Psico
 
COLORI E LA PSICOLOGIA

La psicologia dei colori descrive il significato psicologico oggettivo delle varie tonalità.
ROSSO:
E' il principio maschile, attivo; indica il fuoco, la gioia, la festa, l'eccitazione sessuale, rappresenta anche il sangue e le passioni violente. Nell'alchimia rappresenta l'uomo, il sole, lo zolfo, l'oro. Per gli Indiani d'america significa gioia e fertilità.
Ha il significato della vita e del calore. Il sangue è rosso.
Esso provoca ischemia cutanea, perciò si usa nelle ustioni nelle malattie esantematiche. Il rosso si associa con la circolazione sanguigna e con lo sviluppo cellulare, ed è perciò controindicato in caso di tumore. Scalda il corpo e stimola la produzione di sangue. Molto utile in caso di melanconia e depressione. Stimola la liberazione di adrenalina e fa salire di poco la pressione arteriosa. Il rosso rende loquaci, aperti, premurosi, passionali. Molto utile nelle malattie da raffreddamento, nal mal di gola, nella tosse cronica e nell'asma. Utilissimo per trattare paralisi parziali e totali.
GIALLO:
E' il colore che più ricorda il Sole, esprime quindi un movimento di espansione. La scelta del giallo quindi è ricerca del nuovo, del cambiamento, della liberazione dagli schemi. Sinonimo di vivacità, estroversione, leggerezza, crescita e cambiamento. Stimola l'attenzione e l'apprendimento, acuisce la mente e la concentrazione. Stimola la digestione (anoressia, inappetenza, flatulenza, emorroidi interne, eczema). Aiuta ad eliminare le tossine attraverso il fegato e l'intestino.
ARANCIONE:
Nella cultura giapponese e cinese è associato all'amore a alla felicità. E' il colore della crescita, simboleggia il sole nascente, è il colore della gioia. Tendenzialmente aumenta la pressione arteriosa. Rappresenta la vitalità , quindi molto utile in caso di irrigidimenti tipo sclerosi, ateriosclerosi; rigenera il tessuto nervoso e ricarica chi è stanco. Stimola la respirazione profonda (asma).
VERDE:
E' il colore della Natura, del mondo vegetale. Indica immaturità. Per i buddisti rappresenta la vita. E' un colore neutro, rilassante, favorisce la riflessione e la calma. Disintossica e decongestiona l'organismo. E' molto utile in caso di mal di testa, nelle nevralgie e nelle febbri.
E usato in tutte le proliferazioni anomale a livello cutaneo: verruche, nei, tumori.
BLU:
Rappresenta l'intelletto, la verità, la fedeltà, la costanza, Il Blu è il colore della grande profondità, il principio femminile. Per i buddisti rappresenta il Cielo. E' purificante ed è il colore dello spazio. Induce all'introspezione, alla sensibilità, alla calma e serenità. Molto utile in caso di stress, nervosismo, ansia, insonnia, irritabilità e infiammazioni. Ha proprietà antisettiche, astringenti e anestetizzanti. Si usa in tutti i sintomi che sviluppano calore e nei dolori: mal di gola, laringiti, raucedine, febbre, spasmi, reumatismi.
BLU INDACO:
L'indaco è un grande purificatore del sangue e ha una spiccata azione sulla mente. E' un colore molto freddo e astringente. Induce una forte concentrazione mentale. Si usa nella cataratta. Un vestito blu rilassa chi lo indossa. Nell'illuminazione crea spazio ed è molto rilassante.
VIOLA:
Sinonimo di intelligenza, conoscenza, devozione religiosa, santità, sobrietà, penitenza. E' il colore con la maggior frequenza e l'energia più alte dello spettro visibile. Rappresenta la porta dell'aldilà. E' il colore del cervello destro (analogico). Il viola ha una grande influenza sul sistema nervoso: epilessia, meningite, crampi, tumore, debolezza reni. E' rilassante e utilissimo nei traumi del cranio, nell'insonnia.
BIANCO:
Rappresenta la luce, la semplicità, il sole, l'aria, l'illuminazione, la purezza, l'innocenza, la castità, la santità, la sacralità, la redenzione. La luce bianca contiene tutti e sette i colori dell'iride, è vitalizzante, rigenera l'organismo, schiarisce la mente.
GRIGIO:
E' neutro. Simboleggia la depressione, l'umiltà. Indossato pone una barriera tra sé e gli altri. Andrebbe evitato da i paurosi
NERO:
Rappresenta l'oscurità, il vuoto, il male. E' un non-colore, cioè è assenza di colore, e tuttavia viene utilizzato per rendere più densi altri colori. In genere si indossa perché attira, in quanto si rimane nascosti da un velo di mistero. Pone una barriera tra la persona e il mondo. Ha un effetto depressivo.
MARRONE:
Rappresenta il colore della Madre Terra, del legno, per cui si associa alle cose solide e durature. La preferenza di marrone simboleggia mancanza di radici però al contempo aiuta ad essere pratici e non dispersivi. E' ottimo come colore nei pavimenti perché rappresenta la terra, da stabilità.
ROSA:
Rappresenta l'amore e la gentilezza. Agisce in maniera spiccata sul sistema nervoso rilassandolo e migliorando la vista.
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PICCOLI PAZIENTI E LA CROMOTERAPIA

pazienti in radiologia
Jack Law, tre anni, era sempre estremamente nervoso ogni volta che andava all'ospedale per una TAC e doveva ogni volta venire sedato, per risvegliarsi poi diverse ore dopo. Ma le cose possono andare diversamente: Jack è stato il primo paziente a usufruire della prima sala radiologia a "esperienza ambientale", una stanza speciale progettata per tranquillizzare i bambini inaugurata all'Advocate Lutheran General Children's Hospital di Park Ridge (Illinois). Invece della solita sterile luce bianca, le pareti erano decorate da vivaci motivi gialli, rossi, viola, verde e blu: nessuno strumento terrificante e nessun oggetto metallico in vista. L'unica macchina era quella per la TAC, la tomografia computerizzata e sulla parete era proiettato un bel cartone animato. "Pensava di essere al cinema e ha chiesto che gli portassero dei popcorn" ha raccontato Cindy, la madre di Jack. Sei mesi dopo l'inaugurazione, la nuova sala radiologica ha portato a una riduzione della quantità di radiazioni nei giovani pazienti, per i quali la necessità di ripetere la radiografia è sensibilmente diminuita. La nuova sala è ancora in fase sperimentale, ma la clinica spera di pubblicare presto i risultati, per giustificare l'investimento e fornire ai medici le motivazioni per ampliare l'uso di un ambiente così rilassante. Il tentativo di fugare i timori inizia nella sala d'attesa, dove i bambini vengono avviati alla procedura dell'esame tramite l'inserimento di alcuni giocattoli in un tomografo in miniatura. Molti dei bambini che arrivano in ospedale per una TAC presentano tumori o anomalie cerebrali. Sono i bambini a scegliere i cartoni animati o il tema dell'animazione tramite la consegna di una sorta di smartcard. Quando entrano nella sala, fanno scorrere la carta su un sensore e il film viene proiettato sulle pareti ricurve e sul soffitto, completo di audio e colonna sonora. Per Jack Law è stato un cambiamento fondamentale. In passato scongiurava la madre di fare marcia indietro ogni volta che salivano in auto per recarsi in ospedale. Questa volta, invece di essere colto da una crisi di panico e dover essere sedato, Jack è rimasto calmo e ha partecipato alla procedura. La trasformazione di una sala di radiologia si traduce in un aumento dei costi del 10%. Tuttavia i medici di Park Ridge sostengono che ciò che si guadagna è importantissimo. Si tratta essenzialmente di ridurre la paura di un esame per cui è necessario che il paziente stia perfettamente immobile. La somministrazione di sedativi può aggiungere 6-8 ore ai tempi di recupero di una procedura che potrebbe venire conclusa in 15 minuti. Sembra esserci una riduzione del 50% nella somministrazione di sedativi, ha dichiarato J. Karvinen, dirigente di Philips Medical Systems, che ha allestito la sala in collaborazione con altre aziende.
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GLI ADOLESCENTI LA VIOLENZA E IL BULLISMO

Un recente studio ha fornito indicazioni chiare del fatto che gli adolescenti abbandonati a sé stessi per motivi vari come un disagio famigliare sono più inclini ad avere comportamenti aggressivi nel corso della loro vita. In particolare, lo studio ha evidenziato che i giovani esposti all'effetto dell’indifferenza oppure da una violenza subita hanno il doppio delle possibilità rispetto ai loro pari età di commettere delitti gravi nei due anni successivi alla violenza subita.
l'indagine mette in evidenza il fatto che i comportamenti violenti possono essere trasmessi da persona a persona nell'ambito di una comunità. La metafora dell'epidemia della violenza e del bullismo di questi anni non sembra così fuori luogo come si potrebbe pensare. Intervistando centinaia di adolescenti maggiormente nella grandi città. La prima intervista aveva lo scopo di raccogliere informazioni dettagliate su 1517 soggetti fra i 10 e i 17 anni di età. La seconda intervista invece ha riguardato specificamente atti di violenza subiti o di cui i giovani erano stati testimoni.
L'ultima intervista, infine, aveva lo scopo di evidenziare eventuali atti di violenza commessi dai soggetti. Il 23% dei giovani ha risposto di avere subito o visto atti di violenza, mentre il 12% ha ammesso di averne commessi.
Secondo i ricercatori, dai dati emerge che l'esposizione alla violenza e del bullismo raddoppia la tendenza a commetterla nel corso dei due anni successivi. questi risultati dimostrano che esiste una relazione forte di causa ed effetto.
mezzi di comunicazione di massa (IAD)

L’intero studio della comunicazione di massa si basa sulla premessa che questi
hanno effetti importanti, anche se poi i pareri divergono sulla natura e portata di
questi presunti effetti. Ogni giorno ci vestiamo in base alle previsioni meteo, facciamo acquisti suggestionati da una pubblicità, andiamo a vedere un film recensito su un giornale, reagiamo alle notizie, ai film, alla musica trasmessa dalla radio, e così via. Esistono molti casi documentati di pubblicità negativa che hanno prodotto cambiamenti significativi nel comportamento dei consumatori.
La nostra mente è colma di informazioni e impressioni ricavate dai mezzi di
comunicazione. Viviamo in un mondo saturo di suoni e immagini, dove la
politica, il governo e l’economia operano dando per scontato che sappiamo ciò che
accade nel mondo intorno a noi. Pochi di noi possono ricordare un caso in cui si sono formati un’opinione o hanno ottenuto un’informazione importante senza i media.
LE QUATTRO FASI NELLA STORIA DELLA RICERCA E DELLE TEORIE DEGLI EFFETTI DEI MEDIA
Si potrebbe dire che l’evoluzione della riflessione sugli effetti sociali dei media abbia
avuto una sua “storia naturale”, nel senso che è stata fortemente plasmata dalle
circostanze di tempo e di spazio e influenzata da numerosi fattori “ambientali”, quali
gli interessi dei governi e dei legislatori, il mutamento tecnologico, gli avvenimenti
storici, le attività di gruppo di pressione e della propaganda, le preoccupazioni delle
pubblica opinione e anche i reperti e le mode delle scienze sociali.
media onnipotenti
Nella prima fase, che va dai primi del Novecento alla fine degli anni Trenta, ai media
si attribuiva il potere quasi assoluto di formare la pubblica opinione, di cambiare le
abitudini e di modellare il comportamento secondo la volontà di coloro che
detenevano il controllo dei mezzi e dei loro contenuti.
In Europa l’uso dei media da parte degli inserzionisti, della propaganda bellica e delle dittature sembrava confermare ciò che la gente era già portata a credere e cioè che i media potevano essere onnipotenti.
Sulla base di queste convinzioni ebbe inizio una ricerca sistematica che utilizzava i
sondaggi e i metodi sperimentali con il fine di migliorare i media o utilizzarli per fini
“sociali” come l’educazione delle masse, la lotta ai pregiudizi o l’informazione del
pubblico.
la verifica della teoria dei media onnipotenti
Il passaggio dall’indagine empirica portò a una seconda fase della riflessione
sull’effetto dei media. Il suo inizio è ben documentato dalla serie di studi del Payne
Fund negli Stati Uniti dei primi anni Trenta. Furono condotti molti studi sulla
possibilità di usare il cinema e altri media per pianificare l’informazione e la
propaganda sulle campagne elettorali o sulla valutazione dei possibili effetti nocivi
dei media riguardo alla delinquenza, al pregiudizio e all’aggressività.
A mamo a mano che si sviluppavano nuove metodologie la natura della ricerca e i
reperti e la teoria proponevano nuove variabili da analizzare. Inizialmente i
ricercatori distinsero i possibili effetti secondo caratteristiche sociali e psicologiche;
in seguito usarono variabili relative all’influenza dei contatti personali e
dell’ambiente sociale, e quindi studiarono le motivazioni all’esposizione dei media.
La diffusa delusione per i risultati di questo tipo di ricerche portò alla convinzione di
senso comune che assegnava un ruolo molto più modesto ai media nel provocare
effetti intenzionali o involontari.
Chi era spinto a utilizzare o controllare i media per motivi commerciali o politici
sentiva di non poter tranquillamente accettare il messaggio di relativa impotenza dei
media che veniva dalla ricerca.
la riscoperta del potere dei media
Nella terza fase della teoria si continuò a cercare i possibili effetti dei media, ma in
base a concezioni aggiornate dei processi sociali e mediali in gioco. All'’nizio la
ricerca aveva adottato un modello (mutuato dalla psicologia) in cui si cercavano
correlazioni tra il grado di “esposizione” agli stimoli mediali e i cambiamenti ( o le
variazioni) misurabili di atteggiamento, di opinione, informazione o comportamento.
La rinascita della ricerca sugli effetti dei media fu segnata da uno spostamento
dell’attenzione sul cambiamento a lungo termine, sulle cognizioni anziché sugli
atteggiamenti e le emozioni, sulle variabili intervenienti di contesto, disposizione e
motivazione, e sui fenomeni collettivi come l’opinione pubblica, le credenze, le
ideologie, gli schemi culturali e le forme istituzionali di offerta dei media. Inoltre,
questa ricerca seppe sfruttare l’interesse crescente per come le organizzazioni mediali elaboravano e modellavano il “contenuto” prima di metterlo a disposizione del pubblico.
Noelle-Neumann coniò lo slogan di un ritorno all’idea dei media potenti anche
“grazie” all’esplosione del pensiero politico di sinistra negli anni ’60 individuando
nei media un potente fattore di legittimazione e controllo nell’interesse dello stato
capitalistico o burocratico.
l’influenza negoziata dei media
Lo studio dei testi mediali, a partire dalla fine degli anni ’70, favorì un nuovo
approccio al problema degli effetti dei media che si può etichettare come
costruttivismo sociale. Questo approccio si basava sullo sviluppo di una visione dei
media come capaci di incidere sulla realtà costruendo significati e offrendo
sistematicamente questi costrutti al pubblico, che, con forme diverse di negoziazione, li incorpora nelle strutture personali di significato spesso modellate da precedenti identificazioni collettive.
La nuova posizione conserva alcuni punti di contatto con la vecchia teoria dei media
onnipotenti, tra cui, la teoria dell’ideologia e falsa coscienza, la teoria della
coltivazione di Gerbner e le ipotesi avanzate da Noelle-Neumann nella sua teoria
della “spirale del silenzio”.
Il paradigma degli effetti che ne emerge ha due punti di forza: innanzitutto, che i
media costruiscono forme sociali e la storia stessa strutturando le immagini della realtà secondo un modello prevedibile;
che i membri del pubblico costruiscono una loro visione della realtà sociale e
della loro collocazione in essa, in interazione con le costruzioni simboliche offerte dai
media.
L’approccio considera sia il potere dei media sia quello della gente di scegliere, per
così dire, un terreno di continua negoziazione.
Ormai sono moltissimi gli studi che adottano questa prospettiva, con l’attenzione
rivolta a a come i media interagiscono con importanti movimenti attivi nella società.
La von Zoonen spiegò così il suo punto vi vista circa il “costruttivismo sociale” dopo
aver effettuato una ricerca sul movimento femminista nei Paesi Bassi: “i media non si limitano a trasmettere i messaggi e le attività del movimento (femminista), ma lo
fanno in modo selettivo; non è tanto la trasmissione di una idea ma una
“particolare costruzione delle idee e attività del movimento”, influenzata da
innumerevoli negoziazioni e conflitti all’interno delle redazioni. L’immagine mentale
del movimento è il risultato di una complessa interazione tra movimento e media che
porta ad una certa identità e definizione pubblica.
LIVELLI E TIPI DI EFFETTI
Gli effetti dei media sono semplicemente le conseguenze dell’attività, intenzionale o
meno, dei mezzi di comunicazione di massa.
L’espressione “il potere dei media”, riguarda la loro efficienza nel raggiungere
un certo obiettivo e implica in ogni caso intenzionalità ad obiettivo prestabilito.
In genere, si distingue tra effetti cognitivi (che investono il sapere e le opinioni),
effetti sugli atteggiamenti e sui sentimenti ed effetti sul comportamento.
Esistono, però, altri modi di distinguere fra tipi di effetti dei media.
Klapper distingueva tra conversione, piccolo cambiamento e rinforzo, cioè
cambiamento di opinione secondo gli intendimenti del comunicatore; cambiamento di
forma o intensità di cognizioni, opinioni o comportamenti; conferma da parte del
ricevente di un’opinione, convinzione o comportamento preesistenti.
I media possono:
• causare un cambiamento voluto (conversione);
• causare un cambiamento involontario;
• causare un piccolo cambiamento;
• agevolare il cambiamento (intenzionale o meno);
• rinforzare l’esistente ( nessun cambiamento);
• impedire il cambiamento.
Ognuno di questi cambiamenti può avere effetti a livello individuale, collettivo,
istituzionale o culturale.
I tipi di effetto si spiegano da sé, mentre agevolare il cambiamento significa il ruolo
di mediazione dei media nella costruzione dei significati e dei processi più generali di
cambiamento della società, in sintonia con il paradigma più recente dell’effetto dei
media (quarta fase). I due tipi che comportano l’assenza di ogni effetto implicano
differenti concezioni dei processi mediali. Nel caso di un individuo, il rinforzo è una
probabile conseguenza dell’attenzione selettiva e persistente da parte del ricevente a
contenuti che siano congruenti con le opinioni preesistenti.
Impedire il cambiamento, invece, significa l’offerta intenzionale di contenuti
unilaterali o ideologici per spingere un pubblico al conformismo. Spesso indica
semplicemente la ripetizione di opinioni accettate da tutti e l’assenza di ogni
contraddittorio. L’effetto “nullo” dei media, di cui abbiamo non poca evidenza
empirica, richiede di essere discusso per le sue conseguenze a lungo termine. In
realtà, si tratta di un’espressione abbastanza fuorviante perché qualsiasi cosa che
alteri l’eventualità di una diffusione di opinioni o di credenze è un intervento nel
processo sociale e, quindi, un effetto.
Ecco spiegati i vari effetti:
• Propaganda: è il tentativo deliberato e sistematico di manipolare la percezione, il
pensiero e il comportamento per ottenere una risposta in accordo con gli obiettivi
del propagandista.
• Risposta individuale: il processo attraverso cui gli individui cambiano, o
resistono, quando si espongono a messaggi tesi a influenzare l’atteggiamento, le
conoscenze o il comportamento.
• Campagna di comunicazione: la situazione in cui diversi media vengono
utilizzati in modo organico per convincere o informare una data popolazione.
Esempi sono la politica, la pubblicità commerciale, la raccolta di fondi e
l’informazione pubblica in tema di salute e sicurezza.
• Acquisizione di informazione: l’effetto cognitivo a breve termine
dell’esposizione alle notizie veicolate dai media, misurato dai test di ricordo,
riconoscimento e comprensione.
• Agenda setting: il processo attraverso cui l’attenzione prestata ai temi o alle
questioni presentati dalla copertura informativa influenza l’ordine della
consapevolezza pubblica delle tematiche e la loro attribuzione di importanza.
• Framing: si riferisce all’influenza sul pubblico da aprte delle prospettive e delle
cornici interpretative entro cui vengono contestualizzati le notizie e i resoconti
degli eventi.
• Reazione individuale: le conseguenze impreviste dell’esposizione individuale a
uno stimolo mediale. Tale reazione prende solitamente forma di imitazione e
apprendimento, specialmente di atti aggressivi o devianti, ma anche di idee e
comportamenti “buoni”.
• Reazione collettiva: gli effettui individuali menzionati prima coinvolgono più
persone contemporaneamente in una situazione comune, che sfocia in un’azione
collettiva, in genere di tipo non regolato e non istituzionale. Paura, ansia e collera
sono le reazioni più forti, che possono generare panico o disordine sociale.
• Promozione dello sviluppo: la diffusione pianificata di innovazioni per favorire
lo sviluppo a lungo termine (come nei paesi del terzo mondo), utilizzando
campagne e altre tecniche di persuasione, specialmente la rete interpersonale e la
struttura di autorità della comunità o della società.
• Diffusione dell’informazione: la diffusione della conoscenza di particolari
eventi- notizia in una data popolazione nel corso del tempo, con particolare
riferimento al grado di penetrazione e ai mezzi con cui si ricevono le informazioni
(fonti personali/mediali).
• Distribuzione del sapere: gli effetti delle notizie e delle informazioni sulla
distribuzione del sapere tra i gruppi sociali.
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• Socializzazione: il contributo informale dei media all’apprendimento e adozione
di norme, valori e aspettative di comportamento in particolari ruoli e situazioni
sociali.
• Controllo sociale: riguarda le tendenze sistematiche a far rispettare un ordine
stabilito o un modello di comportamento.
• Impatto sugli eventi: riguarda il peso dei media nello sviluppo dei grandi
avvenimenti “critici” quali rivoluzioni, le grandi crisi politiche nazionali, la
guerra, la pace.
• Definizione della realtà e costruzione del significato: un processo simile al
controllo sociale, ma che se ne distingue perché riguarda, più che i
comportamenti, le strutture cognitive, e i frames interpretativi e perché richiede
una partecipazione più o meno attiva dei riceventi nella costruzione dei propri
significati.
• Cambiamento istituzionale: l’adattamento delle istituzioni agli sviluppi dei
media, specialmente quelli che influenzano le loro funzioni comunicative.
• Mutamento culturale: i cambiamenti di valori, comportamenti e forme
simboliche tipiche di un dato segmento della società, di un’intera società o di
diverse società.
• Effetti sull’integrazione sociale: l’integrazione può essere osservata a vari livelli,
come la comunità locale o la nazione, che corrispondono anche alle aree di
distribuzione dei media.
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LA TELEDIPENDENZA
La Dott.ssa Monica Monaco ci mostra il problema della teledipendenza.
“La diffusione della televisione tra gli strumenti di comunicazione di massa ha
gradualmente trasformato le abitudini quotidiane di molte persone. la televisione e' entrata nelle case come un bene di lusso, in possesso di pochifino ad arrivare ad bene di largo consumo e alla portata di tutti occupando inizialmente il tempo libero.
L'utilizzo di questo mass media si è guadagnato un posto di primo piano tra le attività quotidiane più diffuse, uno spazio che qualche volta finisce per trasformarne l'uso in abuso da parte di chi ne usufruisce per intere giornate( spesso le casalinghe) , lasciando poco spazio ad un atteggiamento critico di fronte ai contenuti ricevuti.
Alle radici della teledipendenza
La Tv, sempre più spesso, è additata come responsabile di numerose conseguenze
negative sul pubblico e dell'origine di numerosi mali che affliggono la nostra attuale
società. Ciò tuttavia non può far dimenticare i suoi meriti e le sue capacità
informative e, indubbiamente, non si può attribuire ad essa tutta la responsabilità
della crescita, negli ultimi anni, del fenomeno della teledipendenza.
Come ogni strumento di comunicazione, anche la televisione può essere utilizzata
bene o male e può diventare oggetto da cui dipendere quando si ricercano
soddisfazioni ai propri bisogni e quando, in una società come quella attuale, si assiste
a numerose crisi delle istituzioni che hanno finito per delegare a questo mezzo di
comunicazione compiti che non dovrebbe svolgere e per i quali la televisione non è
stata progettata adeguatamente.
La teledipendenza, come molte altre moderne forme di dipendenza, rappresenta
infatti il prodotto dell'incontro tra alcuni moderni fattori psico-sociali e determinati
fattori comportamentali; i primi predispongono un terreno fertile su cui si possono
sviluppare comportamenti errati che possono degenerare in diverse forme di
dipendenza che, qualche volta, si ritrovano co-presenti nella stessa persona.
Quando sono presenti moderne dipendenze come quella dal mezzo televisivo, infatti,
si possono ritrovare anche altre forme di cosiddette "dipendenze senza sostanze" che
spesso si associano ad essa, come la dipendenza da Internet o la dipendenza dagli
acquisti, magari di prodotti pubblicizzati attraverso la stessa Tv (Alonso-Fernandez
F., 1999).Tra i secondi assumono grande rilevanza nello sviluppo della
teledipendenza due atteggiamenti comportamentali: il Teleabuso e la Telefissazione.

