estrarle, nell'impossibilità ricoprirle , se possibile, ogni tipo di metallo presente nella bocca, con idrossido di calcio, per avere un minore danno.
"dalle otturazioni di amalgama deriva palesemente un rischio non irrilevante per la salute umana. L'amalgama può far ammalare, cioè essa è generalmente in grado di provocare disturbi sanitari in un numero rilevante di persone portatrici di amalgame".
Recentemente, una inchiesta realizzata dall'Università di Tubinger (Germania) su 25.000 persone portatrici di amalgame, hanno messo in evidenza una "liberazione" anomale di Mercurio presso il 30% dei soggetto esaminati.
Il Mercurio presente depositandosi nei tessuti e organi altera le normali funzioni soprattutto del SNC (Sistema Nervoso Centrale) provocando depressioni più o meno forti, eccitazioni con violenza, timidezza o aggressività, disturbi della concentrazione; nei Nervi Periferici, creando paralisi e distruzione della mielina (distrofie e sclerosi a placche, epilessie) nelle mucose provocando riniti allergiche, asma, congiuntiviti; nel fegato; nel pancreas; nei reni, nelle parotidi; nelle ghiandole sudorifere, ecc.

Ecco i sintomi clinici causati dall’inquinamento da amalgami dell’organismo:
1. Sintomi generali: tremolio, tremor mercurialis, sonnolenza, inappetenza, rapida e continua e facile stanchezza, abbattimento psichico generale, facoltà di reazione in diminuzione, invecchiamento precoce, anormale funzionalità delle ghiandole endocrine, il tutto è sicuramente da attribuirsi al Mercurio ed alle mal funzioni dell’organismo intero ormai debilitato dall’intossicazione grave da metallo pesante.
2. Sistema nervoso: malattie nervose e degenerative ai nervi, neuroni del sistema nervoso centrale (demielinizzazione sopra tutto nei bambini), difficoltà di concentrazione, perdita della memoria, apprendimento ostacolato, epilessie, difficoltà al coordinamento dei movimenti, erethismus merculiaris ovvero alto grado di nervosismo (situazione di irritabilità e agitazione che può diventare malattia cronica).
3. Sintomi psichici: depressioni , paura della morte, irritabilità e violenza, agitazione facile e continua.
4. Resistenza alla terapia di: malattie influenzali, angina tonsillare, sinusite, rinite, malattie all’apparato respiratorio.
5. Testa: dolori di testa, emicranie, nevralgie facciali, bruciore della lingua, bocca arida, afte, sapore metallico in bocca, dolori alla nuca e al collo.
6. Occhi: disturbi visivi da genesi poco chiara, dovute alle mal nutrizioni dei muscoletti dell’occhio o dalle contaminazioni neuro muscolari da mercurio degli stessi; iritis, edemi perioculari, occhi spenti (mancanza di vitalità).
7. Orecchie: (acufeni)ronzio, rumori strani ed alle volte "rivelazione" di frequenze radiotelevisive, variazione della frequenza fondamentale emessa dal cervello/orecchio con la conseguente perdita od attenuazione della capacità di percezione della spazialità dei suoni.
8. Polmoni: asma bronchiale, raffreddori strani, irritazioni alle vie respiratorie.
9. Cuore: aritmie ed anomalie dei ritmi.
10. Stomaco - intestino: vomito, colite ulcerosa, disbiosi intestinali, diarrea, gastroenteriti, tenesmo anale, tensioni alla valvola ileo cecale e cattive digestioni.
11. Intestino - continue alterazioni della flora batterica, diarree, enterocoliti, stipsi, infiammazioni della mucosa viscerale, villi atrofizzati, sistema nervoso enterico super eccitato, probabilità di tumori all’intestino.
12. Vescica: irritazione dolorosa della muscolatura della vescica irritata, tenesmo vescicale.
13. Pelle: caduta di capelli accelerata, cambiamento del colore dei capelli, prurito alla pelle, esantemi, eritemi localizzati.
14. Articolazioni: dolori articolari, disturbi reumatici, muscolari.
15. organi urogenitali: inibizione delle ovaie (per le donne), diminuzione delle prestazioni sessuali (negli uomini).

Rosario Muto presidente A.I.P.O

Renato Ventura Iridologo Bioterapeuta

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ZIRCONIO

Con l’uso di questo nuovo materiale proposto si può dire che non ci siano effetti sulla salute?
C’è chi non è d’accordo. In prima fila c’è, Rosario Muto, che è fondatore della A.I.P.O. (Associazione Italiana Periti Odontotecnici) e fa parte dell' Albo Consulenti Tecnici dei Giudici Civili del Tribunale di Prato oltre che del Collegio Periti Esperti e Consulenti Tecnici della Toscana. Muto, ha messo a punto un metodo che permette di stabilizzare le leghe e dunque di impedire la inevitabile ossidazione della stragrande maggioranza dei materiali utilizzati dai dentisti ma anche dagli orefici. L’ossidazione - racconta Muto - avviene perché i metalli hanno una loro carica elettrochimica, un potenziale che nella lavorazione per la formazione della lega va tenuto sotto controllo. Le aziende che producono i metalli per le protesi dentarie cercano di stabilizzare il più possibile la lega, cosa che non accade nel settore orafo. Il risultato però è praticamente lo stesso, dal passaggio di stato solido-liquido-solido per fare la lega, non si ottiene mai il giusto rapporto di scambio di elettroni quindi si formano i così detti radicali liberi e quindi c’è ossidazione.
I radicali liberi restano quindi nella lega e continuano il processo di ossidazione reagendo con il potenziale elettrico che naturalmente possiede il nostro corpo, con i risultati che conosciamo: formazione della placca - che è anche una delle cause delle malattie del cuore - afte, stomatiti, allergie, eczemi, arrossamenti, prurito, annerimenti della pelle, fino alle microlesioni - recentemente segnalate da studi del cnr - che in futuro potrebbero trasformarsi in tumori.
Muto esclude l’innocuità sia del titanio che della zirconia. Il titanio non è inerte, non è biocompatibile, e la causa di ciò è del tutto naturale, e il potenziale elettrochimico dinamico di questi materiali non può essere disattivato e questa è la causa di tutte le patologie, mentre lo zirconio, la zirconia è radioattiva.
La questione metal-free era finora relegata ai forum sulla rete internet e a qualche articolo giornalistico, nonostante l’impegno di Muto e i suoi riscontri a livello mondiale. Con una trasmissione andata in onda lo scorso 25 novembre su Canale 5 la questione ha cominciato a diventare di dominio pubblico con l’intervista proprio al dottor Pische, Presidente dell'A.I.O.B., che pur sottolineando la comprovata scientifica tossicità dei metalli pesanti e le patologiche ripercussioni di tecniche e materiali, propone lo zirconio come materiale avendo esso una “microdurezza che supera di gran lunga quella di qualsiasi altro materiale, ha caratteristiche di resistenza superiori al titanio e non è citotossico”, mentre l’unica precisazione che sull’ossido di zirconio, per essere biocompatibile, deve essere privo di impurità e preparato con una precisa tecnica (dalla raccolta alla decontaminazione). Il dottor Pische dunque sostiene la tesi del “passaggio dal titanio allo zirconio” e cita pareri di ricercatori che sostengono la tesi della validità ed innocuità dell'ossido di zirconio purissimo.
La risposta di Muto è altrettanto decisa e, nel diffonderla attraverso Italiasalute, si appella all’opinione pubblica sapendo che nel settore professionale solo coloro che sono dotati di uno spiccato senso di onestà, sensibilità ed onestà può recepire quanto da lui affermato.
Muto riferendo di sue ricerche bibliografiche espone accuratamente la sua tesi: la zirconia è altamente radioattiva, dice Muto ed in presenza di elementi metallici ha una alta capacità di attivare processi elettrogalvanici, oltre a creare altre situazioni degenerative patologiche.
In chimica lo Zirconio è definito un elemento metallico, e come tale possiamo trovarlo in diverse composizioni in 50 tipi diversi di leghe con la stessa base: lo Zirconio. Al massimo due di queste leghe sono conosciute, e si tratta di materiali che per le proprietà possedute (è un ottimo conduttore e carburante nucleare, un ottimo catalizzatore organico, ed ha un altissimo punto di fusione) sono molto utilizzati in ricerche ed applicazioni nel settore nucleare, militare. In campo industriale e artigianale lo ritroviamo sotto un'altra forma, composizione e nome diverso. Secondo Muto non è un materiale puro e dunque viene utilizzato sotto forma di ossidi di Zirconio (zirconia), ricavati da raffinazioni e processi di lavorazione molto complessi. In composizione con altri elementi ed è molto utilizzato nelle industrie delle ceramiche alimentari, di rivestimento (piastrelle per pavimentazione), nell'alta tecnologia elettronica di nuova generazione, nei forni e negli altiforni, nella tecnologia per la preparazione alimentare etc.
La cosa che Muto tiene in particolar modo a sottolineare è che troppo spesso quando si valutano gli effetti sul nostro organismo di un materiale si dimentica che le caratteristiche da valutare non sono solo quelle del materiale in quanto tale, ma anche dell'energia che ne determina la struttura, anche nelle forme di vita vegetale o animale, e ne determina quindi anche le funzioni e reazioni vitali metaboliche e difensive.
Proprio per le particolari caratteristiche gli ossidi di Zirconio hanno un'alta capacità di sintesi, un contenuto elettrodinamico molto attivo per cui, in presenza elettrolitica organica,oltre a variarne le proprie caratteristiche, possono generare una dissociazione dei propri elementi impuri sotto forma di sali ionici (definiti radicali liberi), alterazioni biogenetiche, autoimmune etc.
La potenzialità elettrodinamica degli ossidi di zirconio in vicinanza di altri oggetti o dispositivi protesici metallici (otturazioni e protesi ) può cattivare l'elettrodinamicità di quest'ultimi con la conseguente dissociazione ionica.
Muto chiede di riflettere su quanto accade in Giappone.
Nel paese orientale si produce tecnologia e materiali a base di ossidi di Zirconia per il mercato mondiale, ma è stata la stessa Sanità giapponese a vietarne l'utilizzo almeno a scopo sanitario nel proprio Paese. In Europa il materiale, con i suoi affini, è di gran lunga commercializzato, sia nel settore odontotecnico produttivo nel quale è utilizzato senza preoccuparsi per la biocompatibilità, sia nel settore industriale, a rischio sia degli operatori, sia inverosimilmente del Consumatore oltre che per i pazienti che devono convivere a lungo termine con patologie.
Il materiale ha destato tanto sospetto che non ha ancora la completa approvazione dalla Comunità Europea, almeno fino ad oggi, tanto che risultano evidenti dubbi e i rischi anche per gli investimenti fatti dagli operatori.
Muto conclude esponendo il suo grave dubbio: ”Siamo sicuri che questi materiali dopo essere stati utilizzati in campo nucleare, smaltiti come tali, raffinati e riciclati dalle industrie non vengano poi immessi sul mercato a scopo sanitario?”
Muto precisa che queste sue dichiarazioni si basano su informazioni tratte da Pubblicazioni scientifiche Universitarie, sono contenute anche in motori di ricerca biografica e dunque di pubblico dominio.
Ed è per questo che non necessitano né di scuse, né di ulteriori precisazioni.
Evidente è il riferimento alla polemica con il dottor Pische che invitava Muto a citare le fonti in base alle quali poteva fare le sue affermazioni.
Muto polemicamente risponde che chiunque voglia avere la disponibilità delle fonti dovrà cercarsele a proprie spese. In altre parole Muto invita Pische a documentarsi.
Muto ricorda come tutte le leghe metalliche forse anche di più, gli ossidi sono responsabili di diversi effetti sull’organismo.
Gli ioni metallici liberati dalla corrosione elettrochimica si diffondono nei tessuti duri, nei tessuti molli e nei liquidi: dalla saliva al tubo digerente, alla diffusione nell'organismo, con accumulo e/o secrezione. Gli effetti locali o generali nell'organismo corrispondono all'azione dei metalli liberati;
si tratta di un campo molto vasto e comunque i sintomi si riferiscono alle correnti indotte sia a livello locale che generale. Gli effetti locali determinati dalle correnti e dalla diffusione di ioni metallici sono:

.Sensazione di bruciore
.Discromia dentale
.Dolore galvanico
.Pulpite dentale "shok elettrico pulpare"
.Modificazione del pH, alterazione della mielasi (digestione primaria)
.Aumento della temperatura corporea e irritazione cronica dei tessuti
.Acufeni ed emicranie
.Cariogenesi
.Sapore metallico (rilevato al mattino durante il risveglio, e fastidiose sensazioni lungo l'arco della giornata)
.Alitosi
.Xerostomia
.Maggiore o minore salivazione
.Maggiore formazione di placca
.Glossite
.Eritema allergico, stomatite, erosione
.Ulcerazione della lingua e della mucosa orale
.Dolori nevralgici lungo le branche del trigemino
.Correlazioni e interferenze elettro-nervose
.Interferenze muscolari, osteo posturali
.Lichen planus
.Leucoplachia
.Cheilite, boccarola
.Fratture radicolari
.Tatuaggi, retrazione gengivali
.Patologie parodontali
.Corrosione degli elementi dentari
.Perimplantite
.Iperplasie poliformi
.Neoplasie maligne o benigne

Gli effetti generali degli ioni metallici nell'organismo attraverso la saliva.

.Intestino, sangue, pelle
.Allergie, Riniti faringiti
.Eczema alle mani, Eczema generalizzato
.Dermatite eczematosa
.Problemi Otorinolaringologici
.Problemi Gastroenterologici
.Problemi Neurologici
.Alterazioni valori biologici ematici etc.