Il Teleabuso
Si intende fare riferimento ad una contemplazione quantitativamente eccessiva della
televisione, che viene esercitata in modo regolare, sistematico e quotidiano. A questo
proposito occorre sottolineare quanto l'ingresso tra le abitudini quotidiane di tutti
dell'uso della televisione abbia reso difficile tracciare la linea di confine tra utilizzo
normale della televisione e suo abuso, che può predisporre alla teledipendenza.
La Telefissazione
E' un'altra fonte comportamentale di propensione alla teledipendenza e coincide
generalmente con una tendenza alla contemplazione anomala della televisione, in
stanze semibuie, con un atteggiamento silenzioso e immobile, da soli o ignorando le
persone presenti.
Il comportamento descritto è estremamente determinante nell'etiologia della
teledipendenza, in quanto comporta una propensione a lasciarsi catturare
completamente dal messaggio televisivo, che può diventa facilmente "ipnotico".
Il potere conferito allo strumento di comunicazione televisivo, attraverso questo
"atteggiamento passivo di fissazione", raddoppia le potenzialità naturalmente
ipnotiche della televisione, che possiede l'intrinseca capacità di saturare tutti i nostri
canali sensoriali, creando una situazione di sovraccarico che è un'ottima base per
ottenere facilmente una, più o meno lieve, alterazione dello stato di coscienza
(Gamberoni G., 2002).
Quest'ultima non deve essere considerata né una violenza televisiva, né uno stato
negativo, ma può diventarlo se abitualmente diviene una condizione psicologica che
media i messaggi televisivi che, in questo stato, non vengono controllati e selezionati
attivamente.
Il linguaggio televisivo comprende infatti immagini, suoni e sensazioni che possono
impegnare tutti i nostri sensi e, soprattutto in soggetti predisposti e in condizioni
ambientali adeguate come la penombra e il silenzio che inducono naturalmente uno
stato crepuscolare, possono attivare una "confusione sensoriale" che attiva la parte
emotiva del nostro cervello (l'emisfero destro), lasciando meno spazio alle aree del
pensiero razionale.
Per le stesse ragioni esposte, un comportamento altrettanto errato è quello della
"Fissazione Anomala", ossia quello costituito dall'abitudine di guardare la
televisione mentre si svolgono altre attività intellettuali, non tanto perché si possono
limitare queste ultime, bensì per il rischio di mantenere troppo impegnato l'emisfero
cerebrale sinistro, deputato alla logica e alla critica e molto utile nel filtrare i
messaggi ricevuti dalla TV.
Le differenze individuali nella suggestionabilità televisiva, la frequente presenza di
televisione anche nei locali pubblici frequentati ed il suo utilizzo quotidiano per
diverse ore, rendono sempre molto difficile comprendere quando si stia abusando
della tv e quando si sia soggetti inconsapevolmente alla telefissazione.
La difficoltà maggiore nell'individuare i comportamenti di vera e propria
teledipendenza sta poi nella iniziale tendenza a negare il problema da parte di chi vi è soggetto in prima persona.
Riconoscere la dipendenza televisiva
Esistono degli indicatori qualitativi e quantitativi importanti per comprendere se il
consumo del mezzo di comunicazione televisivo è eccessivo, di cattiva qualità e se,
rispondendo ad alcuni bisogni psicologici, rischia di sfociare persino in una vera e
propria dipendenza.
L'abuso e la Telefissazione, infatti, non coincidono direttamente con la
Teledipendenza, che si manifesta con una serie di comportamenti simili ad una vera e propria dipendenza da una sostanza e con la presenza persino di crisi di astinenza in assenza del suo consumo.
Principali segni di teledipendenza:
Abuso televisivo, con contemplazione della TV superiore alle 2-3 ore quotidiane
Telefissazione o Fissazione Anomala;
Euforia o esaltazione nella contemplazione delle immagini televisive dei programmi
preferiti;
Riduzione delle attività di svago alternative alla visione televisiva;
Rarefazione dei rapporti sociali, con apatia di fronte ad inviti allettanti e sostituzione
della comunicazione con i presenti con consumo di programmi televisivi, sui quali
non si tollera l'interferenza e il commento;
Appiattimento delle capacità critiche e passività mentale di fronte ai contenuti
mediati dalla tv;
Confusione tra realtà e descrizione televisiva della realtà, con accettazione di quanto
detto in televisione come realtà assoluta e superiore alle altre (ricorrenti affermazioni
di certezze, durante le conversazioni, testimoniate da frasi come "l'hanno detto in
televisione!");
Crisi di astinenza con nervosismo, irritabilità e agitazione ansiosa, nel momento in
cui il soggetto non ha disponibile una televisione o tenta di resistere all'impulso di
accenderla;
Desiderio di acquistare prodotti pubblicizzati attraverso il mezzo televisivo;
Preoccupazione abnorme e ricorrente associata a notizie apprese in televisione.
La teledipendenza non è un fenomeno tutto-o-nulla, che o è presente o non lo è.
Spesso esistono manifestazioni intermedie, legate alle caratteristiche di personalità di un individuo, in cui l'astinenza si manifesta in modo più contenuto e più come
sofferenza interiore. In altri casi il problema può comportare comportamenti eclatanti e irrazionali come l'affitto di un televisore o la richiesta di un "prestito televisivo" ad un amico, nei casi di guasto al proprio apparecchio televisivo, o anche il consumo contemporaneo di più programmi con diversi apparecchi televisivi.
Inoltre, non tutti i teledipendenti sono uguali perché, sebbene i fattori comportamentali che predispongono alla teledipendenza siano sempre presenti,
esistono delle differenze individuali legate ai motivi psico-sociali che hanno
alimentato questo tipo di comportamento, intrecciandosi alla storia individuale della
persona che ne è vittima.
Infatti, mentre alcune persone non tollerano alcun tipo di interferenza nel corso di
programmi televisivi che rappresentano fonte di modelli da apprendere o strumenti
per soddisfare virtualmente i propri bisogni frustrati, altri utilizzano la teledipendenza
per vincere la solitudine e sono meno interessati ai contenuti veri e propri, ponendo
maggiore attenzione alla compagnia virtuale nella quale consentono con piacere le
interferenze di amici reali.
I comportamenti descritti come sintomi della dipendenza televisiva lasciano
chiaramente intendere come siano naturalmente predisposte alla teledipendenza le
persone che hanno una storia personale connotata da una rete sociale reale ridotta o di cui fruiscono poco.
Questo spiega perché le "categorie maggiormente a rischio" siano gli anziani, le
persone con insicurezze relazionali o che per particolari ragioni (stanchezza
lavorativa, esigenze emotive o personali di stare soli per un periodo…) riducono
i contatti relazionali con il mondo esterno.
Inoltre, esistono due rischi importanti che la teledipendenza, come l'abuso televisivo,
porta con sé: la predisposizione ad altre moderne dipendenze nei confronti delle quali la televisione può svolgere un'azione induttiva (es. dagli acquisti o dal sesso) e la vulnerabilità alle notizie catastrofiche, con conseguente propensione a lasciarsi
coinvolgere nelle psicosi collettive, come la paura del contagio di alcune malattie o il
terrore di guerre e catastrofi imminenti (Ricciardi M., 2003).”
Il primo sintomo della sindrome della "teledipendenza" è la rarefazione dei rapporti
personali. Mentre un tempo la gente era solita incontrarsi di sera o durante il giorno,
oggi ciò accade sempre meno frequentemente. Si preferisce guardare la TV che non
invitare un amico a casa: non servono sforzi per accoglierlo degnamente, non occorre partecipare attivamente a discussioni. Lo stesso discorso vale anche nell’ambito familiare: a cena, invece di discutere sulla giornata passata o sui problemi della famiglia, si preferisce stare muti guardando un film…
Altro sintomo, non meno importante, è la manipolazione delle coscienze.
Conseguentemente alla costante presenza della televisione nella vita di un persona, la morale di quest’ultima viene dettata ed influenzata dai messaggi televisivi in maniera molto efficace: una mamma si sente in colpa per aver preferito un formaggino meno costoso invece di quello pubblicizzato in TV, che secondo gli spot è il migliore; un uomo crede, anche se inconsciamente, che, utilizzando il dopobarba reclamizzato in televisione, sarà più virile ed avrà più successo nella vita; un ragazzo, vedendo in televisione che ogni persona "con carattere" fuma, anche se è perfettamente conscio degli effetti nocivi sulla salute che hanno le sigarette, inizia a fumare egli stesso, pur di non apparire di fronte ai suoi coetanei come un inferiore. Sono solo alcuni semplici esempi dell’incredibile efficacia che la televisione può avere nel manipolare il nostro subconscio – inconscio. A questo concetto può essere legato anche quello di televisione come mezzo incentivante al conformismo. Se tutti noi vediamo le stesse cose e con lo stesso punto di vista siamo disposti ad allineare il nostro pensiero su un fronte comune. Le idee personali ed originali non sono più accettate come prima, perché troppo distanti dal pensiero della massa. Chi non si veste allo stesso modo dei suoi simili, non parla il loro linguaggio e non fa le stesse cose, è purtroppo visto come un diverso da escludere dal gruppo.
Grazie alla possibilità di far ciò che si vuole far vedere e dire ciò che si vuole dire, la
TV riesce anche a deformare la realtà. I telegiornali, i film ed i documentari
espongono solo la parte che interessa rispetto al globale, e quindi allo spettatore
passivo viene mostrata solo un faccia della realtà. In questo modo il messaggio che si vuole lanciare sarà molto più efficace di uno che si disperde a descrivere la totalità di un fatto.
Tutte queste caratteristiche senz’altro negative vengono accomunate dal concetto di
"teledipendenza". La media delle ore trascorse guardando televisione varia dalle 3
alle 6 ore, a seconda della fascia di età e dal livello culturale. Molti soggetti sentono
una fastidiosa sensazione di "vuoto", di non realizzazione quando vengono privati del televisore. A volte si è disposti a vedere anche le cose più banali, pur di non
ammettere che la TV, a volte, è meglio spegnerla.
Naturalmente non si può solamente screditare in mezzo cosi importante come la
televisione elencandone solo le caratteristiche negative. Dobbiamo ricordare che è
grazie alla TV che negli anni 50 – 60 l’Italiano si è potuto diffondere in tutta la
nazione. Prima di questa data, infatti, era solo, come disse Mettenich, "un’espressione geografica": non era presente una lingua parlata da tutti, non esisteva una forte identità nazionale, a differenza degli altri paesi europei. Tutto ciò si è potuto ottenere in gran parte per merito della televisione.
Oggi poi non si potrebbe immaginare un villaggio globale senza televisione, che
diffonde notizie ed informazioni in tempo reale.
Ecco quindi che, come tutti gli strumenti, anche la TV ha lati positivi e negativi.
Sarebbe difficile eliminare i difetti andando ad agire direttamente sul mezzo
televisivo, che, per la sua conformazione, più di una certa misura non può essere
cambiato. Bisognerebbe invece agire sulla società in generale, cercando di modificare la cultura dell’immagine a tutti i costi e convincere la gente ad avere un visione globale e non unidirezionale di ciò che la circonda.
Verso la tele-indipendenza: prevenzione, limitazione e cura della teledipendenza
A questo punto si possono tracciare alcune regole che possono aiutare a stabilire un
rapporto equilibrato nella fruizione della televisione, al fine di prevenire o ridurre la
teledipendenza, soprattutto se si ritiene di rientrare nelle "categorie a rischio", anche
temporaneamente.
Le stesse regole sono utili per migliorare il consumo televisivo nell'infanzia, affinché
la tv non diventi quello che è stato più volte chiamato provocatoriamente "il terzo
genitore", nonché per limitare gli effetti negativi che si associano all'abuso televisivo,
tra i quali i più noti sono la passività mentale, il pensiero sintetico, l'obesità, la
propensione ad imitare modelli inadeguati e le fobie di eventi catastrofici (D'Amato
M., 1997).
Regole per prevenire o ridurre gli effetti della teledipendenza:
Limitare la dose massima di esposizione giornaliera televisiva a due-tre ore. Nei
bambini è importante la mediazione degli adulti nella codifica dei messaggi televisivi
Evitare ogni forma di Telefissazione o di Fissazione Anomala della tv, guardando la
televisione con una idonea postura e luminosità, senza svolgere contemporaneamente lavori intellettuali avere altri hobbies alternativi e lasciare spazio ad attività creative e attive nel corso della settimana Mantenere attivi i contatti sociali Confrontare le notizie televisive con quelle provenienti da altre fonti, mantenendo un atteggiamento logico e una visione globale dei fenomeni
Quanto detto fino a questo momento consente di comprendere come la
teledipendenza possa rappresentare un fenomeno temporaneo o semplicemente il
risultato di abitudini sbagliate e di modalità compensatorie con cui si affrontano
alcuni bisogni personali.
In alcuni casi è possibile regolare le proprie abitudini autonomamente per far
scomparire il fenomeno nel giro di poco tempo, lasciando spazio anche ad altre
attività più creative.
In altri casi, soprattutto quando questa dipendenza si associa ad altre, diventa
necessario un trattamento specifico che può richiedere anche un cambiamento globale delle proprie abitudini di vita.

L’INTERNET DIPENDENZA
La dipendenza da Internet o Internet dipendenza, meglio conosciuta nella letteratura
psichiatrica con il nome originale inglese di Internet addiction disorder (IAD), è un
disturbo compulsivo.
La dipendenza da Internet o Internet addiction è in realtà un termine piuttosto vasto
che copre un'ampia varietà di comportamenti e problemi di controllo degli impulsi.
Secondo il Center for Online Addiction statunitense sono stati infatti riconosciuti 5
tipi specifici di dipendenza da Internet:
1. Dipendenza cibersessuale (o dal sesso virtuale): gli individui che ne soffrono
sono di solito dediti allo scaricamento, all'utilizzo e al commercio di materiale
pornografico online, o sono coinvolti in chat-room per soli adulti.
2. Dipendenza ciber-relazionale (o dalle relazioni virtuali): gli individui che
ne sono affetti diventano troppo coinvolti in relazioni online o possono intraprendere
un adulterio virtuale. Gli amici online diventano rapidamente più importanti per
l'individuo, spesso a scapito dei rapporti nella realtà con la famiglia e gli amici. In
molti casi questo conduce all'instabilità coniugale o della famiglia.
3. Net Gaming: la dipendenza dai giochi in rete comprende una vasta categoria
di comportamenti, compreso il gioco d'azzardo, i videogame, lo shopping e il
commercio online ossessivo. In particolare, gli individui utilizzeranno i casinò
virtuali, i giochi interattivi, i siti delle case d'asta o le scommesse su Internet, soltanto
per perdere importi eccessivi di denaro, arrivando perfino ad interrompere altri doveri
relativi all'impiego o rapporti significativi.
4. Sovraccarico da informazioni: la ricchezza dei dati disponibili sul World
Wide Web ha creato un nuovo tipo di comportamento compulsivo per quanto
riguarda la navigazione e l'utilizzo dei database sul Web. Gli individui spenderanno
sempre maggiori quantità di tempo nella ricerca e nell'organizzazione di dati dal
Web. A questo comportamento sono tipicamente associate le tendenze compulsiveossessive
ed una riduzione del rendimento lavorativo.
5. Dipendenza dal computer: negli anni '80 giochi quali il Solitario e il campo
minato furono programmati nei calcolatori ed i ricercatori scoprirono che il gioco
ossessivo sul computer era diventato un problema nelle strutture organizzate, dato
che gli impiegati spendevano la maggior parte del giorno a giocare piuttosto che a
lavorare. Questi giochi non sono interattivi né giocati in rete.
Come ha affermato la dott.ssa Kimberly Young in un'intervista: Le relazioni virtuali
differiscono dalle relazioni della vita reale: l'anonimato, la rimozione delle barriere
geografiche, il miscuglio culturale sono le differenze più importanti che sono state
notate.
In più del 70% dei casi la IAD può essere indotta da alcuni tipi di disturbi psichici
preesistenti. I fattori di rischio includono una storia di dipendenza multipla,
condizioni psicopatologiche come depressione, disturbo ossessivo compulsivo,
disturbo bibolare, compulsione sessuale, gioco d'azzardo patologico, o fattori
situazionali, come burnout da lavoro, contrasto coniugale o abuso infantile.
Nel 2004 l'Esercito finlandese ha rivelato che permette ad alcuni coscritti di posporre
per tre anni lo svolgimento del servizio militare a causa della loro dipendenza dai
giochi per computer e da Internet.
La psicologa, Dott.ssa Anna Fata di Monza, spiega le fasi che conducono alla vera e
propria patologia, con le relative caratteristiche:
1. Fase Tossicofilica: caratterizzata dall'incremento delle ore di collegamento, con
conseguente perdita di ore di sonno, da controlli ripetuti di e-mail, siti preferiti,
elevata frequenza di chat e gruppi di discussione, idee e fantasie ricorrenti su Internet,
quando si è off line, accompagnati da malessere generale;
2. Fase Tossicomanica: con collegamenti estremamente prolungati, al punto da
compromettere la propria vita socio-affettiva, relazionale e lavorativa o di studio.
I soggetti maggiormente a rischio hanno un'età compresa tra 15 e 40 anni, con un
elevato livello di conoscenza degli strumenti informatici, isolati per ragioni lavorative
(es. turni notturni) o geografiche, con problemi psicologici, psichiatrici o familiari
preesistenti.
Il tipo di personalità predisposto a sviluppare tale disturbo è caratterizzato da tratti
ossessivo-compulsivi, inibito socialmente, tendente al ritiro, per il quale la Rete
rappresenta un modo per fuggire dalla realtà.
L'abuso di Internet sarebbe determinato da un senso di vuoto, da un vissuto di
solitudine e dalla difficoltà di investire la realtà off line. In alcuni casi estremi, la
partecipazione alla realtà on line è finalizzata alla negazione di quella concreta,
quotidiana, avvertita come minacciosa.
Questa dinamica, in un certo senso, è simile a quella che si verifica nel caso della
dipendenza da sostanze.
La realtà on line offre il vantaggio di fornire gratificazioni immediate, per la sua
disponibilità pressoché continua.
Inoltre, l'universo virtuale rappresenta una fonte di attrazione per coloro che sono
predisposti allo sviluppo anche di altre forme di dipendenza comportamentali o da
sostanze.
Infine, è stata rilevata di frequente anche tra i cosiddetti 'sensation seekers', cioè
coloro che ricercano continuamente nuovi stimoli, per raggiungere un livello ottimale
di attivazione.
Si è visto che i più predisposti a sviluppare una dipendenza da Internet, spesso, hanno difficoltà relazionali. Questo è facilmente intuibile, osservando quanto avviene, ad esempio, nelle chat rooms. In esse assistiamo a relazioni estremamente mentalizzate:
una buona parte di esse si costruiscono nella mente di chi le vive. Sono molto forti le
tendenze ad idealizzare l'interlocutore, a creare un personaggio ideale, in cui le parti
"mancanti", quelle che non conosciamo, vengono colmate dall'immaginazione
personale. La relazione stessa risente di questa forte tendenza alla
fantasmatizzazione.
La comunicazione nelle chat è dominata dalla sensazione, spesso illusoria, di essere capiti e di capire, di condividere le emozioni proprie ed altrui. L'illusorietà, molto spesso, si rende evidente nel momento in cui si decide di abbandonare l'ambiente virtuale per quello reale. Spesso quello che accade e che si tende a comprendere solo a posteriori è che la comunicazione, fino a quel momento, è stata interiorizzata e rivolta prevalentemente a se stessi.
La modalità di conoscenza on line sembra fornire anche la falsa impressione di poter conoscere in brevissimo tempo una persona. Tale modalità sembra essere in grado di annullare la quantità di tempo necessaria per la conoscenza reciproca, l'incertezza e le piccole frustrazioni che si incontrano progressivamente in tale processo. Eppure, si tratta di una convinzione errata: non a caso, una parte delle relazioni instaurate on-line non riescono a superare la prova della realtà.
Terapie
Le terapie ritenute più efficaci per curare la Internet dipendenza sono sostanzialmente
le stesse impiegate per gli altri tipi di dipendenza: tra esse la terapia cognitivo
comportamentale, il tradizionale gruppo di supporto "dei 12 passi" e la terapia
coniugale o familiare, a seconda dei casi.
Negli Stati Uniti viene utilizzata anche la psicoterapia online, o per meglio dire il
Counseling online. Tale pratica però è attualmente vietata in Italia agli psicologi, per
disposizione del loro Ordine professionale, in attesa di una regolamentazione
normativa.
Un sondaggio per la internet dipendenza
David Greenfield ha condotto il più grande sondaggio mai fatto on-line. Argomento:
la Internet-dipendenza. E ha scoperto che una percentuale preoccupante di navigatori che passa intere giornate al computer è "drogata" dal Web. Un'ossessione che può influenzare negativamente vita, lavoro e le persone vicine. In Rete infatti si cerca intimità, si mente, si flirta e si va anche oltre. Il problema numero uno? L'infedeltà.
Quando qualcuno ti dice "ma non è che stai troppo su Internet?" alziamo sempre le
spalle: "Ma no, sono abituato...". Ma come tutte le abitudini (anche per necessità di
lavoro) l'insidia è dietro l'angolo: dove finisce la normalità e dove inizia l'ossessione?
David Greenfield, psicologo di West Hartford nel Connecticut (Usa), ha messo in rete l'anno scorso un questionario di 36 domande sul sito dell'Abcnews per vedere quanto (e soprattutto come) la gente spende il suo tempo chattando, controllando le e-mail e navigando su Internet. Risultato? Allarme rosso. Perché una buona fetta di navigatori diventa schiava del monitor, trasformando semplici chiacchierate via chat e mini-flirt virtuali in una assoluta necessità vitale. Insomma una droga che può alterare e influenza vita e relazioni sociali. Come la tv, ma con una differenza: che su Internet la mancanza di limiti può diventare una spirale senza uscita.
Manco a dirlo molti dei pazienti di Greenfield sono persone che presentano disordini
psichici per eccessivo o errato uso del computer e della Rete. Ma non bisogna pensare che si tratti di pochi elementi fragili e psicolabili. Hanno risposto in 18 mila, e in appena due settimane: si tratta del più grande sondaggio comportamentale mai fatto su Internet. E ne è uscito un bel 6 per cento di utenti Internet nella categoria
"intossicati" e un 10 per cento sotto la voce "abuso": cioè l'uso eccessivo della Rete li influenza ma non provoca gravi modifiche sociali. Il sistema usato è lo stesso
previsto per studiare i giocatori d'azzardo patologici. Domande tipo: l'uso di Internet
ha portato cambiamenti negativi nella tua vita, ha alterato il tuo umore, ti ha portato a mancare alle tue responsabilità, ti ha causato problemi di soldi o lavoro o con la
famiglia?
Prima scoperta: parte di questi "internet-dipendenti" hanno problemi psicologici più o
meno nascosti, come depressione o disordini vari della personalità. Ma al di là dei
casi latenti, dove Internet probabilmente fa solo da motivo scatenante (il problema
caso mai è che il Web è un mezzo scatenante: andare in bicicletta o nuotare in piscina non hanno lo stesso effetto...), resta l'eccesso di uso della Rete. Che per molti specialisti è comunque un problema, destinato tra l'altro a crescere con la stessa velocità affannosa di crescita del Web.
Ma cosa fa di Internet una "seduzione pericolosa"? Certo l'aspetto visuale è
importante, spiega Greenfield. Ma anche scambiare e-mail e chattare pesano molto.
"E' un po' come scrivere lettere d'amore, solo che qui le parole hanno maggiore forza di quelle su carta perché quando le persone fissano il video sono soggette a una forma di 'trance dissociativo', insomma un effetto ipnotico". In altre parole metti insieme colori, movimento, suoni, infinita disponibilità di informazioni e risposte istantanee e "ottieni una combinazione molto potente e seduttiva". E la seduzione spesso continua anche a modem spento, visto che chi ricade nella categoria "internet-dipendenza"
spesso arrivano a incontrare personalmente chi ha contattato in Rete. Cosa in fondo
normale ma non del tutto esente da pericoli.
Nello studio di Greenfield infatti il 50 per cento di chi ha risposto ammette di mentire
abitualmente on line, in genere sull'età (Il 45enne: "Hai 28 anni? Ah, ma guarda, io
30"), aspetto (L'inguardabile bruttona: "Beh, ho gli occhi azzurri, capelli biondi e
gambe lunghe insomma sono caruccia"), peso (Il semi-obeso: "Ho qualche chilo di
troppo, cosa vuoi...") stato civile (Moglie-tre-figli-e-suocera-in-casa: "...e sei
sposato?" "Io? Ci mancherebbe..."). Kimberly Young, psicologo del Centro per la
Internetdipendenza di Bradford, in Pennsylvania, ha notato che Internet può
aumentare eventuali problemi di rapporto di coppia già esistenti, ma a volte
provocarli. Per Young, che ha scritto un libro sull'argomento, il problema numero
uno relativo all'eccessivo uso del Web "è l'infedeltà". Al punto che sta conducendo
uno studio su quanto la Rete influenzi la frequenza dei divorzi.
Anche per Greenfield infatti "la condivisione dell'intimità è il motivo principale per
cui la gente si collega alla Rete". E "le chat sono quelle che danno maggiore
dipendenza". La metà di chi ricade nella categoria "drogati da Internet" e si dedica al
cybersex probabilmente prima o poi contatterà l'altra persona via telefono e la
incontrerà direttamente. "La geografia non è mai una barriera -dice Greenfield - Anzi, le persone spesso si incontrano dopo aver percorso grandi distanze. E anche questo è un aspetto del tutto nuovo...".
Come le persone "Internetdipendenti" passano il loro tempo on line in base al
sondaggio di Greenfield (utenti Usa):
Chattando: 57%
Navigando: 78%
Giocando: 62%
Scambiando e-mail: 75%
Shopping: 20%
Percentuali di attività a sfondo sessual-sentimentale fra gli Internetdipendenti (fra gli
utenti normali, cioè non "ossessionati" dalla Rete, le percentuali sono nettamente
inferiori):
Flirt: 55%
Dialoghi sessualmente espliciti: 40%
Masturbazione: 40%
Relazioni on line: 30%
Percentuale di contatti telefonici e relazioni sessuali che seguono a quelli on line:
Telefonate: 50% (20% fra gli utenti non-dipendenti)
Contatti sessuali: 30% (15%)
CONCLUSIONE FINALE
Concludendo vorrei fare le mie ultime riflessioni ed esporre il mio punto di vista.
Innanzitutto inizio dicendo che mi ha interessato moltissimo approfondire
l’argomento degli effetti che possono essere scaturiti dai potenti canali
di trasmissione di informazione, nonché delle dipendenze da internet e dalla
televisione.
La vita odierna soprattutto nelle grandi città porta alla mancanza del contatto con il vicino di casa portandoci ad un isolamento volontario.
questo comporta una ricerca (poichè l'essere umano solo non può stare) del suo simile nel grande canale della rete.
Basta guardarsi intorno per rendersi conto quante persone (ragazzi soprattutto) sono incollati al loro cellulare e non tanto nel dialogare ma quanto nel messaggiare così isolandosi dal mondo che li circonda.
la stessa cosa riguarda il campo dei videogiochi, dove dei genitori incoscienti abbandonano i loro figli davanti alle console anche per ore intere pur di avere qualche ora libera per sè stessi.
I videogiochi inducono comportamenti e pensieri aggressivi

Videogiochi & violenza
La strategia per condizionare e deviare le menti dei giovani
Marcello Pamio – 8 marzo 2007 - www.disinformazione.it

L’argomento “Videogiochi & violenza” è un argomento ostico e delicato e per questo attaccabile da coloro che non comprendono, o non vogliono comprendere, l’importanza enorme che invece ha nel condizionamento della nostra società, soprattutto quella giovanile.
Inizio con una breve analisi storica dell’evoluzione dei giochi, per evidenziare come nel corso di soli trent’anni, la tecnologia ha reso possibile il passaggio da giochi semplici a strutture complesse e impressionantemente realistiche.
I videogiochi nascono agli inizi degli anni ’60 da un gruppo di ricercatori del M.I.T. (Massachusetts Institute of Technology di Boston) che inventano lo Spacewar, un gioco in cui due navicelle spaziali si sparano a vicenda attorno ad una stella. La grafica per le potenzialità limitate dei computer dell’epoca è molto scadente e semplice: sfondo nero e astronavi bianche, ma nonostante questo ebbe una diffusione enorme.

Spacewar del 1962 Pong degli anni ‘70 Si dovrà attendere circa 10 anni, perché venga prodotto il primo “videogioco di massa”: il famosissimo Pong della Atari (prima casa produttrice a livello mondiale).
Il gioco consiste nel colpire una pallina, rappresentata da un quadratino (anche qui la grafica è scadente). Gioco estremamente semplice e ripetitivo.
Passano gli anni e la tecnologia elettronica (ricaduta militare) fa passi da gigante.
Intorno agli anni ‘70, per la precisione nel 1975, nasce l’Altair 8800 seguito poi da IMSAI 8080. Nasce il Personal Computer, il 5100 della IBM con 16Kb di memoria e monitor a 16 linee x 64 caratteri.
Il 1976 vede sul mercato addirittura 50 microprocessori (in pratica l’unità centrale di processo del computer) delle principali marche: Intel, Ami, Motorola, Rca, Rockwell, Toshiba, ecc.
Questo stesso anno la Apple , fondata da Steves Jobs e Steve Wozniak, apre i battenti con l’Apple I il cui costo è 666.66$ (prezzo simbolico alquanto interessante) e la Microsoft inizia la sua ascesa diventando l’impero mondiale del software.
I processori, mese dopo mese, si fanno sempre più veloci e le risoluzioni dei monitor sempre più elevate. Con la crescita delle prestazioni hardware, naturalmente, cresce anche la qualità software che implica sempre più realismo.

Vediamo adesso alcuni dei principali giochi.
Nel 1991 la ditta Capcom commercializza il primo videogioco della serie “picchiaduro”: Street Fighter II.

Un classico combattimento di Street Fighter II

Scopo del gioco: abbattere, sconfiggere l’avversario attraverso una serie di mosse e/o armi.
Le mosse sono sempre le stesse, come pure le armi (l’arma è caratteristica di ogni personaggio scelto) e questo comporta ripetitività e mosse sleali. Vince chi abbatte tutti i “nemici”.

L’anno successivo la Midway Games sforna, sempre della categoria del “picchiaduro”, il famosissimo Mortal Kombat. Questo gioco ha fatto così successo che è stato portato perfino sul grande schermo con ben 3 film (1995, 1997 e 2007).
Nel gioco, la Terra è in pericolo perché il perfido stregone Shang Tsung al servizio dell’imperatore di Outworld, un mondo tenebroso, è vicino alla realizzazione del suo sogno: ridurre l’umanità in uno stato miserevole, come quello di Outworld. Per evitare tutto questo, il protagonista deve vincere per 10 incontri i mostri che gli si pareranno davanti.

Scena violenta di Mortal Kombat Deception Locandina del gioco. Da notare la scritta ARMAGEDDON e simboli come il drago Oltre ad un simbolismo molto oscuro iniziano ad apparire scritte evocanti, come per esempio Armageddon, che - guarda caso - troveremo più avanti anche in altri giochi, e il sangue inizia ad essere il comun denominatore.

Nel 1993, prodotto dalla ID Software, esce il cruentissimo DOOM.
Il giocatore indossa i panni di un marine statunitense deportato sul pianeta Marte. Qui si troverà a combattere, con fucili a pompa, motoseghe e armi al plasma, contro gli stessi compagni “mutati” in zombie e le creature infernali che hanno invaso la colonia.

Scena sanguinolenta del gioco DOOM Locandina del gioco DOOM Altissimi sono i livelli di violenza in questo videogioco, come pure numerose sono i riferimenti a Satana e questo ha scatenato negli States una forte protesta.
La cosa che ha fatto rizzare i capelli (ma che pochi sanno) è che gli autori del massacro alla scuola superiore di Colombine (che ha ispirato il documentario di Michael Moore) erano sfegatati proprio di questo videogioco! Non solo, addirittura Eric Harris, uno dei due criminali, aveva riprogrammato il gioco con la riproduzione virtuale del suo ambiente scolastico!
E’ d’obbligo precisare a questo punto che Harris era in “cura” con psicofarmaci come Luvox, molto simile al Prozac. Droghe legali che hanno pesantissimi effetti collaterali, aggravano depressioni, aumentano il rischio di suicidio e l’aggressività.

Siamo nel 1996 e il mondo viene letteralmente inondato dai Pokemon, della giapponese Nintendo.
Qualcuno potrebbe obiettare che i piccoli mostricciatoli nipponici sono simpatici e buoni e non possono rientrare in questa analisi! Ma non è così.