“In determinate condizioni ambientali, qualsiasi materiale carico della sua energia dinamica, come ad esempio in questo caso le leghe metalliche, in presenza di alcune sostanze possono attivare processi di deterioramento e causare tutta una serie di manifestazioni, anche se sono indispensabili e di largo uso consumo nelle più disparate applicazioni.”
L’elenco, in effetti, è abbastanza lungo e preoccupante. E’ per questo che chiediamo a Muto cosa praticamente deve fare una persona che si reca dal dentista e si affida a lui, magari dimenticando che è nelle mani della sua professionalità non solo l’intervento all’interno della nostra bocca ma anche la scelta dei materiali. Tale scelta viene fatta in base a cosa al dentista viene proposto dal mercato o in base alla qualità dei materiali e quindi la biocompatibilità degli stessi? L’impressione è che tocca ancora al paziente darsi da fare: deve informarsi e recarsi dal proprio dentista con la ferma intenzione di chiedere che venga adottato il materiale giusto. Opera difficile però se l’informazione non c’è e se la comunità scientifica e le autorità sanitarie nel mondo non sono concordi sui reali effetti dei materiali sulla salute, tanto meno sui provvedimenti da adottare. L’altra impressione avuta è che nell’ambiente degli odontoiatri si distingue tra i materiali che è economicamente, e pragmaticamente, possibile adottare, secondo anche gli interessi in gioco nell’ambito del mercato, e ciò che la ricerca, quella che opera in scienza e coscienza, richiederebbe come ottimale per la salute.

Rivela Muto: “ In questi ultimi anni, sempre di più si avvertono situazioni di disagio e lamentele da parte di persone affette da reazioni sistemiche indotte da sostanze o per convivenza a lungo termine con oggetti o protesi metalliche.”
Ricorda quindi la sua personale soluzione problema: “Illuminato da una riflessione e accompagnato dalla mia esperienza professionale, senza tralasciare la vivace determinazione, ho elaborato e di seguito brevettato un protocollo e una sostanza che applicata su oggetti metallici in lega soltanto a base aurea durante il percorso di realizzo, muta quella presenza elettrodinamica in una forma statica; questa sistematica non solo inibisce la classica attività elettrogalvanica con la conseguente dissociazione ionica dei metalli verso i tessuti e i liquidi etc. ma, avvalora in modo eccezionale le caratteristiche tecniche-qualitative, estetiche e biologiche. Il sistema è TTS.VGEL (trattamento termico protetto sotto strato vetroso). Questa e' stata oggetto di diverse ricerche scientifiche internazionali, e quindi approvato come sistema preventivo nell'utilizzo delle leghe metallico in ambito protesico Odontoiatrico.”
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Rosario Muto presidente A.I.P.O

Renato Ventura Iridologo Bioterapeuta

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PERICOLOSITA’ delle AMALGAMI DENTALI e dei METALLI TOSSICI
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Eliminazione dell'amalgama

Ossido di Zirconio

Ecco cosa afferma l'associazione degli odontotecnici italiani:
"Lo zirconio è l'elemento chimico di numero atomico 40. Il suo simbolo è Zr. È un metallo di transizione bianco-grigio, duro, il cui aspetto ricorda quello del titanio.
I tessuti umani tollerano facilmente questo metallo, che quindi è adatto per giunti e protesi artificiali impiantabili, nonche nella realizzazione di strutture per protesi dentarie. (da Wikimedia)
In campo dentale ne viene utilizzato l'ossido quindi ossido di zirconio (parlare di ossido di Zirconio o Zirconia è la stessa cosa). Molto apprezzato per le proprietà meccaniche ed il colore bianco che in sostituzione del colore grigio dei metalli offre la possibilità di realizzare protesi altamente estetiche".
Tratto da: http://www.odontotecnici.net/dossier/Zirconio.htm

Ecco cosa afferma un fabbricante:
"La solubilità di Cercon base e, conseguentemente, il rilascio di ioni nel corpo umano è estremamente basso. Essa raggiunge, in test condotti con differenti acidi e con idrossido di sodio, un massimo di 10 ug/cm3 in un periodo di 320 giorni.
51% NaOH 320 giorni 36% HCI 320 giorni 92% H2 SO4 320 giorni
10 ug/cm3 10 ug/cm3 3 ug/cm3

In comparazione gli standard DIN EN ISO 9693 (12/2000) Restauri Denta// con Sistemi di Metallo Ceramica permettono una solubilità massima della ceramica dentale pari a 10 ug/cm3 in un periodo di 16 ore.
Questo significa un valore pari a 48000 ug/cm3 in un periodo di 320 giorni, paragonato ai 10 ug/cm3 rilasciati da Cercon base."

"L'ossido di zirconio non possiede una radioattività propria, ma può contenere tracce di ossido di uranio ed ossido di torio. Il livello di radioattività di ogni lotto di ossido di zirconio utilizzato per la fabbricazione di Cercon base è controllato da un laboratorio indipendente: il valore massimo tollerato è di 0,03 Bq/g (bequerel/grammo) per Th-232 e U-238. La saliva umana possiede una radioattività pari a 0,025 Bq/g.
Pertanto Cercon base non provoca un aumento di radioattività nel corpo umano."

Commento NdR: facciamo notare che:
1 - “il rilascio di ioni nel corpo umano è estremamente basso”, cio’ significa che comunque vi e’ emissione di ioni nell’organismo e NESSUNO puo’ affermare che siano innocui e non interferiscano con i processi biochimici del corpo ! Inoltre si conferma che anche gli altri prodotti rilasciano ioni e quindi NON sono innocui.

2 - “L'ossido di zirconio non possiede una radioattività propria, ma può contenere tracce di ossido di uranio ed ossido di torio……” - questa e’ la conferma che vi sono tracce di ossido di uranio e torio.
Ma se gia’ l’organismo ha una sua radioattivita’ di base, qualsiasi altra radioattivita’ puo’ interferire con i processi biologici dell’organismo. NESSUNO puo' affermare il contrario !...."il valore massimo tollerato..."
3 - E poi cosa grave che e’ il produttore stesso che afferma che il Suo prodotto e’ innocuo ? - ma vi rendete conto di quanto sia grave questa cosa ?? e’ come chiedere all’oste se il suo vino e’ buono o meno…
Dove sono gli studi che dimostrano la sua innocuita' nel corso degli anni ??

4 - Nella lega Zirconio/a c'è anche l'Yttrio (Ittrio), è molto importante perchè, per prima cosa è oltre che radioattivo, secondo viene inserito nella lega per il semplice motivo che, la lega allo zirconio per problemi idrotermici nel tempo perde la sua capacità di sintesi quindi dissocia, la presenza dell'Ittrio ne arricchisce le caratteristiche di sinterizzazione, ma comunque nel tempo va incontro a trasmigrazione ionica.....

5 - Per quanto concerne le leghe metalliche esse hanno una lunga storia e di contraddizioni (vedi ricerche sulla tossicità ecc.) chi la racconta in un modo e chi in altro, questo nell'arco di 5 secoli, per quanto concerne la zirconia al momento di documentazione positiva (di innocuita') non esiste, mentre contro (negativa) gia' esiste, vedere in Google "zirconia problems"; per quanto riguardo gli insuccessi con le teste femorali, la dott.essa Gatti dell'Università di Modena, ha identificato tracce di allumina in una lesione orale e tracce di zirconio/a in una lesione all'intestino !

6 - Ricordiamo anche che ogni protesi introdotta in bocca e/o nel copro, che contenga leghe metalliche basate su legami ossigeno, sono pericolose in quanto l'ossigeno (potente ossidante) permette ai metalli della lega il rilascio di ioni che sicuramente interferiscono con le reazioni biochimiche dell'organismo !

Links utili:
Ricerca principale:
http://www.google.com/search?client=firefox-a&rls=org.mozilla%3Ait%3Aofficial&channel=s&hl=it&q=zirconia+problems&lr=&btnG=Cerca+con+Google
http://www.fda.gov/bbs/topics/ANSWERS/2001/ANS01102.html&sa=X&oi=translate&resnum=3&ct=result&prev=/search%3Fq%3Dzirconia%2Bproblems%26hl%3Dit%26lr%3D%26client%3Dfirefox-a%26channel%3Ds%26rls%3Dorg.mozilla:it:official%26hs%3DuN5%26sa%3DG
Importante: http://www.tga.gov.au/docs/html/qa_prosth.htm
http://www.fda.gov/bbs/topics/ANSWERS/2001/ANS01102.html
http://www.ingentaconnect.com/content/els/09254005/1996/00000031/00000003/art80058
http://www.sciencedirect.com/science?_ob=ArticleURL&_udi=B6TX0-4625MGW-H&_user=10&_coverDate=12%2F31%2F2002&_rdoc=1&_fmt=&_orig=search&_sort=d&view=c&_acct=C000050221&_version=1&_urlVersion=0&_userid=10&md5
=6be31bc33287a5a69c4bee73196a0883
Zirconia arrichita con Ittrio: http://adsabs.harvard.edu/abs/2002AGUSM.V21B..12M
Rosario Muto presidente A.I.P.O

Renato Ventura Iridologo Bioterapeuta
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ALLERGIE AI METALLI

Settori riguardanti:
Odontoiatrico, Ortodontico, Dermatologico, Orafo,
Cardio - chirurgico, Ortopedico.

Ogni giorno, e sempre di più, ci troviamo a combattere contro l'inquinamento e il contatto con sostanze tossiche che derivano dall'aria che respiriamo, dall'acqua che beviamo, e dal cibo che noi assumiamo.
Ed è per questo che, quando andiamo dal medico, chiediamo qualcosa che non peggiori la situazione.
Cosi, dal dentista, quando ci affidiamo alle sue capacità professionali e tecnologiche, pretendiamo giustamente di avere da questi un lavoro protesico che ci garantisca di non aggiungere sostanze tossiche a quelle che già nostro malgrado siamo costretti a sopportare.
Le leghe metalliche usate per la costruzione delle protesi dentarie mobili ma sopratutto fisse, sono state concepite allo scopo di non nuocere all'organismo, ma purtroppo pur essendo vicine a questo traguardo, non lo hanno ancora raggiunto, spesso per esigenze dettate dall'uso cui sono destinate. Insieme all'Oro, base di queste leghe, sono associati altri componenti metallici come il Palladio, l'Indio, l'Iridio, il Gallio, l'Argento ed anche il Rame, che durante i processi di fusione della lega e di preparazione del manufatto protesico, sviluppano sia in superficie che in profondità OSSIDI che a contatto con la saliva e i tessuti parodontali (quelli che circondano i denti) rilasciano IONI metallici che possono esplicare azione tossica sia localmente che in tutto l'organismo.
Si possono facilmente ascrivere all'azione tossica locale fenomeni come: sanguinamento delle gengive, tatuaggi gengivali, afte, stomatiti, arrossamento della lingua, alterazioni del gusto, iperplasie gengivali associate a parodontiti croniche responsabili di riassorbimento osseo ed eccesiva produzione di placca, dovuta a ben 41 tipi di batteri diversi alcuni dei quali sono ritenuti responsabil di malattie cardiache e sono stati isolati talvolta anche in sede di infarto miocardico. Gli effetti sistemici invece possono manifestarsi in varie parti del corpo con allergie, eczemi, disturbi oftalmici, disturbi neurologici, patologie gastroenteriche, riniti, faringiti, acufeni e via dicendo sopratutto a contatto con oggetti di provenienza dall'industria orafa, come anelli, orecchini, collane, monili per il Piercing, adesso così di moda, ed altre cose.
Che cosa è che rende instabile una lega preziosa a base aurea e non, o a base di titanio o altri componenti non preziosi ?
Qual'è la causa che induce il rilascio degli ioni metallici nell'organismo ?
Il potenziale elettrochimico è una carica elettrica presente in tutti gli elementi metallici e non.
In un cristallo di un elemento metallico è presente un insieme di ioni a carica positiva disposti secondo un regolare reticolo e circondati da un certo numero di elettroni liberi a carica negativa che si muovono in tutto il reticolo cristallino.
Durante la lavorazione delle leghe, nel passaggio di stato, cioè durante la fusione per ottenere l'oggetto desiderato, premodellato in cera, la lega subisce alterazioni del reticolo cristallino rilasciando elettroni liberi, per questo motivo la lega si trova in uno stato di agitazione magnetica, cioè presenta un potenziale elettrochimico di una certa intensità che dà alla lega un alto grado di instabilità favorendo la formazione di ossidi.
Le leghe a base aurea sono quelle che attrverso un preciso trattamento termico sotto strato vetroso, possono essere stabilizzate eliminando il potenziale elettrochimico e di conseguenza la formazione degli ossidi.
Ricerche universitarie, hanno dimostrato mediante misurazioni del potenziale elettrochimico che il flusso di ioni che si genera tra metallo e tessuto organico, produce una differenza di potenziale, la cui minima presenza può considerarsi patologica.