Il mostriciattolo Pikachu, all’apparenza simpatico e buono nasconde invece una cattiveria profonda Tale gioco, mirato ovviamente ai piccolissimi, ha partecipato invece alla promozione di istinti violenti. Pokemon, contrazione di Pocket Monsters (piccoli mostri o mostri tascabili), è un sistema articolato di videogiochi, figurine e film che ha lo scopo di inculcare nella mente dei bambini (che diventano subito dipendenti) delle regole a cui essi poi si rifaranno nel mondo reale. «La prima è quella di uccidere, ammazzare soprattutto i poveri, prima che quelli diventino briganti che ammazzano te»[1]
«Nell’universo Pokemon si ammazza in tanti modi, ad esempio c’è chi succhia via l’anima del nemico, chi spara palle di fuoco, ecc. In sostanza le regole sono quelle di rendere la vita sociale del tutto meccanicistica»[2]
Alla faccia dei simpatici mostricciatoli!

Nel 1997 la SCI presenta al pubblico un orribile gioco automobilistico chiamato Carmageddon in cui si acquistano punti investendo con la macchina pedoni e/o animali che attraversavano la strada o che camminavano lungo i marciapiedi. Furono così tante le polemiche che la casa di produzione dovette modificare gli uomini con zombie; come se sostituendo le persone con mostri avessero risolto il problema del modello criminale rappresentato e incarnato (carma) da tale gioco.

Il giocatore ha appena schiacciato dei passanti Locandina (molto satanica) del gioco Da notare anche in questo caso il gioco di parole Carmageddon, Carma e Armageddon che ricorda la battaglia finale citata nell’Apocalisse

Il XXI secolo inizia molto bene: esce Hitman, un gioco della IO Interactive.
Gioco questo che ha scatenato un vero e proprio putiferio. Il famoso editorialista del Corsera, Gian Antonio Stella lo ha aspramente attaccato perché «consente di uccidere il padre». A rincarare la dose ci pensa il senatore di AN Michele Bonatesta, che ha chiesto alla magistratura il sequestro per istigazione a delinquere affermando che si tratta di un «videogioco criminale che non solo, come tanti altri, incita irresponsabilmente i giovani alla violenza e all’assassinio, ma addirittura insegna ad ammazzare il proprio padre».

Scena del gioco, in cui il protagonista sta per uccidere una persona con il martello! Locandina di Hitman. Le mani del protagonista con 2 pistole formano una croce In effetti lo scopo del gioco non è proprio pedagogico: si è un killer a pagamento incaricati di uccidere di volta in volta soggetti diversi.

Nel 2005 la Microsoft di William Henry Gates III, meglio noto come Bill Gates, esce con Gears of War, un gioco osceno pieno di violenza d’ogni genere.
I giocatori, proiettati in un futuro fanta-horror, lottano per la sopravvivenza contro il Locust Horde, una razza di creature uscite direttamente dalle viscere del pianeta.
Anche in questo caso la violenza e le scene orride sono all’ordine del giorno.

Uno dei tanti mostri orrendi da annientare Locandina di Gears of War. Sempre immagini di morte Per ultimo, nel 2006, Rule of Rose, un horror psicologico della giapponese Punchline.
Un gioco a tinte fosche, in cui una ragazza durante un viaggio in autobus si ritrova vittima di uno scherzo ad opera di un misterioso bambino. Successivamente verrà catapultata in un universo di perversione (in cui si scontrerà anche con dei pedofili) dove i protagonisti sono dei bambini nefasti!
In pratica in questo games, si vuole terrorizzare il giocatore-spettatore non con zombie e/o mostri ma con i bambini stessi! Per capire la pericolosità è bene evidenziare che sono state fatte interpellanze parlamentari affinché venga tolto dal commercio.

Questa disamina è incompleta per via della mancanza di decine di altri videogiochi violenti, ma certamente sufficiente per comprenderne la portata e l’assoluta importanza nella formazione ed educazione dei bambini.

Adesso vedremo infatti quali implicazioni hanno questi videogames sulla psiche e sul comportamento dei ragazzi.
Numerose sono le ricerche scientifiche che mettono in guardia sull’impatto devastante e pericoloso di simili immondizie mentali:

All’Università di AAchen in Germania, un gruppo di ricerca guidati dal Dott. Klaus Mathiak ha evidenziato che «l’esposizione a videogiochi violenti produce la stessa attività cerebrale provocata da un evento pericoloso e potenzialmente aggressivo»
In pratica, sottoponendo il cervello a risonanza magnetica durante le sedute ludiche è emerso – esattamente come nel caso di un pericolo reale - «sia l’amigdala che la corteccia anteriore si spengono in ogni occasione di violenza digitale». Quindi il cervello preparerebbe - neurochimicamente parlando - il corpo a reagire con aggressività alla minaccia incombente, anche se in questo caso la minaccia è assolutamente virtuale!

Dello stesso parere il neurobiologo tedesco Niels Birbaumer, che dalle colonne del New Scientist, afferma che «i giochi sanguinolenti alimentino abitudini aggressive».
All’Università del Michigan hanno dimostrato le medesime cose: i «videogiochi violenti possono condurre a schemi di attività cerebrale che possono essere caratteristici del pensiero aggressivo». Su 600 ragazzi tra i 13 e i 14 anni, è risultato che tra loro quelli che più degli altri avevano giocato con video violenti, risultavano avere un atteggiamento più ostile nei confronti di insegnanti e autorità in genere!

I giochi violenti alterano lo stato emotivo, provocando sovreccitazione, inibendo l’autocontrollo riducendo la capacità di concentrazione e le capacità razionali.

Un altra cosa molto importante, riportata dal Journal of Experimental Social Psycolology è che chi «utilizza videogiochi ‘violenti’ e ‘cruenti’, sarebbe predisposto ad una tendenziale ‘desensibilizzazione’ nei confronti della violenza reale». Dopo aver fatto giocare in maniera causale 257 studenti del College a videogame violenti (Carmageddon, Duke Numen, Mortal Kombat, Doom, ecc.) e non violenti (Pinball, ecc.) è stato chiesto loro di assistere a un video di 10 minuti contenente scene reali di violenza (tratte da tivù, filmati della polizia, ecc.). Il risultato - scontato ma agghiacciante - è la minore sensibilità alle scene di violenza reale dagli studenti che avevano giocato con videogiochi violenti.
Risultato: chi gioca con i videogiochi violenti rischia di diventare meno sensibile alla violenza reale, e addirittura più violento e "cattivo" nella gestione delle relazioni interpersonali.

Ricapitolando: la violenza virtuale (indotta) dei videogiochi ha provoca i seguenti effetti:

- Produce la stessa attività cerebrale provocata da un evento pericoloso e aggressivo reale;
- Alimenta abitudini aggressive;
- Alimenta atteggiamenti ostili verso gli insegnanti e le autorità;
- Inducono schemi di pensiero, caratteristici del pensiero aggressivo;
- Riducono la capacità di concentrazione e le capacità razionali;
- Diminuisce la sensibilità alla violenza reale;
- Aumentano le difficoltà di gestione delle relazioni interpersonali;

In tutto questo è necessario per completezza sottolineare l’importanza e le implicazioni della televisione, perché i videogiochi sono solo la punta dell’iceberg che incolla i bambini davanti allo schermo e trasmette loro messaggi devianti!
I programmi televisivi impiegano composizione delle immagini, sequenze, frequenze e colori appositamente calibrati per causare la totale dipendenza. Dipendenza non solo di tipo commerciale, per vendere un prodotto piuttosto che un altro, ma anche psicologica e comportamentale.

Se a tutta la violenza indotta dai videogiochi, aggiungiamo quindi anche quella veicolata dalla televisione, il quadro si fa molto più completo e assai preoccupante. Ogni anno un bambino assiste almeno a 100.000 scene di violenza (dati molto sottostimati), in forma di film, documentari, reality, ecc.
Con tutta questa violenza, e con l’assenza sistematica dei genitori (impegnati ad affrontare difficoltà economiche di sopravvivenza), i bambini sostituiranno il modello e i punti di riferimenti famigliari con beceri e squallidi personaggi virtuali presi dai cartoon, dallo spettacolo, dal cinema, dalla musica, dall’intrattenimento (come i demenziali e totalmente finti protagonisti del Wrestling), ecc.

Privi di un serio modello, lasciati soli e in balia di un sistema mediatico vergognoso improntato sulla violenza e la libera pornografia, come potranno crescere questi bambini?
Capirete che lo scopo finale rientra in una strategia occulta mirata ad istupidire e assopire la popolazione (partendo soprattutto dai bambini che saranno gli adulti di domani), rendendola desensibilizzata moralmente e culturalmente e deviandola verso dei precetti precisi: sesso (pornografia), violenza (droga) e soldi (illusione della ricchezza e miraggio di felicità).
Una strategia che punta direttamente, e non casualmente, ai bambini, rendendoli apatici, ripetitivi, irrazionali, violenti e soprattutto aggressivi. Il tutto isolandoli dalla società per meglio distruggere la capacità di socializzazione.

In poche parole: modificano il comportamento dei bambini (adulti in divenire), per controllarli e manipolarli in futuro!
E’ arrivato il momento quindi che i genitori, i quali dovrebbero innanzitutto essere educatori, comprendano l’importanza e soprattutto la devianza di un Sistema creato ad arte (tivù, videogiochi, ecc.).

Articoli per approfondire l’argomento:

- “Bambini psico-programmati” di Antonella Randazzo, 27 dicembre 2006 www.disinformazione.it/bambini_psicoprogrammati.htm
- “La nuova violenza figlia dell’utopia mondialista”, 2 giugno 2000 Movisol, www.movisol.org/pokemon.htm

[1] “La nuova violenza figlia dell’utopia mondialista”, Movisol.
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Qui riportiamo degli indirizzi validi dove poter effettuare dei test psicologici

http://www.paginainizio.com/test/sesso/index.htm

http://www.paginainizio.com/test/stress/index.htm

http://www.paginainizio.com/test/etamentale/index.htm

http://www.paginainizio.com/test/internet/index.htm
ALCUNE PATOLOGIE DEL SISTEMA NERVOSO

Disturbi unipolari, bipolari o depressione nevrotica

Il disturbo unipolare, bipolare o depressione nevrotica diventa sempre più frequente nella popolazione generale. Sembra infatti che ne sia affetta un'alta percentuale nelle grandi città con alti tassi di inquinamento ambientale, come l'inquinamento luminoso ed acustico e
sta diventando un disturbo abbastanza serio che merita una certa attenzione.
Coloro che soffrono di questa patologia poco conosciuta tendono a presentare fasi depressive seguite da fasi maniacali.
Le fasi depressive sono caratterizzate da un umore particolarmente basso, una marcata e profonda tristezza e dalla sensazione che non ci sia più nulla in grado di dare piacere. Inoltre, durante queste fasi, il sonno può facilmente aumentare o diminuire, così come l’appetito e la perdita di concentrazione . A volte la disperazione ed il senso di vuoto sono così marcati che si può arrivare anche al pensiero del suicidio.

Le fasi maniacali, in alcuni casi, sono esattamente il contrario delle fasi depressive. Sono caratterizzate, infatti, da un umore particolarmente euforico, dalla sensazione che tutto sia possibile e da un ottimismo eccessivo. Le idee ed i pensieri si accavallano rapidamente nella mente ed a volte diventano così veloci che spesso diventa difficile seguirli. Il comportamento diventa disorganizzato ed inconcludente. L’energia è tanta che spesso chi attraversa queste fasi non sente il bisogno di mangiare o dormire, sarebbe solo tempo perso, ed ha la sensazione di poter fare qualsiasi cosa, a tal punto da commettere azioni impulsive, come spese folli o imprese avventate.
Generalmente, le fasi depressive tendono a durare maggiormente rispetto a quelle maniacali: di solito, le prime durano da qualche settimana a qualche mese, mentre le seconde un paio di settimane.
A volte, il passaggio da una fase all’altra è immediato altre, invece, intercorre un periodo di umore normale.

Nelle nazioni e nelle città in via di sviluppo, su 50 pazienti visitati nei quali i sintomi erano presenti, si è notato uno stato di iperattività, confusione di idee e desiderio di parlare di continuo, stati di euforia, distrazione, diminuzione del sonno. Le motivazioni di questi stati sono legati alla carenza delle strutture sanitarie e all'impreparazione dei medici per questo tipo di patologie all'atto della diagnosi.

Questi disturbi, spesso, se non diagnosticati nel tempo dovuto, si evolvono in veri stati di ansia e depressione, fino a creare vere e proprie patologie(psicosomatiche) scaricandole poi negli organi più deboli del nostro organismo.
Gli organi più colpiti sono l'apparato gastrointestinale, l'apparato cardiocircolatorio e il sistema cutaneo.

Malattie psicosomatiche

La parola psicosomatica deriva dal greco psiche=anima, soma= corpo, quindi una relazione tra mente e corpo, ossia tra il mondo emozionale ed affettivo(psiche) e il (corpo)soma. Lo scopo è quello di rilevare e comprendere gli effetti negativi che la psiche, produce sul corpo.
I disturbi psicosomatici si possono considerare patologie vere e proprie che con il tempo creano danni a livello organico.
Le patologie psicosomatiche coinvolgono il sistema nervoso autonomo (sistema simpatico) e forniscono una risposta vegetativa a situazioni di disagio psichico o di stress. Le emozioni negative, come il risentimento, il rimpianto, la preoccupazione, la rabbia possono mantenere il sistema nervoso autonomo in uno stato di eccitazione e di emergenza continua, a volte per un tempo più lungo di quello che l’organismo è in grado di sopportare. Questo può provocare dei danni agli organi più deboli.
Disturbi di tipo psicosomatico spesso si manifestano nell’apparato gastrointestinale (gastrite, colite ulcerosa, ulcera peptica), nell’apparato cardiocircolatorio (tachicardia, aritmie, cardiopatia ischemica, ipertensione essenziale), nell’apparato respiratorio (asma bronchiale, sindrome iperventilatoria), nell’apparato urogenitale (dolori mestruali, impotenza, eiaculazione precoce o anorgasmia, enuresi), nel sistema cutaneo (la psoriasi, l'acne, la dermatite atopica, il prurito, l'orticaria, la secchezza della cute e delle mucose, la sudorazione profusa), nel sistema muscoloscheletrico (la cefalea tensiva, i crampi muscolari, il torcicollo, la mialgia, l'artrite, dolori al rachide, la cefalea nucale), nell’alimentazione (bulimia,anoressia, obesità).
I disturbi psicosomatici sono molto comuni nelle varie forme di depressione e in tutti i disturbi d' ansia, ma esistono dei disturbi psicosomatici veri e propri in assenza di altri sintomi di natura psicologica, che rendono più difficile, per il soggetto e per l'esaminatore , imputare il malessere fisico ad un problema psicologico.

Questa patologia si può risolvere con un trattamento di psicoterapia unito ad un mirato trattamento farmacologico.

La psicoterapia è una disciplina molto poco omogenea; esistono varie forme di psicoterapia,
quella che la ricerca scientifica ha dimostrato essere più efficace e quindi la più utilizzata, è la "cognitivo-comportamentale".
Si tratta di una serie di sedute, con cadenza soggettiva da valutare con lo psicoterapeuta, in cui il paziente svolge un ruolo attivo nella soluzione del proprio problema. Con la fattiva collaborazione dello psicoterapeuta, unitamente a metodi di rilassamento e autocontrollo quale il training autogeno, ci si concentra sulle modalità di pensiero e di comportamento più funzionali, cercando nel profondo "IO" la causa scatenante dei disturbi d'ansia e/o depressione.
In ogni caso il trattamento può risultare particolarmente difficoltoso, in quanto i soggetti non sono mai del tutto convinti che la causa dei loro mali sia soltanto di tipo psicologico, oppure l'ammettere di avere un problema .
Generalmente la psicoterapia è possibile in quei casi in cui la persona si preoccupa incessantemente di avere delle malattie, ma si rende conto, almeno in parte, che le sue preoccupazioni sono eccessive e infondate.
La terapia farmacologica si basa fondamentalmente sugli ansiolitici e/o antidepressivi dosati dal medico e i cui dosaggi saranno progressivamente diminuiti nel corso del tempo.

Effetti sugli adolescenti

I soggetti più a rischio per la tensione nervosa sono gli adolescenti.

I primi sintomi si avvertono intorno ai 13-15 anni di vita e possono essere causati da problemi familiari, liti con amici a cui ci si era legati sentimentalmente, paura dei compiti o interrogazioni o esami, cambiamento del proprio corpo, indifferenza, videogiochi, cellulari e televisione.

Sembra una cosa impossibile, invece è proprio così: esistono patologie derivanti dall'uso di video giochi e dei telefonini (anche se in uno degli ultimi rapporti sembrerebbe che non rechino danni) che creano stress da attenzione a causa delle onde elettromagnetiche che emanano. Comunque si può dire con tranquillità che sono figli della tecnologia, utilizzata peraltro molto male e per comodità di tanti genitori e tanti medici non danno tanta attenzione a questa patologia.

L'utilizzo continuo di queste apparecchiature comporta una tensione generale del muscolo trapezio e, di conseguenza, dei muscoli del braccio e del collo, dei tendini e dei nervi cervicali, della vista e della psiche con conseguenti alterazioni della personalità quali nervosismo(quindi insonnia, scatti di ira, utilizzo della voce alta, parlare nel sonno, perdita di concentrazione), indebolimento della vista per i soggetti miopi dovuto ad una atrofizzazione del cristallino (il cristallino è un organo elastico e trasparente posizionato tra l'iride e l'umor vitreo).

Un recente studio ha fornito indicazioni chiare del fatto che gli adolescenti sono più inclini ad avere comportamenti aggressivi nel corso della loro vita. In particolare, lo studio ha evidenziato che alcuni giovani, oltre ad essere esposti alle problematiche sopra elencate, sono soggetti ad una mancanza di affetto e all’indifferenza, oppure a subire violenze; questi hanno il doppio delle possibilità, rispetto ai loro coetanei, di commettere delitti gravi nei due anni successivi alla violenza subita. L'indagine mette in evidenza il fatto che i comportamenti violenti possono essere trasmessi da persona a persona nell'ambito di una comunità. La metafora dell'epidemia della violenza e del bullismo di questi anni non sembra poi così fuori luogo come si potrebbe pensare. Secondo i ricercatori, dai dati emerge che l'esposizione alla violenza raddoppia la tendenza a commetterla nel corso dei due anni successivi: questi risultati dimostrano che esiste una relazione forte di causa ed effetto.

Iridologo Bioterapeuta
Renato Ventura
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L'INSONNIA

il sonno oltre ad essere un piacere dell'esistenza è anche un bisogno esattamente quanto mangiare, respirare,bere.

il sonno permette il recupero di energia sia psichica che fisica , aiuta la crescita nei giovani(durante il sonno viene secreto l'ormone STH) .
fortifica i tessuti nelle persone anziane, permette l'eliminazione delle scorie metaboliche.
il bisogno di dormire varia da un'età all'altra, sia come quantità che come qualità: il neonato mediamente dorme circa 16 ore, l'adulto dalle 7 alle 8 ore , l'anziano dalle 3 alle 5 ore.
esiste anche una differente necessità da individuo ad individuo,poichè tanto è importante la quantità ma altrettanto essenziale la qualità .
non tutti dormono bene, quanti dopo ore di sonno comunque si alzano stanchi....
basta un nulla per deteriorare il sonno, e con il passare del'età tende a degradarsi.

il sonno non è un periodo passivo della nostra esistenza, ma un evento attivo del sistema nervoso centrale .
tramite l'utilizzo di un elettroencefalografico si è potuto suddividere il sonno in lento o ortodosso (non rem) , e sonno rapido o paradosso (rem).
durante il sonno non rem il cervello è completamente calmo , e le onde cerebrali sono lente ed ampie. in fase rem è caratterizzato da ritmi più rapidi, corrisponde alla fase dei sogni ed è la parte più importante del sonno.
le fasi del sonno non rem e rem si alternano circa ogni 90 minuti e si susseguono da quattro a sei volte durante la notte.
normalmente ci si sveglia dalle dieci alle quindici volte e ci si riaddormenta senza ricordare di esserci svegliati ed è del tutto fisiologico.

letteralmente l'insonnia significa totale mancanza di sonno, ma anche il sveglairsi durante la notte senza un valido motivo e sintomo di insonnia .

si possono classificare almeno tre tipi di insonnia:
1) insonnia iniziale o dell'addormentamento. (ritardo nell'addormentarsi e/o difficoltà)

2) insonnia intermittente o lacunare. ( ci si sveglia durante il sonno )

3) insonnia terminale o risveglio precoce. (risveglio spontaneo nelle prime ore del mattino senza più riuscire ad addormentarsi ).

inoltre si distinguono insonnie primarie e secondarie.

nella categoria primaria rientrano quelle determinate da una carenza nei centri diencefalo-mesencefalici del sonno o della eccitabilità della corteccia cerebrale.

nella categoria secondaria rientrano quelle determinate da un anormale apporto sensitivo-sensoriale al talamo.

un altro tipo di insonnia e quello caratterizzato dai soggetti che dormono durante il giorno e non riescono a prendere sonno durante la notte, questi rientrano nel quadro legato alle malattie nervose o come conseguenza di incidenti trombotici o di origine emorragie cerebrali.
poi esiste il sonno parziale, cioè una dissociazione tra ilsonno psichico e ilsonno muscolare.

il sonnabulo rientra in questa categoria, pur dormendo riesce a fare movimenti muscolare come il camminare o parlare nel sonno.

coloro che soffrono di insonnia di qualsiasi tipologia subiscono danni alla salute, che con il tempo possono creare disturbi sul piano psichico , affettivo, fisico e intellettuale.

sul piano psichico ed affettivo l'insonnia è responsabile di svariati disturbi nervosi come
agitazione, instabilità, iperemotivo, ansioso, pauroso, suscettibile, cambiamento rapido di umore.
sul piano fisico si distinguono disturbi neurovegetativi, come tachicardia, difficoltà digestive, patologie dermatologiche, epatici e circolatori, aggressività, astenia fisica e mentale.

sul piano intellettuale, i primi disturbi che si riscontrano sono la perdita della memoria, cattiva associazione di idee, distrazione.

l'insonnia è da considerarsi un sintomo di disagio generalizzato dal soggetto come una malattia vera e propria, come sintomo può precedere l'instaurarsi di patologie, sia somatiche che psichiche.
anche una carenza di vitamina D oppure B6 favorisce la mancanza dello stimolo del sonno.

poi esiste l'insonnia articolare, i soggetti colpiti risultano affette da un continuo movimento degli arti inferiori, con conseguenza di un cattivo riposo .questa sindrome spesso si riscontrano in soggetti che presentano anemie sideropeniche.
L'insonnia colpisce circa il 20% della popolazione italiana e nel 15% dei casi si tratta di insonnia cronica, che dura cioè da più di tre anni. Le cause della patologia sono molte. Il 50% delle insonnie è legato ad ansia e depressione, il 15% a eventi positivi o negativi, il 10% dal non rispetto del ritmo veglia-sonno e un altro 5% dalla sindrome delle gambe senza riposo (incapacità di stare fermi quando ci si tende per dormire). L'insonnia ambientale è provocata da rumori, fonti ottiche, freddo o caldo; quella da altitudine colpisce chi non è abituato a quote elevate (3.000 m ca.); quella da adattamento è tipica di chi soffre d'insonnia a causa di una nuova situazione, per esempio la sistemazione in albergo; quella da costrizione, tipica dell'età pediatrica, è dovuta alla forzatura degli orari di riposo; quella associativa è legata all'assenza di un rituale (la lettura di un libro, una tisana ecc.); quella da allergia alimentare o da assunzione di sostanze (per esempio alcol, cipolla, aglio) può essere facilmente eliminata; quella da jet-lag scompare dopo due-cinque giorni. La causa più comune è comunque da ritenersi lo stress (sia per eventi negativi sia positivi) e comunque l'incapacità di affrontare le situazioni quotidiane in modo sufficientemente distaccato. Altre cause (come la diminuzione dell'ormone della crescita negli uomini) possono avere effetti molto soggettivi. Cause di insonnia occasionale possono essere l'assunzione di caffè e gli sforzi fisici o mentali nelle ore precedenti il sonno. Con una corretta igiene del sonno la latenza di addormentamento non dovrebbe superare i quindici minuti. In genere l'insonnia è curata con psicofarmaci leggeri (per periodi brevi, non superiori al mese, le benzodiazepine a emivita breve o le più recenti imidazopiridine che sembrano indurre un sonno più fisiologico; per impiego a lungo termine, fino a un anno, le pirazolopirimidine) o, per le forme più gravi, con ipnotici a eliminazione lenta, i cui effetti collaterali sono comunque fastidiosi. I farmaci contro l'insonnia generano dipendenza e prima di ricorrere a un sonnifero si dovrebbe esaminare attentamente la causa dell'insonnia e tentare di rimuoverla.

Bioterapeuta fitoterapeuta Iridologo
Renato Ventura
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DEPRESSIONE

La depressione è considerata uno dei mali più subdoli che affliggono la nostra società. Difficile da diagnosticare con esattezza, difficile da curare. La complessità del problema dipende dal fatto che non si tratta solo di una patologia, ma di una situazione esistenziale in cui s'intrecciano
- uno stato fisico patologico (componente fisica)
- uno stato psichico patologico (componente psichica)
- scelte di vita errate (componente esistenziale)
- vissuto di situazioni negative (componente reattiva)
A seconda della miscela delle quattro componenti si genera una forma depressiva. Si può dire che per ogni paziente esiste una forma di depressione
Questo semplice concetto non è spesso compreso né dal terapeuta né dal paziente; se entrambi tentano di ricondurre a una sola componente una forma depressiva complessa, difficilmente si potrà uscire dalla situazione. È sorprendente come anche agli addetti ai lavori sfugga sovente il vettore depressione, cioè la presenza (o assenza) di quattro componenti nel soggetto depresso. È pertanto fondamentale comprendere come dalla descrizione medica si riesca a formulare una nuova classificazione, moderna e soprattutto concreta.
Dal punto di vista medico la depressione è uno stato mentale evidenziato da riduzione delle attività psichiche e motorie, incapacità di progettare il futuro, ansia. Può essere reattiva o non reattiva. La depressione reattiva si manifesta in seguito a un evento negativo. Fra quelle non reattive si devono separare le depressioni su base organica (causate da altre malattie come disturbi della tiroide, disturbi neurologici degenerativi ecc.) e quelle iatrogene (causate da farmaci come i cortisonici, i betabloccanti ecc.). Fra le depressioni non reattive prettamente psichiche si possono ricordare quelle ricorrenti (si ripresentano con una certa regolarità e sono collegabili a disturbi biologici del cervello), quelle bipolari (originariamente denominate psicosi maniaco-depressive perché il soggetto alterna periodi di euforia a periodi di depressione), le distimie (depressioni nevrotiche, in cui si ha un costante abbassamento del tono dell'umore senza giungere a gravi compromissioni della vita del soggetto). La depressione può essere curata con farmaci o con la psicoterapia. La scelta deve essere effettuata in base al tipo di depressione che, anziché una malattia, deve essere considerata una classe di patologie. Ai due estremi possiamo trovare la depressione maggiore malinconica (profonda depressione del tono dell'umore, netto rallentamento psichico e motorio, idee di colpa e di rovina, andamento episodico con tipico peggioramento al mattino ecc.), per la quale è fondamentale il ruolo dei farmaci, e la depressione minore ansiosa (depressione del tono dell'umore meno grave, ansia, autocommiserazione e accusa del mondo esterno per le proprie condizioni, decorso più o meno continuo, eventualmente aggravato o alleviato da fattori esterni), per la quale è importante la psicoterapia. Quest'ultima può essere di tipo cognitivo (per correggere gli errori nello schema di pensiero del paziente), a orientamento interpersonale (per migliorare la socialità del soggetto) o a orientamento psicodinamico (per ricostruire eventi o conflitti passati alla base della patologia).
Gli antidepressivi - Milioni di persone vi ricorrono, ma sono pochissimi quelli che sono guariti da depressioni severe. Basterebbe questa constatazione per far dubitare. Purtroppo la ricerca ha continuato a sfornare negli anno dati che sembravano attestare la validità di farmaci antidepressivi, convenzionali e non (come l'iperico). In realtà in tutte le ricerche la percentuale di successo del farmaco era superiore a quella del placebo, ma inspiegabilmente l'efficacia di quest'ultimo non era nulla. Come dire il 30% guarisce col placebo e il 60% con l'antidepressivo, quindi il 30% delle guarigioni è merito del farmaco. In realtà una ricerca in cui il placebo abbia una qualche efficacia è una ricerca dubbia (nel campione, nelle metodiche, nell'analisi dei risultati o altro). In effetti la tesi di J. Frank (Persuasion and Healing), secondo la quale suscitare speranza aiuta a guarire, spiega non solo l'effetto del placebo in queste ricerche, ma anche il risultato dell'antidepressivo, somministrato a un paziente ignaro, ma da un medico che con le sue attenzioni può "aiutare a guarire", temporaneamente s'intende, ai soli fini della statistica della ricerca. Nel 2002 Irving Kirsch ha pubblicato un lavoro (su Prevention & Treatment, rivista on line della American Psychological Association) in cui esamina gli studi che le case produttrici inviano alla FDA (Food and Drug Administration). Kirsch ha scoperto che:
a) la differenza fra farmaco e placebo è minima
b) non esiste una relazione fra quantità di farmaco assunto e il suo effetto prodotto nell'organismo.
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ANZIANI E DEPRESSIONE

Ostacolando le normali attività quotidiane, il dolore cronico può impedire la cura della depressione nei soggetti più anziani. S. Mavandadi (University of Pennsylvania, Filadelfia) e i suoi colleghi hanno esaminato l'effetto del dolore sulla risposta al trattamento antidepressivo in 524 uomini, di età superiore ai sessant'anni, in cura presso un centro medico. I soggetti sono stati seguiti presso due centri di igiene mentale, allo scopo di verificare l'entità del dolore, il livello di interferenza del dolore rispetto alla capacità dei soggetti di svolgere attività fuori e dentro casa e i sintomi della depressione, all'inizio dello studio e altre tre volte, a distanza di tre mesi, sei mesi e un anno. I risultati hanno mostrato una riduzione nel tempo dei sintomi della depressione, tuttavia hanno anche rivelato che il dolore influisce sull'efficacia delle terapie. Nei pazienti colpiti da dolori che hanno provocato un maggiore impedimento nello svolgimento delle attività quotidiane, si è riscontrato un miglioramento minore dei sintomi depressivi. I risultati della ricerca indicano la necessità di rivedere il trattamento della depressione in questi soggetti; appare evidente che si debba anche intervenire per contrastare il dolore, ma anche altre patologie che possano ostacolare la terapia antidepressiva. Secondo Mavandadi, il dolore può interferire con la capacità del paziente e del medico di gestire la depressione, minando le abilità fisiche e psicologiche del soggetto in cura.
La depressione e l'ansia

le categorie più esposte alla depressione sono le donne soprattutto con una prole a carico, e chi svolge lavori di ufficio .

in italia si stimano circa 3 milioni di soggetti in fase depressiva .
le cause principali che scatenano questa sindrome nelle donne sono la responsabilità della famiglia, mancanza di un vero rapporto affettivo, problemi socio-culturali, post-partum, ciclo mestruale, gravidanza, stupri, aborto, violenze di vario genere sia fisiche che psicologiche, discriminazione.

questa sindrome sembrerebbe che ora sia in aumento anche nell' uomo causata spesso da una competitività lavorativa, crisi della mascolinità, bassa autostima, mentre nel mondo adolescenziale un una fase delicatissima come quella della crescita psicofisico si riscontrano casi come bullismo, perdita di identità, scatti di violenza pianti improvvisi senza un valido motivo.

la causa di questo spesso deriva da un involontario abbandono da parte dei genitori che hanno eccessivi impegni di lavoro; creando così una mancanza affettiva e fisica.
l'adolescente così cerca conforto nelle amicizie oppure nell'ambito scolastico, ovviamente trovando non pochi problemi affettivi.

nei soggetti depressi le funzioni vitali (corpo e mente) sono molto rallentate, differentemente dal soggetto ansioso che le funzioni vengono accellerate.
c'è una differenza tra il soggetto depresso e quello ansioso.
il depresso si sente distaccato dal mondo che lo circonda, tende a non provare nessun piace ne affetto,tende ad una solitudine, un pensiero fisso al suicidio.
il depresso è rivolto sempre al passato ricordando esclusivamente solo i ricordi spiacevoli, la paura di affrontare le cose, pessimismo.

un sintomo che spesso non manca mai nel depresso ansioso è una continua stanchezza, cefalee costanti, disturbi digestivi continui, manie, insonnia ( come insonnia si intende anche svegliarsi in piena notte senza un apparente valido motivo), tachicardia improvvisa, senso di oppressione toracica.

l'ansia domina il depresso è la patologia centrale della nevrosi, ed è presente nelle depressioni psicotiche.

in alcuni casi di ansia e depressione nevrotica si sente il bisogno di mangiare esageratamente anche senza aver appetito cadendo in una fase bulimica.
spesso tutto questo viene accompagnato da preoccupazioni e tensioni nervose, difficoltà di respirazione, fastidio in posti affollati, spazi estremamente aperti, tremori.

Iridologo Bioterapeuta

Renato Ventura
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DISTURBI DELLA PERSONALITA'

esistono vari disturbi della personalità, si distinguono in disturbi dell'affettività disturbi del pensiero, disturbi del sonno, disturbi comportamentali, disturbi legati al malessere fisico, manifestazioni emotive, manifestazioni cognitive, motivazionali, vegetative e fisiche e deliri.

per quantO riguarda i disturbi DELL'AFFETTIVITA',i sintomi sono; variazione di umore,ansia, sentimento di colpa, pessimismo.

i disturbi del PENSIERO; rallentamento psicomotorio e idee deliranti.

disturbi del SONNO; insonnia ed iper insonnia

disturbi COMPORTAMENTALI; cambiamento di comportamento sessuale, conflitti famigliari, pensiero al suicidio.

disturbi del MALESSERE FISICO; fatica, dolori di testa, alterazioni dell'equilibrio, dell'udito, perdita di appetito, modificazioni digestive, modifcazioni cardiache, disturbi mestruali.

disturbi di MANIFESTAZIONE EMOTIVA; abbassamento dell'umore, antipatia per se stessi, perdita di gratificazione, crisi di pianto.

disturbi MOTIVAZIONALI; paralisi della volontà, desideri di elusione.

disturbi VEGETATIVE e FISICHE; turbe del sonno, perdita di libido, suscettibilità alla fatica.

disturbi del DELIRIO; senso di inferiorità e povertà, autopunizione.
Questi disturbi di personalità non sono caratterizzati da specifici sintomi o sindromi, come ad esempio il disturbo ossessivo-compulsivo, la depressione o gli attacchi di panico, ma dalla presenza esasperata e rigida di alcune caratteristiche di personalità.
La personalità (o carattere) è stata definita in molti modi, ma si può dire che sia l'insieme delle caratteristiche, o tratti stabili, che rappresentano il modo con il quale ciascuno di noi risponde, interagisce, percepisce e pensa a ciò che gli accade.
Si può anche dire che la personalità sia il modo stabile che ciascuno di noi si è costruito, con le proprie esperienze ed a partire dal proprio temperamento innato, di rapportarsi con gli altri e con il mondo.
I tratti che la compongono rappresentano le caratteristiche del proprio stile di rapporto con gli altri: così esiste per esempio il tratto della dipendenza dagli altri, o della sospettosità, o della seduzione, oppure quello dell'amor proprio.
Normalmente questi tratti devono essere abbastanza flessibili a seconda delle circostanze: così in alcuni momenti sarà utile essere più dipendenti o passivi del solito, mentre in altri sarà più funzionale essere seducenti.
I disturbi della personalità sono caratterizzati dalla rigidità e dalla presentazione inflessibile di tali tratti, anche nelle situazioni meno opportune. Ad esempio, alcune persone tendono sempre a presentarsi in modo seducente indipendentemente dalla situazione nella quale si trovano, rendendo così difficile gestire la situazione; altre persone, invece, tendono ad essere sempre talmente dipendenti dagli altri che non riescono a prendere autonomamente le decisioni.
Solitamente tali tratti diventano così consueti e stabili che le persone stesse non si rendono conto di mettere in atto comportamenti rigidi e inadeguati, da cui derivano le reazioni negative degli altri nei loro confronti, ma si sentono sempre vittime della situazione aumentanto il proprio disturbo.
Così, ad esempio, una persona che presenta un disturbo paranoide di personalità, non capisce che, con il suo comportamento sospettoso, non dà fiducia agli altri, richiamando fregature e reazioni aggressive, confermandosi l'idea che non ci si può fidare di nessuno.
I disturbi di personalità sono stati classificati, secondo la più diffusa classificazione psicopatologica, in tre categorie:

Disturbi caratterizzati dal comportamento bizzarro:

Disturbo paranoide di personalità: chi ne soffre tende ad interpretare il comportamento degli altri malevolo, comportandosi così sempre in modo sospettoso.

Disturbo schizoide di personalità: chi ne soffre non è interessato al contatto con gli altri, preferendo uno stile di vita distaccato dagli altri.

Disturbo schizotipico di personalità: solitamente è presentato da persone eccentriche nel comportamento, che hanno scarso contatto con la realtà e tendono a dare un'assoluta rilevanza e certezza ad alcune intuizioni magiche.

Disturbi caratterizzati da un'alta emotività:

Disturbo borderline di personalità: solitamente chi ne soffre presenta una marcata impulsività ed una forte instabilità sia nelle relazioni interpersonali sia nell'idea che ha di sé stesso, oscillando tra posizioni estreme in molti campi della propria vita.

Disturbo istrionico di personalità: chi ne soffre tende a ricercare l'attenzione degli altri, ad essere sempre seduttivo e a manifestare in modo marcato e teatrale le proprie emozioni.

Disturbo narcisistico di personalità: tende a sentirsi il migliore di tutti, a ricercare l'ammirazione degli altri e a pensare che tutto gli sia dovuto, data l'importanza che si attribuisce.

Disturbo antisociale di personalità: è una persona che non rispetta in alcun modo le leggi, irrispettoso, non prova senso di colpa per i crimini commessi.

Disturbi caratterizzati da una forte ansietà:
Disturbo evitante di personalità: tende a evitare in modo assoluto le situazioni sociali per la paura dei giudizi negativi degli altri, presentando quindi una marcata timidezza.

Disturbo dipendente di personalità: chi ne soffre presenta un bisogno di essere accudito e seguito da parte degli altri, dando algi altri il mandato per le proprie decisioni .