La formazione di ossidi metallici delle leghe è responsabile della reazione di ionizzazione dei metalli verso i tessuti.
La risposta a queste problematiche è un prodotto che impiegato in laboratorio con uno specifico protocollo d'uso durante la lavorazione delle leghe metalliche preziose, impedisce la formazione di quegli OSSIDI responsabili di tutte quelle patologie che abbiamo elencato. Questo trattamento incide solo in piccola percentuale sul costo finale al paziente, ma garantisce che la sua protesi dentaria non procuri danni alla sua salute ma solo MIGLIORAMENTO E SODDISFAZIONE.
E' per questo che tutti coloro che soffrono di tali problematiche, e non solo questi, dovranno richiedere, a tutela della propria salute, solamente leghe preziose che non presentino nè possano produrre ossidi a contatto con i tessuti dell'organismo.
Da alcuni anni la Comunità Europea attraverso la direttiva 93/42 chiede obbligatoriamente ai produttori il rilascio al consumatore il certificato di conformità, nel quale sia dichiarata l'innocuità da danni volumetrici e tossici.
Adesso la possibilità esiste ed è giusto che venga assolutamente pretesa.
Le ricerche eseguite in centri a livello europeo, su provini di diverse leghe auree sottoposte a trattamento termico sotto strato vetroso mediante un preciso protocollo di utilizzo, conprovano l'efficacia del prodotto.
Infatti le leghe così trattate dimostrano un'alto grado di resistenza alla corrosione, e all'ossidazione, avendo ridotto a zero il potenziale elettrochimico, di conseguenza anche l'elettrogalvanismo.
Sono stati condotti tests che comprovano l'ottimo legame trà metallo e ceramica, metallo e resina.
La grave e persistente problematica legata alla corrosione delle leghe di uso sanitario è stata oggetto di non poche discussioni e ricerche continue a livello internazionale, affrontata e pubblicata dal ICFAM-CNR in internet http: //rigel.icfam.ge.cnr.it/prog04.h http: //summa.intosquare.it/dentista/dm0796/01.htm, e da illustri ricercatori come il Dr. MED. MARKUS GREWE Specialista in Dermatologia Heinrich-Heine University Dusseldorf - Department of Dermatology - Moorenstraße 5 D-40225 Dü
ISTITUTO NAZIONALE PER LOSTUDIO E LA CURA DEI TUMORI CENTRO EUROPEO DI MILANO
Il Dottor. Fausto Chiesa. Assistente divisione di Oncologia Clinica Cervico-Facciale.
Prof. Dr. Adolfo Panfili -Specialista in: Chinesiologia, Riabilitazione Cranio Posturale - Neuro Fisiologia Posturale, Biotecnologie dei materiali presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia nel dipartimento delle Scienze Biomediche dell'Università di Roma, e altri ancora a livello internazionale ( e pile di documentazione inerente alle varie patologie legate alla tossicità delle leghe in ambito sanitario).
In relazione alla tossicità delle leghe metalliche preziose per uso odontoiatrico ed orafo: è stato richiesto al Consiglio Superiore della Sanità un parere tecnico, e al Ministro della Sanità un Provvedimento legislativo, e per conoscenza è stata inviata nota informativa all' Ordine dei Medici e degli Odontoiatri e A.N.D.I. Sede Centrale Roma, Associazione per la promozione e la tutela della salute, a tutte la Associazioni a difesa del Consumatore, e alla Commissione Europea, Difensore Civico Nazionale.
Questo trattamento specifico è un prodotto esclusivamente destinato agli operatori specializzati nella lavorazione o trasformazione delle leghe preziose.
Voglio ricordare che il titanio che viene comunemente usato si presenta sotto forma di leghe con altri metalli che presentano anch'esse un alto potenziale elettrochimico i cui valori sono scarsamente controllabili in ambiente ad alto livello di tecnologia, figuriamoci dai piccoli artigiani.
La maggior parte di queste leghe, provengono da paesi che ci forniscono metallo con caratteristiche radioattive ( e nessuno ci garantisce che non venga immesso sul mercato attraverso canali paralleli ).
Gli interessi commerciali della globalizzazione impongono sul mercato
mondiale l'uso delle leghe al titanio perchè oltre a costi molto bassi del metallo c'e' la necessità di rinnovo di tutto il parco attrezzature per la nuova tecnologia, in ogni caso la salute pubblica non è di interesse primario.
COS'E' L'AMIANTO

Amianto in greco significa immacolato, ma anche incorruttibile. Il termine asbesto equivale totalmente ad amianto, e in greco significa perpetuo, inestinguibile. I due termini vengono usati indifferentemente.

Fra le sue caratteristiche più interessanti, l'amianto è costituito da fibre sottili ma molto addensate, che ne fanno un materiale altamente resistente dal punto di vista meccanico, ma allo stesso tempo flessibile. Ha una buona resistenza termica, pur non essendo un materiale refrattario; resiste a temperature anche di 500° C e, miscelato ad altre sostanze, anche a temperature maggiori. Resiste all'azione di agenti chimici e biologici, all'abrasione e all'usura. Ha infine un comportamento soddisfacente nei confronti sia dell'usura termica che meccanica.

Sotto il nome di amianto sono raggruppati numerosi silicati idrati, di varia composizione chimica, a struttura microcristallina e di aspetto fibroso. I tipi principali di asbesto si dividono in due grandi gruppi:

ANFIBOLI (silicati di calcio e magnesio)di cui fanno parte

crocidolite (o amianto blu);

amosite (o amianto bruno);

antofillite;

actinolite;

tremolite;
SERPENTINO (silicati di magnesio) di cui fanno parte

crisotilo (o amianto bianco)

L'amianto si trova in natura unito ad altri minerali costituenti la roccia madre dalla quale le fibre devono essere asportate; viene quindi estratto in miniera, dove per successive frantumazioni della roccia che lo contiene, si ottiene la fibra purificata.
Le ottime caratteristiche chimiche e meccaniche dell'amianto hanno fatto si che il suo utilizzo si sia rapidamente diffuso; è stato quindi utilizzato per la fabbricazione di oltre 3000 prodotti e manufatti industriali. In molti prodotti l'asbesto è di solito unito con altri materiali in diverse percentuali, al fine di sfruttare al meglio le sue caratteristiche.
Nominiamo solo alcuni dei prodotti di più larga diffusione: tubi per acquedotti, fogne ecc, lastre e fogli in cemento-amianto, mattonelle per pavimentazioni, frizioni, freni e prodotti vari per attrito, guarnizioni, filtri per bevande, tute, coperte, guanti antincendio, pannelli fonoassorbenti e/o isolanti, vernici, rivestimenti, stucchi, feltri, tegole, ecc. ecc.

A fronte dell'utilizzo delle qualità dell'amianto, questo materiale porta in sé un paradosso: le fibre e la polvere di asbesto sono estremamente pericolose per la salute umana. Qualunque tipo di amianto risulta infatti cancerogeno per l'uomo.
" Si assorbe per contatto ed inalazione, in un clima mite e senza vento si propaga nel raggio di 1,5km" (dati resi noti dal Bioterapeuta Renato Ventura)
La prima malattia che venne riconosciuta come provocata dalla polvere di amianto è l'asbestosi, che fu descritta in Inghilterra nel 1900. Nel 1934 venne descritto per la prima volta un particolare carcinoma primitivo della pleura, che fu denominato mesotelioma, e in seguito riscontrato anche nel peritoneo. Mentre l'asbestosi è una malattia tipicamente professionale, i casi di mesotelioma si riscontrano anche fra la popolazione non esposta professionalmente, ma residente in zone ove esistono insediamenti industriali che lavorano amianto. Il mesotelioma è infatti un segnalatore tipico di presenza di amianto, in quanto la quasi totalità dei casi è riconducibile ad una esposizione ad asbesto.
Inoltre l'amianto opera una azione sinergica di sostegno ad altri agenti patogeni, rafforzando il loro potere cancerogeno. Infatti in popolazioni specifiche professionalmente esposte ad asbesto, oltre a subire una elevata mortalità per le malattie specifiche provocate dall'amianto, si ha un forte incremento della mortalità in genere, ed in particolare della mortalità per cancro in generale, soprattutto alle vie respiratorie e all'apparato gastro-intestinale.

In Italia la legge 257 del 27 marzo 1992, ha finalmente sancito la messa al bando della "fibra assassina", quindi nel futuro del nostro paese i rischi da amianto saranno ora dovuti alle opere di bonifica delle zone contaminate. Dato poi il lungo tempo di latenza dalla esposizione ad amianto fino alla possibile insorgenza del mesotelioma (da 15 a 40 anni), ecco che l'amianto continuerà ad essere un problema ancora per parecchi decenni.

L'ASSOCIAZIONE ESPOSTI AMIANTO cerca quindi di dare il suo contributo per la diffusione nella popolazione della coscienza sul problema, promuovendo incontri, convegni e dibattiti sull'argomento.

Bibliografia: A come amianto - Edizioni Ediesse s.r.l. - Autore Laura Conti

LE PATOLOGIE LEGATE ALL'AMIANTO

La respirazione di fibre di asbesto (ed anche l'ingestione, anche se la questione è ancora controversa), può determinare malattie diverse, tutte comunque caratterizzate da un lungo intervallo di tempo fra l'inizio dell'esposizione e la comparsa della malattia. Questo intervallo, chiamato "tempo di latenza", è in genere di decenni. Il rischi per la salute è direttamente legato alla quantità ed al tipo di fibre inalate, alla loro stabilità chimica, ed ad una predisposizione personale a sviluppare la malattia.

Le malattie principali che possono essere provocate dall'asbesto sono:

asbestosi;

mesotelioma;

carcinomi polmonari;

tumori del tratto gastro-intestinale, della laringe e di altre sedi

Asbestosi
È una malattia respiratoria cronica legata alle proprietà delle fibre di asbesto di provocare una cicatrizzazione (fibrosi) del tessuto polmonare; ne conseguono irrigidimento e perdita della capacità funzionale. Le fibre di asbesto penetrano con l'aria attraverso la bocca ed il naso, procedendo poi lungo la faringe, la laringe, la trachea e i bronchi fino ad arrivare agli alveoli polmonari. Qui l'aria giunge a stretto contatto con il sangue e, attraverso una sottilissima membrana, cede ossigeno e assorbe anidride carbonica. La superficie totale di scambio è molto estesa e può essere alterata dall'inalazione di polveri non inerti, fra cui la silice e l'asbesto.
Le vie respiratorie possono ostacolare la penetrazione di particelle che abbiano un diametro maggiore di cinque millesimi di millimetro, in quanto sono dotate di ciglia sottilissime e capaci di una continua produzione di muco: le particelle vengono così bloccate e poi, con movimenti regolari o con colpi di tosse, espulse.
Molti studi hanno dimostrato che la pericolosità delle fibre di asbesto è legata al diametro molto piccolo e a una lunghezza superiore a cinque millesimi di millimetro. È stato dimostrato che una parte dell'asbesto che viene respirato non riesce ad essere espulsa e resta negli alveoli dove provoca una irritazione (alveolite): sembra che questo sia il primo passo per l'instaurarsi di lesioni cicatriziali e quindi di una vera e propria asbestosi. La quantità di asbesto che resta intrappolata nei polmoni è legata alla quantità totale di asbesto inalato, e dunque all'intensità e alla durata dell'esposizione: l'asbestosi è pertanto una malattia in cui esiste una stretta relazione fra "dose" di asbesto inalata e "risposta" dell'organismo, quindi tipica di una esposizione professionale.
La crocidolite ha una pericolosità maggiore degli altri tipi di asbesto, forse per la maggiore rigidità delle sue fibre e dunque per motivi aerodinamici, o forse per le sue caratteristiche ultramicroscopiche, essendo ogni fibra costituita da un elevatissimo numero di microfibrille. I sintomi dell'asbestosi sono simili a quelli delle altre malattie respiratorie croniche: l'affanno, prima da sforzo e poi anche a riposo, la tosse, che spesso è di tipo secco, la debolezza dovuta alla riduzione della quantità di ossigeno che dagli alveoli passa al sangue.

La diagnosi si basa innanzitutto sui sintomi riferiti dal lavoratore, sull'auscultazione del torace, che può mettere in evidenza rumori patologici alle basi polmonari, sugli accertamenti radiografici, che possono mostrare la presenza di opacità irregolari, e sulle prove di funzionalità respiratoria, con cui si rileva un deficit di tipo restrittivo.

La malattia insorge dopo un periodo di latenza di molti anni e inizia in modo graduale. Il decorso della malattia è molto variabile e, in tempi più o meno lunghi, porta ad un aggravamento dei disturbi respiratori, accompagnato da un ingrandimento e da una maggiore diffusione delle opacità radiologiche, e da un progressivo aumento del deficit funzionale. Nel corso degli anni si può giungere a quadri di insufficienza respiratoria gravissimmi e infine mortali. La malattia può inoltre essere complicata da infezioni, da germi comuni o tubercolari; inoltre in polmoni asbestotici, è più facile l'insorgenza anche di tumori polmonari e mesoteliomi pleurici.

Non esiste una terapia specifica per l'asbestosi e non è possibile pertanto una guarigione delle lesioni polmonari: la terapia è essenzialmente mirata a ostacolare le complicanze infettive e a migliorare, nei limiti del possibile, le capacità respiratorie.

Mesotelioma
È un tumore maligno che può colpire le membrane sierose di rivestimento dei polmoni (pleura) e degli organi addominali (peritoneo).
I mesoteliomi sono quasi inesistenti nella popolazione non esposta ad asbesto, ma rappresentano il 15% dei tumori che colpiscono persone affette da asbestosi: l'individuazione di mesoteliomi deve pertanto sempre far sospettare un'esposizione ad asbesto.

Sono stati descritti casi di mesotelioma in persone residenti intorno a miniere di asbesto o nelle città sede di insediamenti industriali con lavorazioni dell'amianto, in familiari venuti in contatto con le polveri accumulatesi sulle tute di lavoratori direttamente esposti.
L'esistenza di mesoteliomi nei residenti e nei familiari mostra che possono essere pericolose anche esposizioni a basse concentrazioni di asbesto. In genere il tempo di latenza (ovvero il tempo che intercorre tra l'esposizione ad amianto e la comparsa della malattia) è dell'ordine di decenni e può anche superare i 40 anni dall'inizio dell'esposizione.