Disturbo ossessivo compulsivo di personalità: chi ne soffre presenta una marcata tendenza al perfezionismo ed alla precisione, una forte preoccupazione per l'ordine e per il controllo di ciò che accade.

bioterapeuta Renato Ventura
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COME INDENTIFICARE L'ANSIA

Esistono segnali psichici e fisici che danno la possibilità per poter comprendere quando si sta andando incontro ad un sintomo ansioso.
I primi segnali sono a livello psichico con: nervosismo, facile irritabilità, eccessiva preoccupazione, insonnia (come insonnia si intende anche svegliarsi durante la notte senza un valido motivo), sensazione che qualunque cosa tu faccia sia troppo difficile, fastidio nei luoghi affollati.
Mentre i sintomi fisici sono: palpitazioni e sintomi di tachicardia, vertigini senso di nausea, eccessiva sudorazione, respiro accelerato e tremori.

DEPRESSIONI SUBCLINICHE

Le patologie sub-cliniche sono forme molto più frequenti delle depressioni vere e proprie, si presentano meno intense ma molto più persistenti.
Si presentano in forme attenuate, sfumate, con oscillazione dell'umore appena percettibili e spesso vengono confuse con la normale stanchezza.
Non sono ancora classificate come vere depressioni e sono definite come stati di: distimia, ipertimia e ciclotimia.

DISTIMIA: è classificata come una forma attenuata della depressione.
I disturbi spesso iniziano verso i dodici anni, la percezione della vita è di colore grigio, sono soggetti sensibili, insicuri, con tendenza alla timidezza ed al pessimismo, spesso repressi.
Il loro stato provoca una tensione psichica con conseguente squilibrio neurovegetativo.
In questi pazienti spesso si riscontrano disturbi digestivi, difficoltà respiratorie, morbo di Crohn, stitichezza, ipertensione.

IPERTIMIA: spesso di questa patologia ne soffrono quelle persone che nella vita non si fermano un attimo, son sempre di corsa.
Generalmente sono sempre in cerca di nuovi stimoli emozionali, poco importa che siano emozioni positive oppure negative, l'importante per esse è che ci sia un'emozione. Sono sempre pieni di idee, fiduciosi nelle loro capacità, arroganti ed estroversi.
Spesso accade, però, che intorno ai 45- 60 anni cadono in uno stato depressivo con reazioni anche violente e non accettano con facilità un eventuale stato di malattia.

CICLOTIMIA: i soggetti ciclotimici si presentano con un umore variabile, instabili nei rapporti sociali come il lavoro oppure nella vita affettiva, qualsiasi cosa iniziano, anche se con grande entusiasmo, non riescono mai a portarlo a termine.
La donna ciclotimia, soprattutto in menopausa, tende ad avere problemi depressivi con scompensi neuro.ormonali, soffre spesso di labilità di umore, da un eccesso gioioso ad uno stato apatico, da una iperattività ad uno stato di passività.
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LE DEPRESSIONI STAGIONALI

Le depressioni stagionali si manifestano durante la stagione invernale; i sintomi tipici sono stanchezza, tristezza, aumento del bisogno di dormire, mancanza di energie. Si tratta di una condizione legata alla diminuzione delle ore di luce diurna e ai periodi prolungati di oscurità tipici della stagione fredda e colpisce circa il 2% della popolazione europea, con un'incidenza nelle donne superiore di quattro volte rispetto agli uomini. La causa precisa di questa patologia non è conosciuta, ma si ritiene che sia connessa a uno squilibrio biochimico di alcuni ormoni (melatonina e serotonina) a livello cerebrale. Tutti i sintomi regrediscono rapidamente con l'arrivo della primavera e sono comunque generalmente più lievi di quelli che colpiscono i malati di depressione clinica; in ogni caso, quando la situazione incide sulle proprie capacità di svolgere efficacemente i compiti quotidiani, è opportuno consultare un medico. Il trattamento delle depressioni stagionali prevede solitamente un ciclo di fototerapia, un trattamento farmacologico o una combinazione di entrambi. La fototerapia consiste generalmente nell'esposizione per mezz'ora al giorno alla luce di lampade apposite; lo scopo della fototerapia è quello di riequilibrare i livelli di melatonina nell'organismo.
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L'ENERGIA DI TENSIONE DELL'UOMO

L’energia di tensione e
di combinazione degli
opposti:

Problemi per l’attuazione della situazione simbolica nel paziente psicotico e nel terapeuta
Joseph W. T. Redfearn, Londra
Vorrei discutere alcuni problemi che si pongono al
terapeuta quando si trova ad affrontare delle opposizioni conflittuali nei suoi pazienti 'psicotici' e nelle parti psicotiche dei suoi pazienti 'normali' e di se stesso.
Naturalmente, quando sorgono delle situazioni frustranti o senza via d'uscita, il paziente psicotico può attribuire al terapeuta moventi o intenzioni cattive.
ma la questione non è sempre cosi semplice. Il paziente in realtà può sentire la necessità di scaricare nel o sul terapeuta le sue sofferenze o le sue parti cattive. Per il paziente questa può essere una questione di sopravvivenza, almeno nel
senso di salute fisica.
Definisco come livello della relazione primaria, il livello a cui si svolgono le interazioni psichiche o psicofisiche di questo tipo. E' una situazione per molti versi simile a quella che si instaura fra la madre e il bambino.
A questo livello, noi siamo estremamente sensibili, fin nei più specifici dettagli, all'atmosfera emotiva.
I bisogni cosiddetti narcisistici sono bisogni corporei.
Il bisogno di scaricare ciò che è cattivo e in seguito di proiettarlo è una necessità sia fisica che psichica.
Usando la terminologia di E. Neumann. ci troviamo di
fronte allo stadio uroborico dello sviluppo psichico e alla prima fase dello stadio della Grande Madre in cui abbiamo una grande madre o madre cosmica, dispensatrice di vita.
Onnipotente e una grande madre distruttrice
del mondo e annientatrice.
Se noi quindi ci rappresentiamo come si configura quella potente e terrificante parte del Sé che domina la situazione fra noi e il paziente psicotico, saremo più inclini ad attribuire la dovuta considerazione a questo rapporto.
Molti di noi hanno avuto a che fare con il paziente
psicotico non trattato che in modo evidente deve agire i propri impulsi con intenzioni violente e perfino omicide per trovare sollievo. Per questo motivo, è necessario che noi.
in quanto terapeuti, ci distacchiamo da noi stessi o
per lo meno spartiamo con altre persone le proiezioni cattive e distruttive e le conseguenze fisiche di questi sentimenti cattivi « messi dentro di noi » dai nostri pazienti psicotici.
E in questo modo il problema diventa più segnatamente sociale.
Lo stadio uroborico è caratterizzato dalla presenza di un'energia psichica indifferenziata e da un cosmo indifferenziato.
Più tardi, avviene la differenziazione in moti
pulsionali di segno opposto con le relative emozioni e immagini opposte e ci si trova di fronte a po-tentissime forze elementari in mutua relazione creativa e distruttiva al contempo.
Non dobbiamo dimenticarci che nella psiche
umana ha luogo un processo di disintegrazione che è esso stesso l'opposto della sintesi creativa degli opposti che noi associamo al processo simbolico.
Ignorare gli aspetti distruttivi, implacabili e castranti della natura e di noi stessi è un pericoloso atteggiamento suicida.
Nel trattamento degli psicotici noi analizziamo questi livelli in noi stessi, nei nostri pazienti e nella società.
Questo livello psichico primario si trova in stretto collegamento con gli aspetti archetipici di unione e separazione e con le immense energie creative e distruttive coinvolte.
L'unione esprime amore, fusione, coesione,
nutrimento, coniunctio oppositorum, creazione. Nella sua forma meno positiva, si risolve in allucinazioni, deliri e idee di riferimento.
La separazione, nei suoi aspetti positivi, esprime differenziazione e mira ad evitare il malessere, il dolore e l'ipereccitazione.
Evitiamo il dolore derivante da sentimenti
contrastanti mediante la separazione. Rompiamo
unioni che sono intollerabili — perché inducono un livello troppo alto di depressione, perché troppo cariche di tensione, perché nocive alla salute, perché ci distruggono, o ci indeboliscono, o ci esauriscono, o ci danneggiano, o perché sono semplicemente troppo confuse e caotiche.
Evitiamo di essere dolorosamente penetrati,
o invasi, o inghiottiti, o dominati, o annientati o trattati come non-persone.
Ma lo psicotico per sopravvivere ci rende oggetto di tutte queste azioni. e deve farlo per evitare di esserne lui stesso oggetto.
Per brevità, noi definiamo queste modalità di interazione del paziente come difese scissionali. Esse sono sentite come estremamente lesive se risultano totalmente efficaci.
Eliminare le difese scissionali è sempre un fatto doloroso.
sia per il paziente che per l'analista. Secondo una scala di priorità, questo compito richiede capacità di
sopravvivenza, identificazione, interesse e perfino amore da parte del terapeuta.
Fortunatamente il paziente spesso insegna al terapeuta come acquisire questa
capacità.
La madre, II terapeuta e più tardi l'Io come contenitore e sostegno.
L'immagine alchemica di forze psichiche opposte o di sostanze che entrano in contatto all'interno di un contenitore.
producendo assorbimento o creazione di energia,
può essere impiegata come modello per comprendere alcuni fenomeni psicotici.
Innanzitutto, si prenda in considerazione il processo
simbolico, implicato nella terapia e nell'individuazione.
Un conflitto individuale o una crisi esistenziale si risolveranno nell'attivazione di tendenze conflittuali inconsce in contrasto con attività archetipiche. Nell'elaborazione di questi conflitti, la persona sana sarà in grado di usare alcuni elementi contenitori e l'energia prodotta verrà trattenuta e impiegata in modo creativo invece di essere dispersa o di produrre distruzione.
esplosione o disintegrazione. In altre parole, la persona sana, nel corso della sua maturazione, avrà appreso a tollerare e a risolvere i conflitti in se stessa.
La capacità di tollerare e risolvere i conflitti viene di solito ritenuta un aspetto importante dell'Io. Nei primi mesi di vita.
la madre e l'ambiente provvedono a questa funzione di sostegno e l'Io durante il processo di maturazione introietta le particolari modalità materne di sorreggere, contenere,
dilazionare e delimitare i patterns istintuali in conflitto.
La capacità simbolica in generale, dipende dall'introiezione della capacità di sostegno della madre.
Essa può essere appresa successivamente. ad esempio dal terapeuta.
Se la capacità di sostegno dell'Io non è sufficiente a
consentire la tolleranza del conflitto e provoca l'emergenza di un simbolo di rafforzamento vitale o di un'attività creativa, possono essere impiegate varie funzioni ausiliarie di contenimento. Una figura parentale o un surrogato di una figura parentale, un amico, l'analista, la situazione analitica, convenzioni, norme e principi morali,
rituali, una funzione di Persona, la dram-matizzazione.
che trasforma il conflitto in attività lu-dica, o l'ambito
dell'attività estetica, sono gli strumenti universali che
forniscono la struttura, i limiti e le interdizioni. nel cui
ambito può trovare una soluzione il conflitto morale. Tutti
corrispondono quindi a quelle versioni del recipiente
alchemico. o sono parti o frammenti o versioni in
miniatura di esso. In questo contesto potrebbero essere
definiti ausilii dell'Io o sostituti dell'Io.
Nella persona matura, questo 'recipiente alchemico'
corrisponde a un senso di identità personale fondata
sull'immagine corporea. In altre parole. la struttura di
base del recipiente è una forma umana. A questo primo livello,
il recipiente, il corpo della grande madre, e l'Io corporeo dell'individuo
non si differenziano .
Come ho già detto, questa funzione di contenitore, sebbene
innata, si viene normalmente formando e si differenzia
attraverso il modo in cui il bambino sperimenta
l'atteggiamento con cui la madre lo afferma e
lo riconosce come persona. L'archetipo madrecontenitore-
Sé all'inizio coincide con il cosmo ed è quindi relativamente
illimitato e indifferenziato. Il contenimento e la limitazione
dell'eccitamento vengono effettuati dalla madre reale.
Più tardi, la madre, o meglio l'interno del suo corpo,
viene sperimentata in modo archetipico come il
paradiso, lo scrigno del tesoro e come l'inferno,
fondamentalmente in relazione al modo in cui essa viene
percepita, se in termini di accettazione o di rifiuto del
bambino.
Più tardi, la madre assume dimensioni più umane e la
funzione di contenitore si colloca all'interno dell'Io
corporeo dell'individuo. Nelle gioie e nei dolori della
relazione personale madre-bambino, si prolunga ancora
quell 'alternarsi di delizie e spasimi, collegati al dà-eprende
del nutrimento, del gioco e della comunicazione.
Riprendendo l'idea del recipiente alchemico come analogo
dell'Io corporeo, dobbiamo renderci conto che il
'recipiente' di un individuo forte e maturo può contenere e
trasformare ampie quantità di energia prodotta
dall'incontro degli opposti. Il 'recipiente' dell'individuo
debole e schizoide, invece, può contenere e trattenere
piccole quantità di energia. Egli è facilmente ipereccitato.
L'energia in breve tempo raggiunge il livello in cui il
recipiente viene sperimentato in modo distruttivo. Esso
assume dimensioni onnipotenti e facilmente tende o ad
essere percepito come un attributo dell'Io. o ad essere
proiettato e quindi alienato dall'Io. In entrambi i casi, la
situazione implica un'assenza di responsabilità reale in
rapporto alle forze coinvolte.

Cosi per l'individuo borderline l'approccio con « l'Altro »
spesso viene respinto o viene sentito come una parte del
Sé o ancora viene completamente posto sotto controllo.
Se incorporato. « l'Altro » può diventare cattivo e deve
essere espulso. Tutti questi fenomeni sono sperimentati
a livello cosciente nell'Io corporeo dell'individuo
più forte. L'Io corporeo dell'individuo più forte
può contenere grandi quantità di amore e di energia,
mentre l'lo corporeo dell'individuo debole può contenerne
piccole quantità prima di disperderle nell'eiaculazione
precoce, propria o metaforica, nell*acting-out o nella
rabbia. D'altra parte, sentiamo parlare di uomini
straordinari capaci di accogliere realmente in se stessi
non solo i problemi, ma anche i disturbi somatici di amici
o di altre persone, di soffrire per essi e di superare la
sofferenza. Indipendentemente dalla loro stretta
aderenza alla realtà, questi casi illustrano il mio concetto
di contenitori forti.
Ora come sostengono gli eredi di W. Reich. la quantità di
energia che si può contenere dipende dall'assenza di «
armatura » nevrotica e dalla vitalità del corpo. Per quanto
mi riguarda, tuttavia, non sono dell'avviso di far coincidere
la vitalità con l'assenza di sofferenza o anche di malattia.
Ad esempio, la pseudosalute corporea di molti individui
eccentrici, ascetici, schizofrenici, ipomaniacali. può
essere realizzata a spese dei parenti invece che
attraverso la sofferenza e la trasformazione. E questo si
può applicare anche al narcisista che ben rientra
completamente nei limiti della normalità.
Questa ipotesi, per cui da un lato c'è una sorta di salute
apparente basata sulla proiezione di ciò che è cattivo.
dall'altro, un altro tipo di salute corporea basata sul
l'accettazione e sulla trasformazione, costituisce
attualmente solo un suggerimento per la ricerca medica e
bioenergetica e non un'asserzione di fatto.
Secondo la mia ipotesi, non è l'Io che scarica o che
proietta ciò che è cattivo, ma una funzione archetipica
dell'Io corporeo. Più tardi, essa ha a che fare con l'Immagine
narcisistica del Sé, o egotismo, e non. a mio avviso, con l'Io.
Nel caso di pazienti che si trovino a quello livello, un
primo sentimento affermativo nel terapeuta o in chi si
occupa di loro, viene percepito con molta sensibilità e
provoca una reazione. Tuttavia, un atteggiamento affermativo
primario deve essere pazientemente elaborato
in molti mesi di terapia e non esprime necessariamente
la risposta 'istintiva' del terapeuta 'nato'. La risposta istintiva
del terapeuta tende ad essere simile o contraria a quella
che la madre reale aveva originariamente manifestato
o sviluppato nei confronti del paziente.
Il terapeuta, durante il trattamento, deve imparare
dal paziente ad essere in grado di assumere un atteggiamento
affermativo o di riconoscimento nei confronti dei suoi impulsi
'cattivi1 o 'distruttivi', specialmente quando questi implicano perdita reale o
sacrificio da parte del terapeuta.
A questo livello schizoide del funzionamento della vita
mentale, sia la vicinanza, il contatto con il paziente. che
la separazione o l'allontanamento devono essere trattati
con molta sensibilità. Per l'individuo schizoide.
l'eccitamento che noi tutti proviamo di fronte ad un'intimità
crescente, tende ad essere sperimentato come invadente,
distruttivo o deleterio.
Viceversa, l'allontanamento della persona amata
fa emergere immagini o impulsi estremamente negativi
e distruttivi, che spesso vengono proiettati.
Cosi la madre amata o la persona amata che si allontana,
diventa una strega odiosa,un'assassina,
qualcuno da cui bisogna liberarsi. L'altra persona
deve essere controllata in modo onnipotente o
diventa l'oggetto di sentimenti o di impulsi intensi da un
punto di vista energetico. Cosi, a livello di relazione
primaria. « Voglio starti vicino » diventa « Tu hai delle
mire sessuali nei miei confronti » o » Ci sposeremo »; «
Ti odio perché rifiuti di stare con me » diventa « Tu stai
per uccidermi » e « Ti odio perché mi lasci dopo una cosi
breve visita » può diventare » Tu sei Satana ». Non solo
è importante un allontanamento naturale e corretto, ma
anche i tempi non devono risultare forzati. Durante il
primo periodo di cure materne. la madre è capace di
armonizzare i suoi tempi con quelli del bambino e con le
sue funzioni naturali. Obbligare il bambino alle scadenze
della madre, costituisce una grave alterazione
specialmente del sistema autonomo e può dare origine a
una precoce relazione lo-Sé una falsa struttura
condiscendente ego-simile, piuttosto che una struttura
realmente collegata al Sé e alle funzioni corporee
inconsce basate sul sistema autonomo.
A questo livello, il simbolo non esiste, la metafora è la
realtà empirica, poiché l'eccitazione provocata da poli
opposti in conflitto non può essere contenuta e
trasformata. Non e? sono « come ée ». non c'è senso
dell'umorismo, nessuna tolleranza dell'ambivalenza, e
quindi tutte queste funzioni devono essere espletate dal
terapeuta.
L'« eccitazione della scena primaria ». nella sua forma
archetipica di base. appartiene a questa sfera dell'esperienza.
Nelle sue forme più arcaiche. l'interazione divorante
fra padri e figli viene rappresentata con mostri
immaginar! e con patterns muscolari e autonomi molto
primitivi. Queste esperienze sono preumane e prepersonali
e precedono l'emergenza dell'immagine umana del
Sé. In relazione a come vengono analizzate la Persona e
l'Ombra, la scena primaria o la coniunctio oppositorum, e
il legame fra l'« lo » e il proprio corpo, possono assumere
da un Iato forme bizzarre e mostruose, dall'altro sublimi o
quasi divine.
Sia la Persona che l'Ombra sono Sé corporei parziali.
almeno nella misura in cui restano dei patterns inadattabili
e stereotipati relativamente staccati dall'Io.
Preferisco usare i termini funzione-persona e funzioneombra
per descrivere le forme sane dell'Io accessibile
presenti in queste parti del Sé. Gli opposti incontenibili
possono naturalmente trarre la loro origine dall'ambiente,
da un genitore psicotico, o da genitori costantemente in
contrastro fra di loro. o da intollerabili situazioni di doppio
legame. Mi ricordo di una paziente che nel suo stato
psicotico si lamentava di non esistere nel suo corpo e di
provare la sensazione di viverne fuori. Quando incontrai
sua madre con i suoi autoinganni e le sue menzogne,
provai proprio le stesse sensazioni lamentate dalla mia
paziente, e compresi esattamente le ragioni per cui ella si
sentiva cosi.