I sintomi del mesotelioma sono legati ad una compressione dei visceri che sono a contatto con la massa tumorale; per lo più il primo segno nelle forme toraciche è costituito da un versamento pleurico, spesso emorragico, con rapide recidive, con affanno, tosse stizzosa e comparsa insistente di alcune linee di febbre.
La diagnosi si basa essenzialmente sulla presenza dei sintomi e esami radiografici. In tutti i casi sospetti l'indagine viene approfondita con altri esami strumentali, fra cui la T.A.C. e con esami istologici al microscopio di prelievi bioptici (pleuroscopia). In ogni caso la diagnosi differenziale fra tumore polmonare diffuso alla pleura e mesotelioma è spesso difficoltosa.

Il decorso dei mesoteliomi è quasi sempre molto rapido, accompagnato da un progressivo deterioramento delle condizioni generali. Sono possibili diffusioni del tumore ad altre sedi (metastasi) per il passaggio delle cellule tumorali nel circolo ematico o linfatico.
La sopravvivenza è in genere inferiore a un anno dalla scopera del tumore, e specialmente in soggetti giovani può limitarsi a soli sei mesi. A oggi non sono state individuate terapie efficaci.

Carcinoma polmonare
Il carcinoma polmonare è in generale il ttumore maligno più frequente. Come per l'asbestosi anche per i carcinomi polmonari è stata riscontrata una stretta relazione con la quantità totale di asbesto inalata e con l'abitudine al fumo di tabacco. Il rischio di contrarre questo tumore nei non fumatori non esposti ad asbesto è risultato di 11 su 100.000 persone l'anno; nei non fumatori esposti ad asbesto è risultato circa 5 volte superiore; nei fumatori che non sono esposti ad asbesto è circa 10 volte superiore, ed è addirittura oltre 50 volte superiore nei fumatori che sono anche esposti ad asbesto. L'eliminazione almeno del fumo è quindi in grado di contribuire a ridurre la probabilità di contrarre tumori polmonari anche in lavoratori che sono stati esposti ad asbesto.

I sintomi possono essere molto diversi e per lo più, tosse con catarro, affanno, dimagrimento, compromissione grave delle condizioni generali.
La diagnosi è principalmente radiografica e può essere completata dall'esame microscopico dell'espettorato e da altri accertamenti strumentali.
Il decorso è caratterizzato da un progressivo deterioramento delle condizioni di salute e della possibilità di ulteriori disturbi legati a localizzazioni metastatiche in altri organi. Per alcuni tumori più piccoli e in fase iniziale si può tentare un'asportazione chirurgica radicale, ma i risultati sono spesso insoddisfacenti. Anche l'efficacia di trattamenti farmacoloogici e radianti è purtroppo, a tutt'oggi, molto relativa.


Tumori del tratto gastro-intestinale, della laringe e di altre sedi
Numerosi studi hanno mostrato che la mortalità per tumori in genere è più alta neii lavoratori esposti a polveri libere di asbesto che nella popolazione generale, e in particolare sembrano più frequenti i tumori del tratto gastro-intestinale e della laringe. L'aumento della frequenza per queste malattie è comunque molto inferiore rispetto a quello descritto per i tumori polmonari ed è a tutt'oggi oggetto di studi per una migliore comprensione dei meccanismi che lo determinano.

Anche per questi tumori i disturbi sono rappresentati da compromissione dello stato generale di salute, da disturbi della funzione stessa degli organi colpiti e da segni di compressione degli organi adiacenti. Altri disturbi possono dipendere da localizzazioni metastatiche.

Il decorso è progressivo: molte forme iniziali possono essere aggredite chirurgicamente ed eventualmente si possono praticare terapie radianti o farmacologiche.
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MERGENZA DIOSSINE
Fabrizio Fabbri
Greenpeace Italia

E' noto che i composti chimici che fanno parte della classe delle diossine sono estremamente tossici per gli animali e per gli esseri umani. Di tutte le sostanze chimiche create dall'uomo, le diossine sono fra le più tossiche mai studiate: questo è il motivo che ha fatto crescere la preoccupazione nell'opinione pubblica ed ha stimolato gli interessi della comunità scientifica.

Il 13 settembre 1994, l'Agenzia statunitense per la Protezione Ambientale (EPA) renderà pubblica la propria rivalutazione dei rischi per la salute ambientale ed umana posti dall'esposizione alle diossine. Dal lavoro svolto dall'Agenzia Ambientale Statunitense si evince che l'esposizione alle diossine costituisce una minaccia su grande scala ed a lungo termine per la salute pubblica ed ambientale, non solo a causa dei rischi di cancro ma anche per i possibili difetti congeniti ed i danni al sistema riproduttivo ed immunitario che tale esposizione può provocare.

Alla luce di questi risultati, Greenpeace ha preparato un rapporto per cercare di spiegare al grande pubblico come e perché la diossina colpisce l'ambiente e la salute umana e, soprattutto, per fornire dati circa le fonti di rilascio che non sono state tenute in debita considerazione dall'EPA.

Riteniamo che lo studio dell'EPA debba rappresentare lo spunto affinchè il dibattito sui livelli di esposizione alle diossine venga ampliato ed approfondito, e che i presupposti su cui si basano le misure di prevenzione attuali vengano seriamente riconsiderati.

Valutazione dei rischi

Nel dicembre 1990, l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) rilasciò un documento relativo alla pericolosità dell'esposizione alle diossine per la salute umana, in cui si indicavano livelli di assunzione giornaliera tollerabili (TDI - Tolerable Daily Intake) per questi composti pari a 10 pg/kg di peso corporeo (pg/kg/g). La TDI definisce i livelli di dosaggio massimi che possono essere considerati non dannosi per la salute umana in un'esposizione che perduri tutta la vita. La TDI proposta dall'OMS è stata adottata da molti governi europei; anche il Canada, basandosi su ricerche compiute dal proprio Servizio Sanitario, ha imposto per legge un livello di TDI di 10 pg/kg/g. Tuttavia, utilizzando un metodo diverso per valutare i rischi posti dalla diossina, l'EPA statunitense ha fissato un valore di assunzione giornaliera accettabile (ADI - Acceptable Daily Intake) pari a 6 fg/kg/g, cioè circa 1.670 volte inferiore alla TDI canadese e quella dell'OMS.

Alcuni studi, effettuati nell'ambito del programma EPA di rivalutazione delle diossine, indicano che i presupposti su cui si sono basati i calcoli delle TDI adottati dal Canada e dell'OMS non concordano con i risultati scientifici più recenti. Ciò significa che la TDI di 10 pg/kg/g potrebbe essere troppo elevata, e pertanto inadeguata a tutelare la salute pubblica. La controversia principale riguarda il presupposto, assunto nel calcolo delle TDI canadese e dell'OMS, che esista una soglia di sicurezza per l'esposizione alle diossine, al di sotto della quale l'esposizione non può causare alcun effetto negativo sulla salute. Tuttavia, gli studi più recenti sembrano indicare la mancanza di tale livello soglia per le diossine. Inoltre, è ormai noto che le diossine possono provocare effetti sulla salute a dosi molto inferiori a quelle considerate nel calcolo della TDI. Di conseguenza, è assai probabile che la TDI fissata dall'OMS e dal Servizio Sanitario canadese sia errata, e che quindi non tuteli adeguatamente la salute umana.

Nel 1985 e nel 1988, l'EPA effettuò delle valutazioni dei rischi per la salute umana derivanti dall'esposizione alla diossina. Nell'aprile 1991, il direttore dell'EPA, William Reilly, annunciò che sarebbe stata intrapresa una nuova valutazione della diossina, per due motivi:


1) Uno studio effettuato dall'Istituto Nazionale per la Sicurezza e la Salute dei Lavoratori sulla mortalità da cancro nei lavoratori statunitensi, pubblicato da Fingerhut et al. nel 1991, mostrò che la 2,3,7,8-tetraclorodibenzo-p-diossina (TCDD), la diossina più tossica che si conosca, era canecerogena per l'uomo.



2) Alla Conferenza Banbury sulla tossicità delle diossine, tenutasi nell'ottobre 1990 a Cold Spring Harbor (New York), furono fornite prove che dimostravano affinità tra l'uomo e animali da laboratorio per quanto riguarda gli effetti delle diossine sugli organismi. Ciò rende possibile la deduzione degli effetti sulla salute umana da lavori sperimentali.

Alla luce di ciò, il 15 novembre 1991 l'EPA annunciò pubblicamente la sua intenzione di rivalutare il rischio associato alle diossine riaggiornando le ricerche in questo settore tenendo in consiederazione anche l'impatto di questi composti negli ecosistemi acquatici.


La diossina: un sottoprodotto della chimica del cloro

Le diossine vengono generate come sottoprodotti non voluti di numerosi processi di produzione, utilizzazione e smaltimento del cloro e dei suoi derivati. Le emissioni industriali di diossine possono essere trasportate per grandi distanze dalle correnti atmosferiche, e, in misura minore, dai fiumi e dalle correnti marine.


Questa è la ragione della presenza di diossine in tutto il mondo. Anche se la loro produzione cessasse, i livelli già presenti nell'ambiente impiegherebbero anni prima di diminuire. Le diossine infatti sono sostanze persistenti, per la cui degradazione sono necessari decenni o secoli, e che possono essere riciclate continuamente in diversi comparti ambientali.

L'esposizione dell'uomo alle diossine ha luogo quasi esclusivamente attraverso l'assunzione di cibo, soprattutto carne, pesce e latticini. In casi di esposizione di soggetti a concentrazioni particolarmente elevate di diossine (ad esempio per esposizione accidentale o sul lavoro), si è potato constatare la capacità di questi composti a ridurre la fertilità, le capacità di sviluppo e quelle di immunodifesa oltre che l'insorgenza di tumori. I risultati di recenti studi dimostrano che le concentrazioni di diossine nei tessuti umani nella popolazione generale (dei paesi industrializzati) hanno già raggiunto o quasi livelli ai quali si possono verificare effetti negativi sulla salute. Le più recenti ricerche sugli effetti delle diossine sugli organismi viventi includono :

1) elevata sensibilità degli embrioni e dei feti di pesci, uccelli, mammiferi e uomo agli effetti tossici delle diossine. Per quanto riguarda l'uomo, gli effetti sullo sviluppo, osservati dopo un'esposizione accidentale elevata, comprendono: mortalità prenatale, riduzione della crescita, disfunzione di organi quali il sistema nervoso centrale (ad esempio, danni allo sviluppo intellettivo), alterazioni funzionali, ivi inclusi effetti sul sistema riproduttivo maschile.

2) alterazioni cellulari del sistema immunitario, variazioni nei livelli di testosterone (ormone sessuale maschile), nonché variazioni nella produzione di altri ormoni ed enzimi, possono verificarsi nell'uomo già a livelli (carichi corporei) di diossine attualmente riscontrati nella popolazione generale dei paesi industrializzati, o a concentrazini molto vicine a questi.

Per soggetti la cui esposizione alla diossina è più elevata della media (dovuta, per esempio, ad una dieta prevalente a base di pesce o mammiferi marini), i rischi di effetti negativi quali la possibilità di riduzione del numero di spermatozoi, danni al sistema immunitario ed endometriosi, sono più elevati.

3) Gli effetti biologici delle diossine sembrano dipendere più dalla loro presenza in particolari organi e/o stadi vitali piuttosto che dall'entità quantitativa dell'esposizione. Studi di laboratorio hanno dimostrato che l'esposizione a dosi bassissime di diossina durante un periodo critico brevissimo nel corso della gestazione è sufficiente ad influire negativamente sulla salute del feto.



4) Nei paesi industrializzati, i livelli di diossina presenti nel latte umano fanno spesso sì che i lattanti assumano quantità di diossina di gran lunga superiori alla TDI proposta dall'OMS. Questo fenomeno è ancor più preoccupante se si considera che le stime dei rischi alla salute dovuti alle diossine non tengono conto di altre sostanze chimiche, quali i bifenili policlorurati (PCB), alle quali siamo esposti. La presenza contemporanea di questi composti in un organismo può indurre effetti cumulativi o addirittura sinergici rispetto a quelli indotti dai singoli inquinanti.


5) La diossina è cancerogena per l'uomo e per gli animali. L'EPA ha stimato che l'attuale esposizione di fondo della popolazione generale alle diossine determina un rischio di contrarre tumore variabile da 1/1.000 a 1/10.000 cittadini.


Normative internazionali

L'eliminazione graduale di sostanze inquinanti persistenti, tossiche e bioaccumulative dall'ambiente è stata già affrontata in diverse sedi internazionali. Nel corso dell terza Conferenza Internazionale sul Mare del Nord (1990), si convenne sulla necessità di ridurre l'emissione la diossine ed altri composti del 70% o più; nel 1992 i membri della Convenzione di Parigi riconobbero la necessità di eliminare gradualmente quelle sostanze tossiche persistenti e soggette alla bioaccumulazione provenienti da fonti situate sulla terraferma; la Convenzione di Barcellona (1993), ha raccomandato la cessazione graduale delle immissioni nel Mar Mediterraneo da fonti terrestri di composti organoalogenati entro il 2005; la Commissione Congiunta Internazionale dei Grandi Laghi (IJC), ha esortato gli Stati Uniti ed il Canada ad iniziare una graduale eliminazione del del cloro o composti clorurati dai processi industriali (IJC 1992, IJC 1994).


EMISSIONE DI DIOSSINE IN ITALIA

Lo stato della ricerca su fonti di emissione di diossine e loro implicazioni sulla vita sociale in Italia sono decisamente scarse e frammentarie. Unica eccezione in termini di quantità dei dati e follow-up dei lavori, è rappresentata dalla ricerca sulla popolazione di Seveso , dove, nel 1976, migliaia di cittadini furono esposti ad elevatissime concentrazioni della forma più tossica di diossina. La pubblicazione dei dati epidemiologici relativi all'incidenza tumorale nei residenti di Seveso e zone limitrofe eleborati nel decennio 1976-1986 pubblicati lo scorso anno dal Prof. Bertazzi hanno aggiunto un importante tassello nel determinare la correlazione tra esposizione alla diossina e l'insorgenza di alcune forme tumorali nell'uomo. Se si escludono pochi altri episodici casi di determinazione delle diossine al camino di alcuni inceneritori, null'altro è dato sapere circa la produzione e rilascio di diossine da attività industriali. La ricerca pubblicata dall'EPA, ci può fornire lo spunto per azzardare stime approssimative circa l'emissione di diossine dalle maggiori fonti di rilascio.


INCENERITORI

In Italia gli impianti di incenerimento dei rifiuti solidi urbani (RSU) censiti al 1991 dal Ministero dell'Ambiente, erano 204, di cui 2 trattavano solo rifiuti urbani, 38 rifiuti misti (urabni e speciali) e 164 rifiuti speciali. In totale vengono incenerite 43.000 t/a di rifiuti urbani, 1.162.000 t/a di rifiuti misti e 707.000 t/a di rifiuti speciali per un totale di 1.912.000 di rifiuti incenereti annualmente pari al 7,3% del totale dei rifiuti prodotti. Le regioni che maggiormente utilizzano la termodistruzione dei rifiuti sono Veneto (240.000 t/a), Lombardia (180.000 t/a), Lazio (120.000 t/a), Toscana (115.000 t/a) e Campania (77.000 t/a).

Un calcolo approssimativo circa le emissioni totali di diossine e composti simili (furani e PCB) in Italia, si può azzardare considerando la quantità di rifiuti inceneriti e applicando alcuni valori di emissioni minime e massime rilevate da studi condotti sugli impianti di incenerimento di rifiuti misti di Padova. Ovvianmente la stima presenta un ampia variabilità e per poter arrivare a stime più precise si dovrebbero affettuare regolari ricerche di analisi ai camini di tutti gli inceneritori esistenti.

Min.(g/anno) Max (g/anno)


PCDD (policlorodibenzo-p-diossine) 13,2 61,6
PCDF (policlorodibenzo-p-furani 130 202,7
PCB (policlorobifenili) 994,2 24664,8
TOTALE 1137,4 24929,1
TOTALE (TEQ)* 11,4 250,3


(TEQ è una misura convenzionale che rapporta il quantitativo totale di diossine alla loro forma più tossica, la tetraclorodibenzodiossina o TCDD)



PRODUZIONE DCE/CVM

Che la produzione dei precursori del PVC rilasciassero composti organoclorurati era noto da tempo, ma solo in questi ultimi anni ricerche condotte in Nord Europa hanno evidenziato la responsabilita di alcuni processi nella fromazione di diossine.

Per poter produrre il cloruro di vinile monomero (CVM), precursore del PVC, è necessario trattare l'etilene con il cloro in un processo chiamato assiclorurazione per la formazione di dicloroetano (DCE). Il cloro residuo del processo reagisce con la sostanza e dà luogo, tra l'altro, alla formazione di diossine. Uno studio dell'Agenzia per l'Ambiente svedese ha evidenziato la presenza di diossine variabili da 0,86 ppt a 8,69 ppt nella sospensione pura di PVC. Uno studio dell'Università di Amsterdam stima che nel processo di formazione del DCE si producono fino a 419 grammi di diossine (TEQ) ogni 100.000 tonnellate di prodotto. Altre stime effettuate dall'estrapolazione di ricerche su impianti produttivi in Norvegia, Svezia, Olanda e Germania, lasciano supporre un rilascio di circa 10g(TEQ)/100.000 tonnellate di DCE/CVM prodotte. Sulla base di queste stime, considerando una produzione italiana di 427.000 t/a di DCE/CVM, l'missione di diossine da parte di questo settore industriale varia da 42,7 g/a (TEQ) a 1789 g/a (TEQ).


ALTRI SETTORI INDUSTRIALI

Quello dell'oncenmerimento e della produziione di DCE/CVM, sono solo due delle attività in grado di produrre diossine. In realtà, in quasi tutti i processi industriali in cui si fa uso di cloro, le diossine possono rappresentare degli indesiderati prodotti di scarto. La tabella che segue mostra le attività responsabili del rilascio di diossine, o sospettate di esserlo.

PROCESSI DAI QUALI SI FORMANO DIOSSINE E SOSTANZE AFFINI


Produzione di cloro elementare
Elettrolisi del cloro con elettrodi di grafite
Elettrolisi del cloro con elettrodi di titanio
Utilizzazione del cloro elementare : industria chimica
Sostanze aromatiche clorurate: produzione (clorobenzeni, clorofenoli, PCB, altri)
Pesticidi
Coloranti
Composti speciali
Solventiclorurati: produzione (tricloroetilene, tetracloroetilene, tetracloruro di carbonio)
PVC: produzione di materie prime (dicloruro di etilene, cloruro di vinile)
Rifiuti di processo
Effluenti
Fanghi derivati dal trattamento degli effluenti
Emissioni atmosferiche
Prodotti a base di PVC
Altri organocloruri alifatici: produzione (epicloridrina, esaclorobutadiene)
Alcuni cloruri inorganici: produzione (cloruri ferrici e rameici, ipoclorito di sodio)
Utilizzazione del cloro elementare: altre industrie
* Industria cartiera: sbiancamento con cloro
Effluenti delle cartiere
Fanghi delle cartiere
Prodotti finali
Emissioni dell'incenerimento dei fanghi
Trattamento dell'acqua e delle acque reflue con composti a base di cloro raffinazione di metalli (Ni, Mg)
Utilizzazioni degli organocloruri
Utilizzo di cloruri come intermediari (nitrofenoli, parathion)
Sgrassamento con solventi organoclorurati in ambiente alcalino o reattivo
Raffinazione del petrolio mediante catalizzatori organoclorurati
Uso di pesticidi unitamente a calore (trattamento del legno, ecc)
Sinterizzazione di ferro/acciaio con olii, solventi o materie plastiche a base di organocloruri
*Combustione di benzina o nafta contenenti additivi organoclururati
Uso di sbiancanti e detersivi a base di cloro in lavatrici e lavastoviglie
Incenerimento , riciclaggio ed incendi (tra parentesi sono citati i prodotti responsabili della produzione di diossine)
* Incinerimento di rifiuti ospedalieri (PVC)
Emissioni atmosferiche
* Inceneritori per rifiuti solidi urbani (PVC)
Emissioni atmosferiche
Ceneri residue
* Inceneritori per rifiuti nocivi (solventi, rifiuti dell'industria chimica)
Emissioni atmosferiche
Ceneri residue
Fornaci che bruciano rifiuti nocivi (solventi, rifiuti della produzione di sostanze chimiche)
Emissioni atmosferiche
Polveri
Incendi accidentali in abitazioni ed uffici (PVC)
Incendi in impianti industriali (PVC, PCB, altri cloruri)
Riciclaggio/fusione dell'alluminio (PVC)
Riciclaggio/fusione dell'acciaio e delle automobili (PVC)
* Riciclaggio/fusione dei cavi di rame (PVC)
*Combustione del legno (conservanti a base di pentaclorofenoli, PVC)


Trasformazioni nell'ambiente

Trasformazione di clorofenoli in diossine nell'ambiente

* Considerati dall'EPA nei documenti relativi alla propria rivalutazione sulle diossine (Clevedy 1993, Schaum 1993). L'elenco comprende settori nei quali la formazione di diossina o di composti ad essa affini (PCB, dibenzofurani clorurati e/o esaclorobenzene) è stata confermata da analisi chimiche, nonché settori in cui, secondo l'EPA (EPA 1980, EPA 1985, PCTN 1985) o la NATO (Hutzinger 1988), la formazione di diossina è "nota o sospetta".

DISTRIBUZIONE GEOGRAFICA DELLE EMISSIONI DI DIOSSINE

Sulla base delle informazioni circa le attività presenti in Italia che possono dar luogo alla formazione e rilascio di diossine, è possibile tracciare una prima mappa sulle regioni maggiormente esposte a questo tipo di inquinante. Ovviamente, mancando elementi di riferimento per molte altre attività sospettate di rilasciare diossine e i parametri di comparazione sulla conduzione di impianti simili localizzati in posti differenti, i dati sono altamente indicativi e soggetti a modifiche, sia positive che negative, sostanziali.



CONCLUSIONI

Considerando la pericolosità accertata delle diossine non solo come cancerogeni ma come gruppo di composti in grado di alterare funzioni vitali a concentrazioni ambientali ben al di sotto di quelle necessarie per l'insorgenza delle forme tumorali, compito delle istituzioni dovrebbe essere quello di prevenire al amassimo ogni forma di contaminazione. Allo stato attuale, l'Italia segue le linee guida dell'OMS per quanto concerne i livelli di esposizione e di salvaguardia alle diossine. Questi livelli, pari a 10 pg/kg peso corporeo/giorno, sono 1670 volte maggiori degli standard statunitensi (0,006 pg/kg/g). La differenza di valutazioni risiede in parte nel fatto che, come ha affermato il direttore dell'OMS Dr. Tarkowski, l'OMS, pur riconoscendo le diossine (TCDD) cancerogene negli animali, non ritiene sufficienti le informazioni circa la cancerogenicità per l'uomo. In realtà, grazie agli studi pubblicati dal Prf, Bertazzi sull'incidenza tumorali negli abitanti di Seveso esposti ad intossicazione acuta da diossina, dovrebbe spingere l'OMS a rivedere le sue posizioni circa le diossine. Se si considera poi che, nonostante i limiti notevolmente più restrittivi in vigore negli Stati Uniti, l'EPA ha dichiarato che i livelli di diossine nella popolazione generlae sono già, o sono molto vicini, a quelli per i quali ci si può apettare l'insorgenza di alcune alterazioni fisiologiche.

Per quanto riguarda le emissioni in atmosfera, il governo italiano, per decreto ministeriale del 1990, accetta limiti di emissione di PCDD/F pari a 4000 ng/Nm3. Converetdno in TEQ, i limiti ammessi dall'Italia risultano 400 volte superiori quelli ammessi in Olanda, Norvegia e Germania pari 0,1 ng/Nm3 di TEQ.

Alla luce anche delle nuove ricerche circa la pericolosità delle diossine, questo divario è assolutamento inaccettabile in una società dove si voglia tutelare la salute pubblica ed ambientale.


Una strategia d'emergenza

Data l'elevata quantità di diossine presenti in ambiente, affinchè si possano raggiungere livelli di salvaguardia per la salute umana ed ambientale è necessario varare misure d'urgenza.

Considerando che tutti gli usi del cloro e degli organoclorurati sono sospettati di dare luogo alla formazione di diossina ad uno o più punti del loro ciclo vitale, l'eliminazione graduale delle diossine necessita l'eliminazione graduale di tutta la chimica del cloro. L'attuazione di un programma di eliminazione graduale dei rilasci di diossina da parte dell'industria dovrebbe essere basata sui seguenti principi:

1) Zero = zero. I rilasci di diossine da parte dell'industria non devono essere semplicemente ridotti, bensì eliminati. A causa della persistenza di queste sostanze e del loro continuo spostamento da un comparto all'altro, ci vorranno anni perché il carico ambientale attuale possa diminuire. Data l'attuale minaccia alla salute umana, gli organi competenti per la normativa ambientale ed i governi in toto non possono più permettere ulteriori rilasci di diossina nell'ambiente.

2) Prevenzione, non controllo, dell'inquinamento. L'uso di congegni anti-inquinamento, filtri, sistemi di trattamento e metodi di smaltimento quali la combustione o l'interramento dei rifiuti tossici si limitano semplicemente a spostare le sostanze tossiche da un mezzo ambientale ad un altro e a rinviare di poco il loro rilascio in ambiente. Per impedire completamente il rilascio di diossine, lunico modo è quello di modificare i processi industriali e le materie prime impiegate che danno luogo alla loro formazione.

3) Azzerare tutte le fonti di diossina. Per poter ridurre a zero i futuri rilasci di diossina, l'EPA, l'OMS e gli altri organi competenti per la normativa ambientale devono prendere in considerazione tutte le fonti industriali di rilascio già individuate.

4) Fissare le priorità per l'eliminazione delle diossine. Poiché le diossine sono associate ai numerosi usi industriali del cloro, l'eliminazione di questi composti richiederà un'importante riconversione tecnica ed economica. Occorre fissare delle tabelle di marcia che diano priorità ai principali settori che producono diossine e a quelle fonti per le quali sono già disponibili delle alternative. E' inoltre necessario non concedere nuovi permessi per quelle attività in grado di rilasciare diossine e stabilire tempi e modalità per la riduzione, con l'intento dell'eliminazione, delle fonti di rilascio operative allo stato attuale.


Le principali fonti di diossina da considerare con urgenza comprendono l'incenerimento dei rifiuti, i processi di sbianca a base di cloro nonché l'uso e la produzione del PVC e dei composti clorurati aromatici.

Gli interventi successivi dovranno prevedere l'eliminazione graduale di alcuni processi legati all'utilizzo di cloro tra cui produzione ed utilizzo di solventi e pesticidi clorurati, uso del cloro nell'industria metallurgica e per la produzione di composti inorganici del cloro.