R. D. Laing in Inghilterra e Harold Searles
negli USA hanno descritto in modo convincente le
massicce introiezioni di genitori psicotici e di situazioni
psicotico-genetiche; non c'è quindi nessun bisogno di
dilungarci troppo sull'argomento. Jung fu forse il primo a
sottolineare come i genitori in un certo senso impongono
ai figli la loro presenza, il loro mondo e soprattutto i loro
complessi inconsci. A livello schizoide, gli impulsi
corporei e le scariche affettive sono sperimentati come
eventi cosmici. Più tardi, patterns non integrati di scarica
affettiva, quando sono estranei all’lo, vengono
sperimentati nello stesso modo cioè come forze
estranee. I pazienti descrivono le loro scariche non
integrate come venti impetuosi o come forze elementari,
ecc. Jung ne fornisce un esempio eccellente nel sogno in
cui cammina con la propria ombra davanti a sé lottando
contro un vento violento. Egli osserva che l'ombra viene
proiettata dalla debole luce della coscienza. In una
conferenza tenuta l'anno scorso a Berlino Kate Newton
ed io abbiamo descritto come in una paziente borderline i
suoi impulsi genitali corporei e la sua rabbia infantile
venivano sperimentati innanzitutto in questo modo. cioè
come forze elementari incontrollabili e come attraverso la
relazione primaria affermativa con l'analista, queste parti
del Sé furono progressivamente contenute e funzionalmente
collegate a un lo ora più benevolo.
Il « contenimento da parte dell'Io » non dovrebbe essere
confuso con il concetto di padroneggiamento e controllo
che è un meccanismo di difesa maniacale o ossessivo
tanto illusorio quanto il controllo del vento o del fulmine.
L'assunzione di atteggiamenti prematuri e stereotipati
nei confronti di queste forze archetipiche si è diffusa
nella psicologia collettiva e di certo non dovrebbe
essere lo psicologo analitico ad incrementarla. Tutte le «
tecniche » rappresentano illusioni di questo tipo.
Interpretazioni premature e riduttive cosi come
introiezioni e idealizzazioni da parte del terapeuta,
possono entrambe rivelarsi pericolose. in quanto
accrescono le difese scissionali. Se c'è una scissione fra
ciò che è corporeo e ciò che è spirituale. noi non
dovremmo fare in modo di peggiorare la situazione
mediante interpretazioni unilaterali.
Con ciò ritengo chiusa la questione sul livello prepersonale
di funzionamento psichico. Da un analista che
non sia cosciente di questo livello in se stesso, non ci si
può aspettare che riesca con pazienti in cui le cose non
hanno funzionato a questo livello. Una madre
che non abbia funzionato bene a questo livello, che non è
una persona quindi, non potrebbe aiutare suo figlio a
diventare una persona con un senso personale di
identità.
Parti maniacali e depressive del Sé.
Mentre lo schizoide o il paranoico per sopravvivere
mettono in atto la scissione e tendono a proiettare ciò che è cattivo, potremo affermare invece che il depresso introduce in sé ciò che è cattivo per preservare l'Altro amato, e l'individuo maniacale nega i propri sentimenti cattivi e di dipendenza dell'Altro amato. II depresso tende ad incorporare in se stesso l'Altro, negando le sue parti
cattive e la sua ostilità per paura di perdere o di
danneggiare l'Altro. Cosi è possibile stabilire che le
psicosi affettive rappresentano dei tentativi prematuri di
raggiungere la strutturazione affettiva della personalità
totale. Sono prematuri perché ciò che è buono o ciò che
è cattivo non vengono pienamente assimilati prima di
essere trasformati. Il diniego maniacale è una scorciatoia
verso la trasformazione e l'introiezione depressiva è
un'incorporazione difensiva di ciò che è cattivo. Per usare
una metafora di tipo orale, non esiste ancora la possibilità
di masticare e assorbire solo ciò che è buono mentre si
sputa solo ciò che è cattivo.
All'incirca verso gli otto mesi, come tutti I genitori sanno
per esperienza, il bambino è in grado di rapportarsi alla
madre come persona, di effettuare una distinzione fra lei
e gli altri, di differenziarla da se stesso e perfino di
manifestarle il proprio amore in modo affettuoso. Noi
riteniamo che l'amore per la madre faccia insorgere nel
bambino sentimenti di tristezza o di malessere, piuttosto
che sentimenti di odio quando essa si dimostra in collera
con lui. I meccanismi paranoidi e scissionali vengono
sostituiti da meccanismi depressivi in cui l'aggressività
comincia ad essere contenuta da parte del bambino a
causa dell'importanza rivestita dalle originarie esperienze
d'amore con la madre. Il bambino normale può iniziare a
differire o a inibire i suoi impulsi. Si ricorda della madre
nei suoi diversi aspetti, quando si avvicina e quando si
allontana, quando da e quando toglie, quando gli
dimostra affetto e quando è in collera con lui. e cosi via.
La grande madre buona e la grande madre cattiva assumono ora una forma molto più umana, il bambino è più distaccato dalla madre, si è costituito come persona a patto che la madre lo abbia affermato come tale e continui a farlo.
Siamo alle soglie dello stadio patriarcale
di Neumann, ('inizio di quello stadio che Margaret Mahler
definisce di individuazione e di separazione dalla madre e dall'involucro simbiotico che racchiude la madre e il bambino nell'unità duale della relazione primaria.
Nel secondo anno di vita. il bambino nel l'affrontare i genitori impara a dire « no », diventando cosi meno vulnerabile alla penetrazione di forze esterne cattive.
Secondo me. sia la depressione che la mania implicano dei tentativi prematuri e indiretti di incorporare l'Altro amato come un tutto, con modalità opposte ma ugualmente efficaci di trattare i sentimenti cattivi o inaccettabili.
Per ciò che riguarda il trattamento, ritengo che la
preoccupazione principale del terapeuta nella cura di pazienti depressi sia di proteggerli dalla loro autodistruttività e di aiutarli a rischiare di sentirsi in collera con l'Altro amato.
La preoccupazione principale del terapeuta
con il paziente maniacale invece deve essere quella di affermare e difendere la propria identità e il proprio punto di vista dal momento che sente costantemente il pericolo di essere inghiottito e sopraffatto da lui.
Il depresso si sente divorato dal Sé. il maniacale sente di aver divorato il Sé, come Jung ha cosi bene dimostrato di capire nei suoi « due saggi ». li Sé include la proiezione degli archetipi, compresa la madre e spesso entrambi i genitori.
Mi ricordo molto bene della condizione di
eccitamento e di onnipotenza in cui mi trovai quando per la prima volta provai la sensazione di aver divorato il mio analista ed egli fronteggiò con successo questa situazione, utilizzando in modo non analitico i miei sentimenti buoni e la relazione che si era stabilita fra di noi.
A mio avviso.
la dove questo non avviene, la terapia degli stati maniacali non è possibile.
Il paziente di solito conclude il
rapporto quando si sente perfettamente bene.
Sarebbe quasi inconcepibile per me trattare analiticamente
pazienti depressi senza usare nozioni come quelle
di rabbia, sentimenti cattivi, divoramento e incorporazione.
sensazioni di sopraffazione e cosi via. Mi
sarebbe quasi impossibile stabilire una relazione con le
parti maniacali dei miei pazienti o di me stesso. senza
usare concetti ormai, credo, ben assimilati come quelli di
negazione di dipendenza, controllo, trionfo e disprezzo.
Spero di essere riuscito a fornire alcune indicazioni su
come costantemente io cerchi di connettere la cosiddetta
sintomatologia con il comportamento del paziente. con il
suo lo corporeo, a livello in cui si possano comprendere
questi cosiddetti meccanismi di difesa in termini di
fantasie inconsce e collegarli alla base con processi
archetipici e con il Sé, che include il reale funzionamento
del sistema digerente, ricordiamolo. Lasciarsi coinvolgere
dalle fantasie del paziente senza porle in relazione con il
comportamento reale e con ciò che gli succede, significa
farsi inghiottire da lui e dalla sua psicosi, il che equivale
ad abbandonarlo nel vero senso della parola.
// controtransfert nei confronti di pazienti psicotici.
La natura contagiosa dei pazienti maniacali è naturalmente
ben nota; tendiamo ad essere inghiottiti da loro.
nel senso di essere dominati dal loro umore e dalle loro
opinioni, fino a che non si raggiunge il punto di rottura in
cui non si può più procedere oltre e può capitare di
dovere prendere il sopravvento.
Questo punto di rottura in parecchi miei pazienti era una
vera e propria reazione « viscerale ». Mi sono accorto
che seguirli nel loro mondo corrispondeva ad un
esercizio di attorcigliamento e contrazione delle viscere in crescendo,
fin quando non affermavo me stesso e il mio punto di vista.
E sono proprio sicuro che i miei intestini sono stati realmente coinvolti nel modo in cui l'ho descritto. Per inciso.
una
mia paziente maniacale si espresse in modo molto
appropriato proprio un giorno prima di essere ricoverata
in ospedale, quando mi comunicò che il suo desiderio più
forte in quel momento era di strapparmi le budella e
sembrava proprio che lo stesse facendo. Naturalmente,
nemmeno il terapeuta che non può lasciarsi andare, ad
esempio che non vuoi farsi inghiottire dal proprio
paziente, serve a gran che. anche se può andare bene
per certi stati d'animo e condizioni. Sebbene si debba
essere pronti a lottare per conservare la nostra identità e
i nostri valori piuttosto che essere sopraffatti dal
paziente, si deve anche essere sempre pronti in un
qualche modo a frantumarli, per l'emergenza di nuovi
dati. di nuove circostanze, di nuovi aspetti del paziente.
I sentimenti del controtransfert, ovvero la costante
consapevolezza dell'atmosfera archetipica, sono la guida
migliore alla comprensione del livello psicopatologico e
della natura della situazione fra il paziente e la
costellazione dell'analista.
Ho sempre visto che un semplice sforzo di consapevolezza e volontà
è bastato a produrre il distanziamento necessario o la separazione.
Le sensazioni di « essere penetrato » o » coinvolto » o »
inghiottito » sono per il terapeuta esperto una guida
preziosa per conoscere i desideri e le fantasie inconsce
del paziente e possono fornire valide informazioni sulla
parte del terapeuta che il paziente desidera penetrare e
sulla quantità di sadismo implicata nella penetrazione.
Non sono le parole con cui viene espresso il problema personale o i commenti
che contano, ma il modo in cui viene posta la questione e
la quantità di disagio provocata nel terapeuta. (Forse vale
la pena citare le reazioni di controtransfert da me
sperimentate più di frequente con i pazienti psicotici. Ho
spesso provato un senso di sgomento e di tristezza
quando il paziente mostra di scivolar via dal punto in cui
sei con lui. indignazione quando un paziente rappresenta
tutto ciò che è buono ed io tutto ciò che è cattivo e
spesso in questi casi la sensazione di essere derubato;
sono rimasto gelato dall'orrore di fronte all'insensibilità
schizoide, ad esempio una descrizione del cosiddetto
amoreggiamento quando le difese schizoidi sono
dominanti, mi sono spesso sentito completamente
sommergere dall'afflusso di materiale inconscio
proveniente da pazienti sull'orlo della psicosi e mi sono
accorto che spesso è prudente dirlo;
talvolta ho provato spavento quando un paziente scindeva
le sue paure e faceva si che io le provassi al posto
suo; l'attorcigliamento e la contrazione delle viscere è
abbastanza comune, specialmente in situazioni di gruppo
potenzialmente violente, o quando diventa assolutamente
necessario « rompere » con il paziente per il suo bene o
per il nostro bene; talvolta provo una sensazione di
intorpidimento o debolezza nelle braccia quando inibisco
un forte impulso a picchiare il paziente; sentimenti omicidi
quando un'anima malefica viene inglobata in una
costellazione. Ho elencato i sentimenti negativi, ma il
paziente con carenze a livello primario elicita nel
terapeuta desideri istintivi di amore primario,desiderio
di possesso, di accarezzamento. di vezzeggiamento, di
nutrimento, ecc.. che sono molto più difficili da
elencare rispetto a quelli negativi). Ora l'energia con cui
la difesa psicotica, ad esempio la scissione o la
proiezione, è investita, costituisce la quantità di energia
che in caso di intervento terapeutico deve essere
contenuta e trattenuta. E' l'energia della tensione e della
combinazione degli opposti quella a cui mi riferisco. E'
una esperienza commovente quando nel paziente il suo
lo forte ed equilibrato si sostituisce agli sforzi pazienti del
terapeuta e quando le forze estranee e spaventose
legate a moti istintuali non integrati vengono accettate come parti del
mondo interno di un essere umano responsabile.
Qualche volta, per esempio nei bambini, questo può
verificarsi molto rapidamente durante il corso del trattamento.
In altri casi si tratta di mesi o anni di lavoro
paziente contro il gradiente della propria natura istintuale.
L'atteggiamento simbolico richiede che si attribuisca
pieno riconoscimento all'inconscio e alla psiche, comprese
le esperienze di tipo fantastico e soprannaturale e
la cosiddetta fantasia. Espressioni come quella di «
acting-out ». mi sembra che corrano il pericolo di portare
a una svalutazione della psiche. Ciò che il paziente
compie mediante l'atteggiamento simbolico è una sintesi
di « acting-out » e di « non acting-out » — un nuovo
atteggiamento nei confronti degli impulsi e
dell'emergenza del simbolo. Noi. in quanto terapeuti.
cerchiamo di sviluppare un atteggiamento simile nei
confronti del paziente e delle sue fantasie. Proprio come
una madre troppo realistica o troppo autistica può
distruggere o distorcere la magica onnipotenza vitale del
suo bambino e può soffocare tutta la sua gioia di vivere,
cosi il terapeuta troppo « realistico » o troppo autistico
può impedire l'avvio stesso del processo terapeutico. Ma
egli deve essere fedele a se stesso e sincero nei suoi
rapporti in particolar modo con il paziente psicotico,
cosicché se il terapeuta non è riuscito a far fronte alle
forze primarie che agiscono in lui, non può avere
l'empatia necessaria e l'integrità per affrontarle nel suo
paziente. Questo naturalmente si applica alla Persona,
ma con un paziente psicotico si applica anche all'Ombra,
all'Anima, ai processi di scissione e differenziazione fra
bene e male, ai più profondi livelli della psiche, dove
psiche, immagine corporea e attività somatica non sono
più differen-ziabili.
L'organizzazione dell'ambiente terapeutico.
I pazienti psicotici richiedono che il rapporto con il
terapeuta sia buono, o che sia diventato buono a livello primario.
I pazienti nevrotici a questo livello hanno comunque
un rapporto più o meno buono.
L'elemento frustrante nella cura di pazienti psicotici è
rappresentato dalla difficoltà di fornire una quota
soddisfacente di trattamento a questo livello. Certamente
non basta vedere anche ogni giorno i pazienti se per il
resto del tempo vivono in un ambiente psicoticogenico.
Questo è il motivo per cui il progetto Agnew, luoghi come
Chestnut Lodge e la Philadelphia Association in
Inghilterra, sono così validi e importanti. Abbiamo
bisogno di un'istituzione analoga per il gruppo italiano
degli analisti qualificati.
in italia non disponiamo di un centro residenziale, dove
possiamo seguire i nostri pazienti in analisi quando essi
hanno bisogno di un ambiente simile. Abbiamo pochi
ospedali accoglienti e sono soprattutto quelli in cui
operano i nostri mèmbri che si orientano nel fornire
questa disponibilità, ma in nessuno di essi l'Intero staff segue questo tipo di approccio alla psicosi. Il training e l'approccio medico classico da una parte, e l'approccio psicoanalitico classico dall'altra. sono entrambi schizoidi in alto grado e l'enfasi sull'impostazione scientifica del diciannovesimo secolo e la selezione dei medici in posti chiave per le loro doti accademiche incrementano la scissione fra sentimenti e comportamento, sentire e pensare, paziente e terapeuta, invece di curare queste scissioni e di umanizzare il terapeuta e tramite lui il
paziente.
Tuttavia, la generazione più giovane di medici non sembra a questo proposito così malamente orientata come la nostra, e probabilmente possiamo aspettarci da parte dei medici una migliore comprensione delle questioni che io ho affrontato in questa relazione.
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ALCOLISMO

L'alcolismo è una patologia che riguarda una percentuale di consumatori di alcolici, caratterizzata dall'incapacità di smettere di bere alcol. Nell'alcolista sono spesso presenti il bisogno di dosi sempre più elevate di alcol (assuefazione), la comparsa dei sintomi di astinenza se il soggeto non beve, l'impossibilità di controllarsi, il desiderio continuo dell'alcol e la sua continua ricerca e soprattutto la persistenza nell'uso degli alcolici nonostante la consapevolezza delle conseguenze negative (fisiche, psichiche, sociali).
Per chi non fosse convinto che un consumo continuo di alcol (vino compreso) è dannoso, si può ricordare che, oltre ai danni epatici (epatite e cirrosi), l'alcol può essere causa di gastriti, ulcera gastrica e duodenale, insufficienza pancreatica, miocardiopatie, miopatie, alcune forme di cancro (carcinoma all'esofago), disturbi nervosi (sindrome di Korsakov, malattia di Marchiafava-Bignami). L'alcol etilico viene degradato nel fegato ad acetaldeide dall'alcol-deidrogenasi, poi ad acetato dall'acetaldeide-deidrogenasi e infine ad acetil-CoA che entra nel ciclo di Krebs. Durante il processo si formano acidi grassi che non vengono degradati a causa dell'effetto tossico dell'alcol sui mitocondri; da ciò deriva l'eccessiva presenza di grassi nel fegato dei bevitori.
Le cause - Sono di natura psichica e/o sociale (cultura del bere, abitudini e stili di vita ecc.). Esistono stati intermedi che facilitano l'esordio della malattia; sicuramente la visione non salutistica dell'alcol è uno dei fattori più importanti: il soggetto sceglie "l'alcol" come oggetto di conforto, finendo per perdere il controllo della situazione. L'alcolista diventa quindi un malato, non un vizioso. La comprensione della strada che porta all'alcolismo è fondamentale per capire come sia possibile prevenire il fenomeno con campagne di sensibilizzazione sull'alcol, non più visto come un alimento (le cui virtù nutrizionali sono praticamente nulle) o un farmaco ("un bicchiere di vino fa bene al cuore"), ma come una sostanza apportatrice di un bilancio comunque negativo nella vita dell'individuo: in altri termini, con maggiori danni che vantaggi (anche dal punto di vista salutistico, se un bicchiere di vino fa, forse, bene al cuore, sicuramente sovraccarica inutilmente il fegato).
Le cure - Recentemente sono stati sviluppati molti programmi terapeutici sempre più concreti. Fondamentale è la motivazione del soggetto a curarsi e la comprensione dell'incapacità di uscire da solo dal tunnel dell'alcol. Tanto prima si ha questa consapevolezza, tanto migliori sono i risultati della terapia. Purtroppo la patologia è soggetta al rischio di ricadute.
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ANORESSIA