Sebbene l'eliminazione graduale delle fonti di diossina necessiterà di considerevoli investimenti in alcuni settori, la maggior parte dei prodotti alternativi offre vantaggi economici in termini di aumento dei posti di lavoro, maggiore efficienza, diminuzione delle spese per l'acquisto di sostanze chimiche, per lo smaltimento dei rifiuti e per la responsabilità verso terzi, ed eliminazione dei costi sociali associati ai danni arrecati alla salute ed all'ambiente. La riconversione tecnologica ed economica potrebbe essere di difficile attuazione, ed è fondamentale che lavoratori e comunità non debbano sostenere l'onere economico di tali cambiamenti. L'eliminazione graduale delle diossine dovrebbe pertanto essere guidata da un programma di transizione democratico mirato a tutelare, compensare e fornire future opportunità ai lavoratori ed alle comunità interessate.
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MERCURIO

Il mercurio provoca danni permanenti ai bambini
Secondo un recente rapporto dell'Epa (Environmental Protection Agency), il numero di neonati con livelli di mercurio nel sangue troppo elevati sarebbe ultimamente raddoppiato. Infatti, secondo l'Epa, solo negli Usa il numero di bambini colpiti da questo problema è passato da 300.000 a 630.000 nel biennio 1999-2000 rispetto alle rilevazioni precedenti. Lo studio, condotto da un gruppo internazionale di ricercatori, ha anche evidenziato che l'esposizione al mercurio durante la gravidanza può provocare danni permanenti alla funzionalità cardiaca. P. Grandjean, che ha guidato il gruppo di ricerca, ritiene che l'esposizione prenatale e postnatale al mercurio influisca negativamente sulle funzioni cerebrali, in aree diverse. Il problema è particolarmente grave perché in molte comunità il consumo di pesce costituisce una parte significativa della dieta. Lo studio ha riguardato 1.000 fra madri e figli nelle isole Far Oer (Danimarca). Si tratta di una popolazione che consuma molto pesce, per la maggior parte contaminato da mercurio. Gli scienziati hanno misurato il livello di mercurio nel sangue nei neonati, quindi il livello del metallo è stato misurato nuovamente a 7 e a 14 anni. Molte madri presentavano un livello di mercurio superiore a 1 microgrammo per grammo (da campioni prelevati dai capelli), che rappresenta il limite raccomandato sia dall'Epa, sia da un'organizzazione non governativa (il National Research Council). I test effettuati avevano lo scopo di misurare il livello di segnali elettrici a livello cerebrale; i ricercatori hanno individuato anomalie significative, tanto più evidenti nei bambini con livelli più elevati di mercurio. È inoltre emersa una deficienza nella capacità di regolare la funzionalità cardiaca: nei bambini con livelli elevati di mercurio nel sangue vi era una minore capacità mantenere la normale variabilità del ritmo cardiaco, necessaria a un'appropriata ossigenazione dell'organismo. Emerge dunque la necessità di un maggiore controllo degli agenti inquinanti, ma anche di un approccio diverso alla dieta, con la scelta di tipi di pesce meno a rischio (come il salmone selvaggio).
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IL PIOMBO

Il piombo e i danni al cervello del feto
Secondo una recente ricerca, l'esposizione attraverso il sangue materno anche a piccole quantità di piombo può danneggiare lo sviluppo cerebrale del feto. I centri di profilassi e prevenzione delle malattie fissano attualmente a 10 microgrammi per decilitro (mcg/dl) il "livello di guardia" del piombo nel flusso sanguigno, ma alcuni ricercatori in Messico hanno riscontrato che livelli di piombo nel sangue materno di gran lunga inferiori ai 10 mcg/dl sembravano avere un effetto durevole sul quoziente d'intelligenza della prole, almeno fino ai 10 anni. Il piombo è un metallo tossico presente nell'aria, nella terra e nell'acqua; negli ultimi decenni, gli sforzi compiuti per ridurre i livelli ambientali di piombo, ad esempio eliminandolo dalla benzina e dalle vernici, hanno abbassato sensibilmente l'esposizione al piombo in diverse nazioni. I bambini piccoli e i feti sono particolarmente vulnerabili alla tossicità di questo metallo, dal momento che livelli anche bassissimi sono in grado di nuocere al cervello in fase di sviluppo e causare difficoltà nell'apprendimento e nel comportamento. La nuova ricerca, unita ai risultati del passato, indica che non esiste alcun livello di esposizione "sicuro" per il cervello del feto. In particolare, l'esposizione al piombo all'inizio del terzo trimestre si è dimostrata critica e gli effetti sullo sviluppo intellettuale successivo dei bambini sono parsi essere avvenuti in gran parte in presenza di livelli di gran lunga inferiori a 6 mcg/dl. Quanto emerge da una serie di ricerche, compresa quella attuale, sostiene in maniera convincente che le attuali raccomandazioni dei centri di profilassi e prevenzione sono obsolete e non proteggono adeguatamente i bambini e i feti dal danno evolutivo legato al piombo, secondo il coautore dello studio, S. J. Rotherberg (Istituto Nazionale di Sanità Pubblica di Cuernavaca, Messico). Rotherberg ha dichiarato che l'unico livello "sicuro" di esposizione al piombo per bambini e donne in stato interessante sia un'esposizione pari a zero. Lo studio ha seguito 175 bambini in cui il livello di piombo nel sangue delle madri è stato misurato ripetutamente per tutta la durata della gravidanza. I bambini sono stati sottoposti ai test per misurare il quoziente di intelligenza a 6 e a 10 anni. È emerso che i livelli di piombo nel sangue materno durante la gravidanza, specialmente intorno alle 28° settimana, sono collegati a una prestazione inferiore al test sul quoziente intellettivo, anche tenendo conto di altri fattori quali l'esposizione al piombo dopo la nascita. Gli effetti sono parsi manifestarsi prevalentemente entro i "primissimi" microgrammi per decilitro di esposizione, hanno evidenziato i ricercatori. Secondo Rothenberg le donne in gravidanza il cui livello di piombo nel sangue supera i pochi microgrammi per decilitro, sono in grado di identificare ed evitare le fonti continue di esposizione al metallo. Il ricercatore ha tuttavia sottolineato l'importanza di limitare l'esposizione a basso livello molto tempo prima della gravidanza. Nel corso del tempo, il piombo si accumula nelle ossa e può in parte venire rilasciato nel flusso sanguigno durante la gestazione. Evitare l'esposizione per tutto il corso della vita è l'unico modo per evitare l'esposizione del feto al piombo, ha affermato Rothenberg. Tra le misure da adottare per ridurre l'esposizione al piombo si annovera l'uso di acqua in bottiglia o filtrata, dal momento che l'acqua può veicolare piombo, specie nelle case più vecchie. Sempre nelle abitazioni più datate può essere ancora presente vernice contenente piombo che, se si screpola, può produrre polvere di piombo che viene inalata. Per eliminare questo pericolo, è bene rivolgersi ad aziende specializzate.
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IL METANOLO

Il metanolo è miscelabile con l'acqua in ogni proporzione: la miscelazione dà contrazione di volume della soluzione e libera calore. E' usato come additivo per carburanti, o esso stesso è usato come carburante solido (tavolette meta), nell'industria chimica è usato come solvente per coloranti, collanti, poliesteri, svernicianti... e in chimica organica è un importante agente metilante.

A differenza dell'etanolo il metanolo puro (99%) può ottenersi da una sua soluzione acquosa tramite la distillazione frazionata, mentre per il metanolo assoluto (99.97%) bisogna distillare il metanolo su magnesio metallico, il quale si scioglie con formazione di alcoolato di magnesio. Esso, in presenza d'acqua, si scinde a dare magnesio ossido (insolubile in acqua) e metanolo:

2 MeOH in miscela con H2O su Mg => H2 + (MeO)2Mg + H2O (MeO)2Mg + H2O => MgO (ppt) + 2 MeOH

Tossicocinetica del Metanolo - Assorbimento e Distribuzione

Il metanolo è assorbito in circa tre ore tramite il tratto gastrointestinale, può venir assorbito anche dal sistema respiratorio o dalla cute. Successivamente si distribuisce in tutto il corpo, infatti è sia idrofilo che lipofilo, come l'etanolo. In particolare il metanolo può essere rinvenuto nel cuore, nella milza, nel fegato, nei polmoni, nel cervello, nei muscoli e nei reni. In caso di intossificazione cronica esso si accumula nel nervo ottico.

Biotrasformazione

Il 90% del metanolo, come primo passaggio, viene ossidato ad aldeide formica la quale successivamente subisce trasformazione ad acido formico. Il restante 10% del metanolo viene eliminato invariato per via renale (tempo di emivita: 22 ore circa).

Lo step da metanolo a formaldeide può avvenire in due modi:

nei perossisomi (forma primitiva della catena respiratoria) vari enzimi ossidoreduttasi partendo da diversi substrati RH2 portano alla formazione di H2O2 (acqua ossigenata o perossido d'idrogeno) che poi, tramite l'enzima catalasi, ossida il metanolo.

RH2 + O2 (by ossidasi)=> R + H2O2 H2O2 + MeOH ( by catalasi)=> HCHO + 2 H2O

nel citosol epatico tramite l'enzima ADH (questa ossidazione è in equilibrio reversibile)

MeOH + NAD+ <= by ADH => CH2O + NADH + H+

Lo step da formaldeide ad acido formico (pKa 3.75, completamente dissociato a formiato) è catalizzato da diversi enzimi aldeide-deidrogenasi, presenti sia nel citosol sia nei mitocondri della maggior parte delle cellule dei mammiferi. Questa reazione, irreversibile, sposta "a destra" l'equilibrio reversibile della reazione ADH mediata.

CH2O + NAD+ (by aldeide-deidrogenasi)=> HCOO-H+ + NADH + H+

Successivamente il formiato (nella scimmia, usata per l'affinità al genere umano, e presumibilmente nell'uomo) subisce ossidazione folato-dipendente a CO2. Nel ratto esiste anche un sistema catalisi-perossidativo, e il ratto non subisce avvelenamento da metanolo o da formiato a meno che non sia reso folato-carente.

Eliminazione

Esaurienti studi sono stati a questo proposito sono stati fatti da Nicloux, utilizzando cani e conigli. I risultati ottenuti hanno permesso di costruire delle curve di eliminazione, dalle quali si può notare la differenza nella velocità di eliminazione in confronto all'etanolo.

Intossicazione da Metanolo

Il metanolo può dare intossicazione per esempio se è usato in bevande adulterate, anche se ciò non è frequente. La dose tossica di etanolo varia in relazione a vari fattori (età, sesso, presenza di etanolo...), negli adulti la tossicità è proporzionale al tasso ematico di metanolo, per i bambini non si hanno dati. Dalla 12ma alla 24ma ora dall'ingestione di metanolo non si hanno sintomi, e questo periodo può essere prolungato se è presente etanolo (più affine all'enzima ADH di quanto lo sia il metanolo).

Il metanolo come tale causa ebbrezza, in seguito ad intossicazione acuta, poi vertigini, nausea, vomito, dolori addominali, cefalea e depressione del SNC, ma ben più pericolosi sono i sintomi e i danni causati dai suoi due metaboliti, aldeide formica e acido formico.

Essi causano gravi sintomi quali grave acidosi metabolica, atassia*, vertigine, dilatazione delle pupille (che divengono poco reattive), congiuntivite, gonfiore del disco ottico, danni al nervo ottico, al SNC e al fegato. Inoltre sudori freddi, agitazione furiosa, insufficienza respiratoria ed edema polmonare, convulsioni e confusione mentale, depressione, coma con ipotermia. La morte sopraggiunge per paralisi dei muscoli respiratori. I fondamenti biochimici della tossicità del formiato sul SNC non sono stati ancòra chiariti.
Acidosi metabolica: nei primati la conversione metanolo => formiato è più rapida dell'eliminazione del formiato, cosicché nelle 24 ore seguenti l'assunzione di metanolo si ha un graduale accumulo di acido formico, che causa una diminuzione del pH plasmatico fino a 6.8 (l'acidosi viene analizzata in laboratorio non dosando l'acido formico ma misurando la diminuzione di concentrazione di vari anioni plasmatici.

* atassia: difetto della coordinazione muscolare, può avere come conseguenza irregolarità dei movimenti (a. cinetica) o incapacità di mantenere l'equilibrio (a. statica).

Nel caso di intossicazione cronica da metanolo liquido (via orale o transdermica) si può avere una progressiva degenerazione della visione (atrofia del nervo ottico). Nel caso invece si sia a contatto con vapori di metanolo si avrà irritazione ulcerosa della congiuntiva, che potrà degenerare a cheratite ulcerosa.

Terapie contro l'intossicazione

Si tratta essenzialmente di trattamenti di supporto:

lavanda gastrica (se la si può fare entro due ore dall'assunzione) e/o somministrazione di NaHCO3 per contrastare l'acidosi e somministrazione di etanolo* (se il tasso ematico del metanolo e 3 50 mg/dl e se non si manifestano disturbi della visione) per sottrarre al metanolo l'enzima ADH (si riduce cos“ la formazione dei metaboliti tossici del metanolo). La concentrazione di etanolo prevede una prima dose di attacco di 700 mg/dl e poi deve mantenersi pari a 100 mg/dl per tutto il tempo necessario a far scendere la concentrazione di metanolo sotto i 25 mg/dl.

Nei casi in cui la concentrazione di metanolo sia prossima o superiore a 100 mg/dl, o nel caso si manifestino disturbi della visione, allora si ricorrerà a dialisi peritoneale o ad emodialisi, valide per allontanare non solo il metanolo ma anche i suoi metaboliti.

Inoltre, per limitare i danni sul SNC, si può bloccare l'ossidazione del metanolo a formiato somministrando 2-metil-pirazolo (o simili) endovena; si tratta di sostanze efficaci ma epatotossiche; necessitano di somministrazione immediata dopo l'avvelenamento. ´ Nelle scimmie sono in fase di sperimentazione trattamenti a base di 5-formil-tetraidroformiato, sostanza che dovrebbe aumentare il metabolismo del formiato.
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THIMEROSAL

Il THIMEROSAL, è stato usato fin dagli anni '30 per prevenire la contaminazione batterica in preparazioni multidose di vaccini.

I dati epidemiologici disponibili non sono in grado di documentare l'esistenza di una relazione causa-effetto tra esposizione al THIMEROSALcontenuto nei vaccini e danni nello sviluppo neurologico quali: autismo, ADHD [attention deficit-hyperactive disorders, e ritardo nella parola".

Malgrado la mancanza di evidenza che supporti il legame, il rapporto ha concluso che l'associazione tra THIMEROSALe danni legati allo sviluppo è "biologicamente plausibile".

La Commissione ha raccomandato che nei bambini dovrebbero essere utilizzati i vaccini 'THIMEROSAL-FREE', "anche se possono essere rimaste ancora in commercio partite di vaccini contenenti THIMEROSAL". Il THIMEROSALcontiene il 50% di mercurio. Nell'ottobre del 1998, la FDA ha proibito l'uso del THIMEROSALnelle farmacie e sin dal luglio del 1989 "incoraggiando"i produttori a rimuovere il THIMEROSALdai vaccini. Ogni vaccino che contiene THIMEROSALeccede le linee guida per la salute EPA che sono di 0,1 mcg/kg/day. Da quando i vaccini multipli sono somministrati nello stesso giorno, la quantità di mercurio introdotta nel bambino è molte volte sopra questo limite di guardia. Prima del bando della FDA, il mercurio era aggiunto anche a colliri, conservanti per lenti a contatto,spray nasali, creme contraccettive, creme x emorroidi, dissinfettanti.
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BIGIOTTERIA CONTENENTE NICHEL

Il nichel è un metallo bianco argenteo che subisce un'alta lucidatura. Appartiene al gruppo del ferro ed è duro, malleabile e duttile. Il nichel è un conduttore abbastanza buono di calore e di elettricità. Nei suoi composti piu' comuni il nichel è bivalente, anche se presuppone altre valenze. Inoltre forma un certo numero di composti complessi. La maggior parte dei composti del nichel sono blu o verdi. Il nichel si dissolve lentamente in acidi diluiti ma, come il ferro, diventa passivo una volta trattato con acido nitrico. Il nichel diviso finemente assorbe l'idrogeno.
Effetti del nichel sulla salute

Il nichel è un composto che si presenta ambiente soltanto in quantita' molto bassi. Gli esseri umani utilizzano il nichel in molte applicazioni differenti. L'applicazione più comune del nichel è l'uso come ingrediente dell'acciaio ed di altri prodotti metallici. Può essere trovato in comuni prodotti metallici quali bigiotteria.

Il cibo contiene naturalmente piccole quantita' di nichel. Il cioccolato ed i grassi sono noti contenerne quantità molto alte. L'assunzione di nichel si amplifica quando la gente mangia grandi quantità di verdure provenienti da terreni inquinanti. Le piante sono note accumulare il nichel e di conseguenza l'assunzione del nichel dalle verdure e' rilevante. I fumatori sono soggentti ad un più alto assorbimento di nichel tramite i loro polmoni. Infine, il nichel può essere trovato nei detersivi.

Gli esseri umani possono essere esposti a nichel respirando aria, bevendo acqua, mangiando certi alimenti o fumando sigarette. Anche il contatto della pelle con terreno o acqua contaminati da nichel può provocare esposizione a nichel. Il nichel è essenziale in piccoli importi, ma quando l'assorbimento è troppo alto può essere un pericolo per la salute umana.
La presa di una quantita' troppo bassa di nichel ha le seguenti conseguenze:
- Propabilita' piu' elevata di sviluppo di cancro ai polmoni, al naso, alla laringe ed alla prostata
- Malessere e stordimento a seguito di esposizione al nichel gassoso
- Embolie polmonari
- Problemi respiratori
- Problemi di nascita
- Asma e bronchite cronica
- Reazioni allergiche come prurito alla pelle, principalmente da gioielleria
- Problemi di cuore

I fumi del nichel sono irritanti per la respirazione e possono causare la polmonite. L'esposizione a nichel ed ai suoi composti può provocare lo sviluppo di una dermatite nota come "il prurito del nichel" in individui sensibili. Il primo sintomo e' solitamente il prurito, che si manifesta fino a 7 giorni prima che si verifichino eruzioni cutanee. La principale eruzione cutanea è eritematosi, o folliculare, che può essere seguita dall'ulcerazione della pelle. La sensibilità al nichel, una volta che si manifesta, sembra persistere indefinitamente.

Carcinogenicità: Il nichel e determinati composti del nichel sono stati elencati dal programma nazionale di tossicologia (NTP) come per essere composti quasi cancerogeni. L'agenzia internazionale per ricerca sul cancro (IARC) ha collocato i composti del nichel all'interno del gruppo 1 (esiste evidenza sufficiente di carcinogenicità per gli esseri umani) ed il nichel all'interno del gruppo 2B (agenti che possono essere cancerogeni per gli esseri umani). L'OSHA non regola il nichel come sostanza cancerogena. Il nichel è sull'avviso dell'ACGIH sui cambiamenti progettati come categoria A1, agente cancerogeno umano confermato.
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I CLASSICI BRACCIALETTI IN RAME

Il rame è un metallo rossastro con una struttura cristallina cubica con facce centrate. Il rame deriva il suo colore caratteristico perché riflette la luce rossa ed arancione ed assorbe altre frequenze nello spettro visibile, grazie alla sua struttura a bande. È malleabile, duttile ed e' un conduttore estremamente buono sia di calore che di elettricità. È più morbido del ferro ma più duro dello zinco e può essere lucidato in un rivestimento luminoso. Si trova nel gruppo Ib della tavola periodica, insieme ad argento e ad oro. Il rame ha una bassa reattività chimica. In aria umida forma lentamente una pellicola superficiale verdastra denominata patina; questo rivestimento protegge il metallo da ulteriore attacco.

Effetti del rame sulla salute

Vie di esposizione

Il rame può essere trovato in molti tipi di alimenti, in acqua potabile ed in aria. A causa di cio' assorbiamo quantità ingenti di rame ogni giorno mangiando, bevendo e respirando. L'assorbimento di rame è necessario, perché il rame è un oligoelemento indispensabile per la salute umana. Anche se gli esseri umani possono gestire concentrazioni proporzionalmente elevate di rame, troppo rame può causare gravi problemi di salute.

Le concentrazioni di rame in aria sono solitamente abbastanza basse, quindi l'esposizione a rame attraverso la respirazione è trascurabile. Le persone che vivono nei pressi di fonderie che trasformano il minerale di rame in metallo sono soggette a questo tipo di esposizione.

Le persone che vivono in case che hanno ancora l'impianto idrico in rame sono esposte a livelli piu' elevati di rame rispetto alla maggior parte della gente, perché il rame è tracinato nella loro acqua potabile attraverso la corrosione dei tubi.

L'esposizione professionale a rame avviene spesso. Nell'ambiente del posto di lavoro il contagio da rame può condurre ad una condizione simile all'infuenza nota come febbre del metallo. Questa condizione passa dopo due giorni ed è causata da iper sensibilità.

Gli effetti

L'esposizione a lungo termine al rame può causare irritazione di naso, bocca e occhi ed causare emicranie, dolori di stomaco, stordimento, vomito e diarrea. Elevata assunzione intenzionale di rame puo' causare danni a fegato e reni e perfino la morte. Se il rame sia cancerogeno non è stato ancora stabilito.

Esistono articoli scientifici che indicano un collegamento fra l'esposizione di lunga durata ad alte concentrazioni di rame e un declino nell'intelligenza nei giovani adolescenti. Se cio' dovrebbe preoccupare è oggetto per ulteriore ricerca.

L'esposizione industriale a vapori, polveri, o nebbie di rame puo' provocare la febbre del vapore del metallo con cambiamenti antropici nelle membrane mucose nasali. L'avvelenamento cronico da rame provoca la malattia di Wilson, caratterizzata tramite da cirrosi epatica, danni cerebrali, demi-alienazione, disturbi renali e deposizione di rame nella cornea.
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POLONIO
Questo elemento lo possiamo anche ritrovare in alcuni cibi e nelle sigarette, arriva tramite un tipo di fertilizzante a base di fosfato che si utilizza in agricoltura.
Nelle sigarette l’effetto è quasi immediato, una volta accesa la sigaretta la combustione attiva la radioattività del polonio.
Un fumatore che consuma una media di 1 pacchetto di sigarette al giorno, in un anno sono 336 pacchetti di sigarette pari a 300 radiografie toraciche, quindi una media di una radiografia al giorno.
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PROTESI IN CROMO-COBALTO

Il cobalto è un elemento ferromagnetico duro di colore bianco argenteo. Come il ferro, può essere magnetizzato. Nelle sue proprieta' fisiche e' simile a ferro e nichel. L'elemento è chimicamente attivo e forma molti composti. Il cobalto è stabile in aria ed inalterato in acqua, ma e' lentamente attacato da acidi diluiti

Effetti del cobalto sulla salute

Dal momento che il cobalto è ampiamente disperso nell'ambiente gli esseri umani possono essere esposti ad esso respirando aria, bevendo acqua e magiando alimenti che contengono cobalto. Anche il contatto con terreno o acqua che contiene cobalto può aumentare l'esposizione.
Il cobalto non è spesso liberamente disponibile nell'ambiente, ma da quando le particelle di cobalto non sono legate al terreno o a particelle di sedimenti, l'assorbimento da parte di piante ed animali è più alto e può verificarsi accumulo in piante e animali.

Il cobalto è favorevole per gli esseri umani perché è parte della vitamina B12, che è essenziale per la salute umana. Il cobalto è usato per trattare l'anemia nelle donne incinte, perché stimola la produzione di cellule rosse del sangue. La presa giornaliera di cobalto e' variabile e puo' essere pari a 1 mg, ma quasi tutto passa attraverso l'organismo senza essere assorbito, tranne quello assorbito nella vitamina B12.

Tuttavia, concentrazioni di cobalto troppo elevate possono danneggiare la salute umana. Quando respiriamo in concentrazioni troppo alte di cobalto attraverso l'aria avvertiamo effetti ai polmoni, come asma e polmonite. Questo avviene soprattutto in persone che lavorano con il cobalto.

Quando le piante crescono su terreni contaminati accumulano particelle molto piccole di cobalto, in particolare nelle parti delle piante che mangiamo, come frutta e semi. I terreni in prossimita' di miniere ed impianti di fusione possono contenere quantità molto elevate di cobalto, di conseguenza l'assorbimento dagli esseri umani attraverso l'ingestione di piante può avere degli effetti sulla salute. Gli effetti sulla salute che derivano da assorbimento di alte concentrazioni di cobalto sono:
- Vomito e nausea
- Problemi di vista
- Problemi di cuore
- Danni alla tiroide

Effetti sulla salute possono anche essere causati attraverso radiazione degli isotopi radioattivi di cobalto. Ciò può causare la sterilità, perdita di capelli, vomito, perdite di sangue, diarrea, coma e perfino morte. Questa radiazione e' a volte usata nei pazienti di cancro per distruggere i tumori. Questi pazienti soffrono di perdite di capelli, diarrea e vomito.

La polvere di cobalto può causare una malattia simile all'asma con sintomi che variano da tosse, respiro corto e dispnea fino a riduzione nelle funzioni polmonari, fibrosi nodulare, inabilità permanente e morte. L'esposizione a cobalto può causare perdita di peso, dermatite e ipersensibilità respiratoria. LD 50 (orale, ratti) = 6171 mg/kg. (LD50 = dose mortale 50 = singola dose di una sostanza che causa la morte del 50% di una popolazione animale a seguito di esposizione alla sostanza in tutte le vie tranne inalazione. LD50 è espresso solitamente in milligrammi o grammi di materiale per il chilogrammo di peso dell'animale (mg/kg o g/kg).)

L'associazione internazionale per la ricerca contro il cancro (IARC) colloca il cobalto ed i composti di cobalto all'interno del gruppo 2B (agenti che possono essere cancerogeni per gli esseri umani). L'ACGIH ha collocato il cobalto ed i suoi composti inorganici nella categoria A3 (cancerogeno per gli animali da laboratorio: l'agente è cancerogeno per gli animali da laboratorio in concentrazioni relativamente elevate, attraverso vie, in forme istologiche, o con meccanismi che non sono considerate importanti per l'esposizione degli operai.) Il cobalto è stato classificato essere cancerogeno per agli animali da laboratorio in Germania.

Il cromo è un metallo argento-grigio, brillante, fragile, duro che può essere notevolmente lucidato. Non si appanna in aria, ma brucia se riscaldato, formando un ossido cromico verde. Il cromo(0) è instabile in ossigeno, produce immediatamente uno strato sottile di ossido che è impermeabile all'ossigeno e protegge il metallo sottostante.

Effetti del cromo sulla salute

Le persone possono essere esposte a bicromato di potassio attraverso la respirazione, mangiando o bevendo ed attraverso il contatto della pelle con cromo o composti di cromo. Il livello cromo in aria ed acqua è generalmente basso. Anche nell'acqua potabile il livello di bicromato di potassio è solitamente basso, ma l'acqua di pozzo contaminata può contenere il pericoloso cromo (IV); cromo esavalente. Per la maggior parte delle persone il consumo di alimenti che contiengono cromo è la via principale di assunzione di cromo, dal momento che il cromo (III) si presenta naturalmente in molte verdure, frutte, carni, lieviti e farinacei. I vari metodi di preparazione ed immagazzinamento degli alimenti possono alterare il contenuto di cromo degli alimenti. Quando si conserva il cibo in contenitori d'acciaio o in lattine la concentrazione di cromo può aumentare.

Il cromo è una sostanza nutriente essenziale per gli esseri umani e la sua scarsità puo' causare gli disturbi al cuore, problemi al metabolismo e diabete. Ma l'assorbimento di una quantita' eccessiva di cromo (III) può causare anche problemi di salute, per esempio chiazze cutanee.

Il cromo è un pericolo per la salute umana, pricipalmente per le persione che lavorano nell'industria tessile e siderurguca. Anche le persone che fumano tabacco hanno una maggiore probabilità di esposizione a cromo. Il cromo (VI) è noto causare vari effetti sulla salute. Quando e' un composto di prodotti di cuoio, può causare reazioni allergiche, quale chiazze cutanee. A seguito di inalazione può causare irritazione e sanguinamento del naso.
Altri problemi di salute che sono causati da cromo sono:

- Eruzioni cutanee
- Problemi di stomaco e ulcera
- Problemi respiratori
- Indebolimento del sistema immunitario
- Danni a fegato e polmoni
- Alterazione del materiale genetico
- Cancro ai polmoni
- Morte

I rischi per la salute associati a esposizione a cromo dipendono dal suo stato di ossidazione. La forma metallica (il cromo come esiste in questo prodotto) ha una bassa tossicità. La forma esavalente è tossica. Gli effetti negativi della forma esavalente sulla pelle possono includere le ulcere, dermatiti, e reazioni cutanee allergiche. L'inalazione di composti di cromo esavalente può provocare ulcerazione e perforazione delle membrane mucose del setto nasale, irritazione di faringe e laringe, bronchiti asmatiche, broncospasmsi ed edema. I sintomi respiratori possono includere tosse e asma, respiro breve, e prurito nasale.

Cengerogenicita': il cromo e la maggior parte dei composti del cromo trivalente sono stati elencati dal programma nazionale di tossicologia (NTP) come aventi insufficenti prove di carcinogenicità negli animali da laboratorio. Secondo il NTP, esiste un'evidenza sufficiente di carcinogenicità per gli animali da laboratorio per i seguenti composti esavalenti del bicromato di potassio; cromato di calcio, triossido di cromo, cromato di piombo, cromato di stronzio, e cromato di zinco. L'ente internazionale per ricerca sul cancro (IARC) ha classificato il cromo metallico ed i relativi composti trivalenti all'interno del gruppo 3 (l'agente non è classificabile quanto alla relativa carcinogenicità per gli esseri umani.) Il cromo non è regolato come agente cancerogeno dall'OSHA (29 CFR Subpart 1910 Z). L'ACGIH ha classificato il bicromato di potassio metallico ed i suoi composti trivalenti come A4, non classificabili come agente cancerogeno umano.
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LA CHIMICA E IL NOSTRO CORPO

Forse è bene dare una spiegazione iniziale di cosa sia la chimica.

Ogni cosa che vediamo è costituita da reazioni chimiche, "nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma.

Proprio a causa di questa trasformazione noi viviamo: il corpo cresce, cambia, si ammala, si risana, invecchia, combatte le malattie, insomma ogni giorno si modifica. Questa modificazione può essere benefica o no a seconda delle reazioni chimiche che si innescano.

Ogni essere di qualsiasi genere e tipo, vive per effetto di reazioni chimiche.

Se prendiamo una pastiglia, per esempio, provochiamo una reazione chimica che ci fa passare il mal di testa o un'altra che ci fa passare il mal di stomaco o ci combatte l'influenza: ogni cosa provoca una reazione chimica.

Allora perchè non utilizzare i cibi, che in genere non hanno controindicazioni, per provocare le reazioni chimiche che ci fanno star bene senza ricorrere a farmaci, quando possibile, che sono elementi estranei al corpo ed hanno una reazione chimica violenta ed a volte con contrindicazioni che possono provocare altre patologie?

Questo sistema il nostro fisico lo adotta tutti i giorni e sembra che si ammali perchè non lo forniamo di quanto gli occorre ed allora, solo allora, si ammala.

Emblematico è il giovane che, dalla nascita, assume tutto quello che gli occorre per vivere e poi, gradatamente depaupera alcune sostanze che usa lentamente e che mancano nella sua alimentazione, ma che servono per la salute, e comincia ad una certa età a subire malattie, dolori e quant'altro.

Curarsi con i cibi vuol dire ripristinare nei giusti valori tutte le sostanze necessarie al vivere bene e combattere con successo le battaglie con i virus, batteri, anomalie varie del corpo, grasso,,ecc.ecc.

LA CELLULA :I COSTITUENTI CHIMICI

La cellula contiene circa trenta elementi chimici, i quali costituiscono tutta la materia vivente dell'organismo umano. Inoltre, il 99% circa della massa cellulare è composto da sette di questi elementi: ossigeno, carbonio, idrogeno, azoto, calcio, fosforo, zolfo. Gli altri elementi, pur presenti in misura minore, sono comunque indispensabili al funzionamento cellulare. Ossigeno e idrogeno sono presenti soprattutto come componenti dell'acqua, la sostanza più abbondante nella cellula (costituisce circa il 70% del peso cellulare). Alcuni elementi (sodio, potassio, calcio, magnesio) sono presenti nei sali minerali, soprattutto in forma elettrolitica (gli ioni inorganici). Le altre sostanze che si trovano nella cellula possono essere suddivise in due categorie generali, secondo le dimensioni e la struttura: polimeri (macromolecole) e monomeri (piccole molecole organiche). I monomeri sono generalmente costituiti da meno di cinquanta atomi; in questo gruppo si trovano carboidrati semplici, lipidi, aminoacidi, nucleotidi, vitamine. I polimeri sono tipici della materia vivente; a questo gruppo appartengono carboidrati complessi, proteine, acidi nucleici.
La struttura dei carboidrati (detti anche glicidi, glucidi o zuccheri) è costituita da atomi di carbonio, ossigeno e idrogeno (idrogeno e ossigeno sono presenti nel rapporto di due a uno). I carboidrati sono la fonte primaria dell'energia a livello cellulare. Da un punto di vista chimico possono essere divisi in monosaccaridi, disaccaridi e polisaccaridi. I primi sono costituiti da una molecola che contiene da tre a sette atomi di carbonio, i secondi sono invece formati dall'unione di più monosaccaridi (due, tre o quattro). I polisaccaridi sono composti dall'unione di più di quattro monosaccaridi. Il glucosio è il monosaccaride più importante: la cellula ricava energia scindendolo in anidride carbonica e acqua. Inoltre rientra nella composizione della maggior parte dei polisaccaridi, come il glicogeno, la sostanza di riserva immagazzinata dall'organismo.
I lipidi (grassi) sono componenti della struttura delle membrane cellulari e vengono utilizzati anche come riserva energetica. I principali componenti dei lipidi sono gli acidi grassi, molecole composte da una parte idrosolubile e una insolubile in acqua. Tipicamente, i lipidi si trovano nella cellula sotto forma di trigliceridi, formati dall'unione di tre molecole di lipidi e una di glicerolo. Il vantaggio principale dei lipidi è che dalla loro demolizione l'organismo ricava il doppio dell'energia ricavata dal glucosio. Nelle membrane cellulari i lipidi assumono la forma di fosfolipidi; sono composti da lipidi con l'aggiunta di fosforo e azoto. Un altro gruppo di lipidi importante per l'organismo è rappresentato dagli steroidi, come il colesterolo, gli ormoni sessuali (testosterone, progesterone, estradiolo), il cortisolo, l'aldosterone.
Gli aminoacidi sono i monomeri che costituiscono le proteine; sono formati da un gruppo aminico (NH2) e da un gruppo carbossilico (COOH). L'unica eccezione è rappresentata dalla prolina, che contiene un gruppi iminico (NH). Si possono suddividere gli aminoacidi in base alla carica elettrica e all'affinità per l'acqua della loro catena laterale; si hanno perciò gli aminoacidi con carica positiva o negativa, neutri polari (idrofilici senza carica) e neutri apolari (idrofobi e senza carica). I polimeri sono costituiti da aminoacidi che vengono uniti mediante un legame peptidico con liberazione di una molecola d'acqua. Sono elementi costituivi delle proteine e hanno perciò un ruolo fondamentale nella vita di cellule e tessuti, sia da un punto di vista energetico, sia strutturale.
Le proteine possono essere costituite da un solo polipeptide (una catena lineare di aminoacidi) o da una catena di polipeptidi (il caso più frequente). Da un punto di vista strutturale, le proteine presentano quattro livelli: struttura primaria (sequenza di aminoacidi e localizzazione dei legami forti), struttura secondaria (ripiegamento della catena con formazione di strutture regolari), struttura terziaria (ripiegamento di più strutture secondarie a formare combinazioni stabili), struttura quaternaria (insieme di catene unite da legami deboli in una singola proteina, come nel caso dell'emoglobina). Le proteine possono essere suddivise anche in globulari (di forma sferica o ellissoidale) e fibrillari (forma allungata); svolgono funzioni fondamentali strutturali o di sostegno (quelle fibrillari, come cheratina, collagene, elastina, miosina) oppure vengono utilizzate all'interno delle membrane cellulari, del citoplasma e dei liquidi organici (quelle globulari, come gli enzimi, le immunoglobuline, l'emoglobina). Gli enzimi sono particolarmente importanti; sono proteine che stimolano reazioni chimiche specifiche, ma non vengono modificate da queste reazioni.
I nucleotidi sono i componenti degli acidi nucleici (Dna e Rna), ossia delle macromolecole deputate alla conservazione delle informazioni biologiche. Sono formati dalla base azotata (atomi di carbonio e azoto), da uno zucchero, dai fosfati (sali di acidi fosforici). I due acidi nucleici contengono due zuccheri differenti: nel Dna si trova il desossiribosio, nell'Rna il ribosio; sono inoltre costituiti da basi azotate puriniche e pirimidiniche. Alle purine appartengono adenina e guanina (costituite da due anelli appaiati), alle pirimidine appartengono invece uracile, citosina e timina (sono costituite da un solo anello).
Le vitamine sono un insieme di sostanze diverse fra loro; sono necessarie alla sopravvivenza delle cellule e vengono utilizzate in piccole quantità dall'organismo. Le vitamine vanno introdotte mediante l'alimentazione; infatti la loro caratteristica principale è che l'organismo non è in grado di produrle autonomamente (se non in quantità insufficienti, in qualche caso). Generalmente una dieta equilibrata è in grado di soddisfare le esigenze vitaminiche del corpo umano. Vengono divise in due grandi gruppi a seconda che siano solubili in acqua (idrosolubili) o nei grassi (liposolubili). Non forniscono energia, ma svolgono una funzione essenziale di bioregolazione per i processi fondamentali della vita e le reazioni chimiche delle cellule.
Cosmetica tossica

I cosmetici contengono centinaia di sostanze tossiche. Tra queste, i Parabeni sono sospettati di essere cancerogeni.
Tra le sostanze potenzialmente pericolose, voglio citare i parabeni, utilizzati come conservanti. Sono presenti come metyl-, ethyl-, butyl-, propyl- paraben e sono seriamente sospettati di essere cancerogeni. Lo sarebbero soprattutto quando vengono applicati sulla pelle. L'assorbimento cutaneo, infatti, trasformerebbe queste molecole in una forma attiva cancerogena.
I parabeni fanno parte di un vasto gruppo di sostanze chimiche denominate xenoestrogeni o "disruttori ormonali", sostanze estranee all'organismo capaci di imitare gli estrogeni, che sono potenti stimolanti della crescita e della trasformazione maligna delle cellule mammarie. Come altri xenoestrogeni, i parabeni una volta nei tessuti umani possono rimanervi per decenni, agire indisturbati e provocare malattie a distanza di 20-30 anni. Alcuni studiosi sono
convinti che l'enorme presenza di xenoestrogeni nell'ambiente e nella catena alimentare sia una delle cause del tumore alla mammella (aumentato negli ultimi decenni), delle cisti ovariche, dell'endometriosi, dell'infertilità delle coppie (1 coppia su 5 ha problemi di fertilità e nel 50% dei casi l'origine è maschile) e del cancro ai testicoli (aumentato del 3% negli ultimi anni). I pesticidi presenti nell'alimentazione sono anch'essi dei "disruttori ormonali".

Se andate in un supermercato, in profumeria, in farmacia o in erboristeria noterete che la maggior parte dei cosmetici e dei prodotti per l'igiene contengono parabeni. La cosa raccapricciante è che si trovano anche in molti prodotti cosiddetti "naturali" o spacciati per "ecologici". I parabeni sono nelle creme per il viso, negli struccanti, nei detergenti intimi, nei deodoranti, nei dentifrici e negli shampoo. Molti prodotti per bambini li contengono. Sono anche nelle creme solari e nei
doposole. Un recente studio giapponese ha dimostrato che con l'esposizione alla luce UV del sole, i parabeni accelerano l'invecchiamento della pelle.
E' incredibile, ma l'industria del cosmetico finanzia la ricerca contro il cancro alla mammella e nello stesso tempo fa soldi
vendendo prodotti che contengono sostanze che il cancro probabilmente lo provocano.
I parabeni sono legalmente autorizzati nell'Unione Europea e l'industria cosmetica giura sulla loro innocuità. Purtroppo,
dagli allarmi dei ricercatori ai provvedimenti restrittivi spesso passano decenni. Gli interessi economici e politici sono sempre enormi. La storia recente è piena di sostanze chimiche (farmaci, pesticidi, insetticidi, additivi alimentari, ecc.) che sono state immesse sul mercato come innocue e poi dopo anni vietate perché risultate tossiche o cancerogene.
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