L'anoressia è uno stato morboso sintomatico causato da una malattia o da un'alterazione psichica (anoressia mentale). Quest'ultimo caso è generalmente quello al quale si fa riferimento parlando genericamente di anoressia. Il termine deriva dal tardo latino anorexia e a sua volta dal greco anorexìa, composta da an (particella di negazione) e òrexis appetito. Si manifesta inizialmente con un'attenuazione dello stimolo ad alimentarsi, poi seguono l'anoressia vera e propria (mancanza di appetito), il rapido dimagramento e, nelle donne, l'assenza delle mestruazioni. Attualmente lo 0,5% ca. della popolazione tra i dodici e i trent'anni (con prevalenza del sesso femminile) soffre di anoressia mentale. Essa è considerata dalla moderna medicina tra i disturbi alimentari più gravi e sono potenzialmente a rischi il 10% degli adolescenti. La malattia presenta un aspetto nutrizionale e uno comportamentale. Il primo è legato al deficit alimentare che può avere effetti molto gravi sull'integrità fisica, il secondo a fattori psicologici scatenanti, come conflitti familiari, una scarsa autostima e il desiderio di emulare modelli estetici spinti agli estremi. I malati di anoressia si vedono, paradossalmente, grassi e goffi e mettono in atto strategie molto sofisticate nel tentativo continuo di combattere la fame (uso di lassativi e dimagranti, vomito provocato) nascondendo spesso il proprio stato e mentendo sulla quantità di cibo assunto. L'umore è direttamente proporzionale al peso e al suo controllo: la diminuzione di peso è motivo di soddisfazione, mentre il paziente diventa triste e ipercritico se aumenta di un solo etto. La sua autostima, i successi conseguiti in ogni campo e il valore come persona dipendono quindi esclusivamente dal suo corpo e dal controllo che riesce a imporre sullo stimolo della fame.
La malattia attraversa diverse fasi: inizialmente è possibile che le restrizione alimentari auto-imposte dal malato siano addirittura elogiate dai familiari o da figure di riferimento, divenendo fonte di gratificazione. In una fase intermedia la fatica di combattere lo stimolo della fame diventa meno pressante, anzi il paziente ha l'impressione di trarre maggiore energia dalla privazione del cibo, a causa di un meccanismo di conservazione della specie. Non è infrequente vedere che nei periodi di carestia gli animali innalzano il livello di attività per stimolare la ricerca frenetica del cibo. L'umore del paziente si fa molto irritabile per la paura di perdere il controllo della situazione e ritornare ad aumentare il peso. In questa fase compaiono pensieri ossessivi riguardanti il cibo, e il soggetto mette in atto tutte le strategie sopra descritte per continuare nei suoi intenti autolesionistici. Nell'ultima fase della malattia il calo ponderale è notevole (la riduzione è almeno del 15-20% del peso ottimale) e la mente comincia a mostrare segni di cedimento, con il calo della concentrazione, la perdita di memoria e di capacità di giudizio critico e disturbi frequenti del sonno. Nel 15-20% dei casi di anoressia si arriva alla morte del paziente.
La cura dell'anoressia coinvolge necessariamente l'ambiente familiare del paziente, specie se adolescente, richiedendo un'ampia disposizione a collaborare e a mettere in discussione comportamenti e situazioni familiari, cause possibili dell'insorgere del disturbo. Esistono oggi centri specializzati per la cura dell'anoressia, ma il primo passo della terapia consiste nella presa di coscienza del problema da parte del paziente e di chi vive vicino. Nonostante la complessità della malattia, se affrontata da medici esperti e con la collaborazione del malato e dei suoi cari, la guarigione può essere totale fino a ritornare a una qualità di vita normale.
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AUTISMO

L'autismo è una patologia cronica del comportamento che si presenta precocemente, di solito intorno al secondo/terzo anno di età. La malattia si manifesta con gravi alterazioni nella comunicazione con il mondo esterno, sia verbale sia non verbale e con un estraniamento più o meno accentuato dalla realtà. Non c'è comunicazione con i familiari, vi è un attaccamento rivolto nei confronti degli oggetti piuttosto che delle persone. I bimbi autistici hanno nei casi più gravi comportamenti ripetitivi, anomali o aggressivi, non concentrano lo sguardo, non rispondono al sorriso della madre. La malattia colpisce un individuo su 2.000 circa, con prevalenza per il sesso maschile (4 volte rispetto alle femmine). Generalmente non presentano lesioni organiche evidenti, ma talvolta possono soffrire di altre patologie che alterano la normale funzionalità del sistema nervoso centrale, come epilessia, sclerosi tuberosa, sindrome di Down, rosolia congenita. I sintomi riguardano dunque, come detto, la comunicazione verbale e non verbale, l'interazione sociale e l'immaginazione o gli interessi. Per quanto riguarda la comunicazione, il linguaggio viene utilizzato in modo strano, se non si è addirittura in presenza di mutismo. L'autistico sovente ripete le parole o le frasi che sente pronunciare; spesso è presente ritardo mentale. Nell'ambito dell'interazione sociale, gli individui colpiti dalla patologia mancano di interesse nei confronti degli altri, ance se stimolati. Tendono a isolarsi e risultano indifferenti agli stimoli (o ipereccitabili), hanno difficoltà a guardare negli occhi l'interlocutore, a iniziare una conversazione, a rispondere alle domande. Spesso i bimbi affetti da autismo sono inizialmente diagnosticati come sordi, perché non reagiscono quando vengono chiamati per nome. Di solito viene ripetuto un certo repertorio di comportamenti in modo ossessivo, con sequenze di movimenti (dondolarsi, muovere le mani). La gravità della patologia varia da individuo a individuo e tende, nella maggior parte dei casi, a migliorare con l'età, benché una scomparsa totale dei sintomi sia decisamente rara.
Non esiste una causa certa e identificata per l'autismo. Sono tuttavia stati presi in considerazione diversi fattori che sembrano avere un ruolo in questa patologia. Innanzitutto, partendo dal dato che il 60% dei gemelli omozigoti risultano entrambi affetti dalla patologia, si ritiene che esista una componente genetica, benché non sufficiente (altrimenti la patologia colpirebbe la totalità dei gemelli). Inoltre sono state riscontrate anomalie nella struttura cerebrale (a livello di amigdala, cervelletto, corpi mammillari, ippocampo, setto) e in molecole deputate alla trasmissione degli impulsi nervosi del cervello (betaendorfine, serotonina). Inoltre, come detto, l'autismo può presentarsi assieme ad altre patologie. In ogni caso, nessuno di questi fattori può essere considerato coma la causa principale della malattia.
La terapia varia moltissimo per ogni singolo paziente, data la diversità dei sintomi e delle situazioni; inoltre, la remissione totale della patologia si ottiene molto raramente. I trattamenti perciò sono molteplici e diversificati; vi è da notare che gli unici che siano supportati da studi scientifici affidabili sono quelli di tipo comportamentale e farmacologico. Nel primo caso, si ha la maggiore efficacia quanto prima si interviene. I terapisti operano sullo sviluppo del linguaggio e delle capacità sociali, mediante un training altamente strutturato. L'utilizzo dei farmaci ha l'obiettivo di ridurre o eliminare determinati comportamenti problematici o l'effetto di patologie associate (come l'epilessia o i deficit di attenzione).
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BULIMIA

La bulimia è un disturbo alimentare caratterizzato da un irrefrenabile bisogno di mangiare. Causa frequente di obesità, la bulimia si manifesta con ripetuti accessi di fame che costringono il paziente a ingurgitare frettolosamente grandi quantità di cibo (la classica abbuffata), generalmente con l'impressione, durante tali episodi, di perdere il controllo della situazione (ovvero di non riuscire a fermarsi e resistere al desiderio di mangiare). L'attacco di bulimia è normalmente seguito da sensi di colpa, frustrazione e agitazione. L'1,5% ca. della popolazione fra i dodici e i trent'anni (con prevalenza del sesso femminile) soffre di bulimia. I meccanismi compensatori che seguono l'abbuffata sono costituiti generalmente da vomito auto indotto, ma possono esservi anche abuso di lassativi e di diuretici, digiuno forzato e attività fisica eccessiva. La malattia presenta molte analogie con l'anoressia, come l'eccessiva preoccupazione del peso, la continua ricerca di approvazione per il proprio comportamento e aspetto fisico e l'idea ossessiva del cibo.
L'alternanza di una notevole ingestione di cibo e dei meccanismi compensatori è la reazione per lo più a problemi emozionali, ovvero alla scarsa capacità di gestire le emozioni sgradevoli. La sofferenza per l'alternanza di abbuffate e di sensi di colpa e privazioni distraggono l'attenzione dai problemi reali, rendendoli più sopportabili.
Generalmente la bulimia inizia con un tentativo di mettersi a dieta; in seguito i meccanismi compensatori messi in atto sono percepiti come una soluzione per il controllo del peso e via via si consolidano nel tempo fino a uscire completamente dal controllo del paziente.
Le principali conseguenze sulla salute dei soggetti bulimici sono i traumi all'apparato gastroenterico, squilibri ormonali che portano, nelle donne, ad amenorrea (mancanza del ciclo mestruale), fino allo squilibrio elettrolitico, una grave carenza di potassio e sodio a causa dei meccanismi compensatori, che può portare ad aritmie cardiache e anche alla morte.
Come l'anoressia, anche la bulimia è un disordine alimentare che trae origine dalla storia familiare del soggetto, dai suoi problemi psicologici e anche da una possibile tendenza alla depressione.
L'approccio terapeutico si avvale di psicoterapeuti e può prevedere sedute individuali, di familiari o di gruppo. La cura farmacologica generalmente è a base di antidepressivi, in quanto spesso la bulimia è associata a depressione.
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DEMENZA

Sotto il nome di demenza si inquadra una serie di condizioni patologiche caratterizzate da un progressivo deterioramento delle funzioni intellettive, che ha luogo dopo il loro sviluppo completo. Si distinguono generalmente le demenze presenili, che insorgono prima dei 65 anni, e quelle senili, superata quella soglia di età.
Fra le demenze presenili quelle nettamente più frequenti sono la malattia di Alzheimer-Perusini e la malattia di Pick, più rara. Entrambe colpiscono prevalentemente le donne. La prima si manifesta fra i 45 e i 65 anni, inizia con disorientamento spaziale, turbe della memoria, afasia, irrequietezza, e degenera in un quadro di demenza completa. La seconda può presentare sintomi differenti, perché la malattia può colpire zone diverse dell'encefalo; solitamente si ha alterazione della personalità con caduta dei freni inibitori, logorrea, agitazione. Come nel primo caso, anche questa patologia presenta un quadro finale di totale compromissione delle funzioni intellettive.
La demenza senile, che colpisce generalmente soggetti con più di 65 anni, ha uno sviluppo lento e progressivo, ma dopo un periodo iniziale i soggetti manifestano deficit cognitivi sempre più gravi, sino a giungere alla completa incapacità di compiere le attività più elementari. Questa patologia può anche essere accompagnata da disturbi psichici di vario genere: ansia, aggressività, irascibilità, irrequietezza. Diversamente dalla gran parte delle patologie neurologiche, che sono causate da lesioni riscontrabili (ad esempio, mediante esami con Tac o Rmn), la demenza è caratterizzata da sintomi che non sono facilmente inquadrabili in modo netto. La difficoltà sta nel comprendere se questi disturbi siano legati al normale decadimento dovuto all'età, a cause di natura psicologica, ad altre patologie, oppure se siano riconducibili a un inizio di demenza. A questo scopo è necessario sottoporre il soggetto a un accurato esame neuropsicologico, che permetterà di chiarire la situazione. Attualmente non esistono farmaci in grado di curare in modo efficace questa malattia; le terapie messe in atto hanno lo scopo di alleviare i sintomi e facilitare la gestione del paziente da parte dei familiari o delle strutture sanitarie.
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FOBIE

Le fobie (paure irragionevoli e incontrollabili) interessano un quinto circa della popolazione; ne sono state elencate oltre 500, alcune delle quali interessano quasi esclusivamente un sesso (per esempio il timore dei topi o dei serpenti è per il 90% tipicamente femminile), altre sono ugualmente diffuse nei due sessi. La causa può essere un ricordo ancestrale di cui è rimasta una traccia nel cervello o un'esperienza negativa amplificata fino a essere vissuta successivamente come fobia. Solo i casi più gravi richiedono un trattamento farmacologico, mentre normalmente si ricorre alla psicoterapia, mettendo gradatamente a confronto il soggetto con ciò che teme.
Fobia e paura - Perché si possa parlare di fobia occorre che:
a) non vi sia un pericolo oggettivo
b) esista un pericolo, anche minimo, e il soggetto rinunci a incontrare l'oggetto della paura peggiorando la sua qualità della vita.
Il secondo punto è spesso trascurato nell'analisi delle fobie, ma serve a completare il primo che da solo non basta a definire fobie certi comportamenti: salire su un aereo presenta effettivamente un pericolo, anche se se minimo.
Perché vincere le fobie - La distinzione fra paure e fobie è fondamentale perché chi soffre di fobie tende a minimizzare i disturbi semplicemente evitando l'oggetto della paura o vedendo pericoli che non esistono (del tipo "i topi portano le malattie": ma allora perché averne ribrezzo anche per un'immagine?). La qualità della vita può essere solo marginalmente ridotta, anche perché di solito vengono messi in atto meccanismi di compensazione (se si ha paura di volare si preferiranno le spiagge italiane a quelle esotiche...); resta il fatto che chi soffre di fobie non ha la forza di volontà sufficiente per imporsi alla propria psiche. Poiché per vincere la fobia è necessario confrontarsi con essa, solo chi è dotato di una forza di volontà anevrotica (cioè una forza di volontà non legata al raggiungimento di un obbiettivo) è in grado di eliminarle. Esercitiamoci dunque a vincere le nostre fobie: chi le ignora e s'illude di essere forte, prima o poi potrebbe scoprire tutte le sue debolezze.
Ecco un elenco delle fobie più comuni:
Acatartofobia - Paura dello sporco e della polvere
Acrofobia - Paura delle altezze
Agorafobia - Paura degli spazi aperti e affollati
Aracnofobia - Paura dei ragni
Aviofobia - Paura di volare
Claustrofobia - Paura degli spazi chiusi (esempio: ascensori)
Misofobia - Paura dei germi
Nictofobia - Paura del buio
Ofidiofobia - Paura dei serpenti
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NEVROSI

Le nevrosi sono sindromi caratterizzate da uno stato di sofferenza della psiche, causate generalmente da conflitti personali o legati all'ambiente. Sono meno gravi delle psicosi, in quanto il soggetto colpito ha una migliore capacità di adattamento sociale e ambientale, conserva una certa capacità critica, con una maggiore consapevolezza del suo stato e ha un migliore contatto con la realtà. Vi sono diversi fattori che possono favorire l'insorgenza delle nevrosi, psicologici, biologici e ambientali.
Le nevrosi, che possono essere considerate come un disturbo condizionato psichicamente a seguito di conflitti non risolti, si manifestano con sintomi diversi; ansia, paure, sintomi isterici, inibizione insicurezza, labilità interiore.
Si distinguono diverse tipologie cliniche, a seconda della sintomatologia (sindromi ansiose, fobiche, ossessive, isteriche). Vi sono inoltre visioni diverse delle nevrosi; quella prevalente è la psicoanalitica, ma esistono anche altri approcci (teoria del comportamento, approcci di carattere più antropologico).
Nella cura delle nevrosi si utilizzerà la psicoterapia, affiancata dalla somministrazione di farmaci ansiolitici, antidepressivi e, nei casi più gravi, neurolettici. Il decorso delle nevrosi generalmente è favorevole, ma possono anche presentarsi quadri più complessi, con evoluzione verso la depressione.
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SCHIZOFRENIA

Con schizofrenia si identifica un insieme di disturbi psichici gravi (psicosi), che generalmente si presentano verso la fine dell'adolescenza e l'inizio dell'età adulta, con esordio lento, ma anche acuto. Le cause della schizofrenia non sono del tutto note. Probabilmente esiste una componente genetica; attualmente sono in corso ricerche per individuare la locazione dei geni che causano la patologia. Ne è stato identificato uno, nel cromosoma 6, ma gli studi sono ancora in una fase iniziale. Hanno certamente una grande importanza altri fattori, di carattere psicologico e socio-ambientale. In particolare, un ruolo fondamentale è riconosciuto all'ambiente familiare e ad alcune caratteristiche delle dinamiche all'interno della famiglia: ambiguità, contradditorietà, difficoltà di comunicare, scarsa definizione dei ruoli.
I sintomi della schizofrenia riguardano un deterioramento di tutte le funzioni relative al comportamento, alla cognizione e alle emozioni della persona: creatività, linguaggio, pensiero, percezione, volontà. Per potere giungere a una diagnosi di schizofrenia devono essere necessariamente presenti alcuni disturbi principali: disturbi del pensiero (il soggetto ha la sensazione che i suoi pensieri vengano creati da altri e immessi nella sua mente, o che altri siano in grado di rubare i suoi pensieri; esiste un'apparente mancanza di collegamento fra le idee); disturbi dell'affettività (paura, mancanza apparente di emozioni, che sono presenti ma vengono difficilmente espresse, ambivalenza affettiva); autismo (il soggetto si chiude in sé stesso, senza riuscire a partecipare agli eventi esterni alla sua psiche). Vi sono poi altri sintomi che rinforzano la diagnosi, pur non essendo sempre presenti: delirio (convinzioni assolute e dal contenuto assurdo); allucinazioni (per lo più acustiche; il soggetto sente voci offensive o denigratorie); disturbi catatonici (immobilismo, mutismo, esplosioni di aggressività incontrollata, catalepsia).
È difficile operare una suddivisione netta delle sindromi schizofreniche, ma si distinguono comunque quattro forme. Quella semplice ha un progresso lento, non drammatico, con un graduale deterioramento intellettivo che conduce a una pesante limitazione delle funzioni psichiche. Il soggetto perde iniziativa, riduce i contatti umani e sviluppa sempre più fortemente i sintomi schizofrenici. La prognosi è negativa: il soggetto colpito ha scarsissime possibilità di riconquistare la salute. La forma paranoide-allucinatoria insorge in età più avanzata (25-35 anni), oltre ai sintomi principali, presenta forme marcate di delirio e allucinazioni. La forma catatonica, che ha una prognosi generalmente favorevole, è caratterizzata soprattutto da disturbi motori tipici (immobilità, catalessia), con possibile presenza di deliri e allucinazioni. La forma ebefrenica si sviluppa in giovane età, con prognosi decisamente sfavorevole. Il soggetto colpito presenta inadeguatezza e incoerenza nel pensiero, nel comportamento e negli affetti, delirio e allucinazione.
La schizofrenia può cronicizzare oppure presentare periodi di benessere alternati a periodi di sofferenza. Dopo la primi crisi psicotica circa un terzo dei pazienti guarisce definitivamente, un terzo potrà avere una serie di ricadute (spesso causate da fattori esterni), mentre un terzo dei pazienti svilupperà una forma cronica di schizofrenia. Anche in quest'ultimo caso si può sempre sperare nella guarigione o, almeno, in un miglioramento. La terapia prevede interventi di carattere farmacologico (neurolettici) e psicologico, sia a livello individuale sia familiare, oltre a una serie di misure socio-assistenziali.
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I DISTURBI DELLA SESSUALITA'

Alcuni disturbi della sessualità possono avere una causa organica, ossia sono provocati da patologie specifiche; tuttavia spesso in queste situazioni si innestano problematiche di natura psicologica. Sovente dunque il disturbo sessuale è una patologia mista che richiede l'intervento di psicoterapeuti, ginecologi, urologi e andrologi. La maggior parte dei disturbi invece sono esclusivamente psicogeni o psicosessuali. Le disfunzioni sessuali sono una serie di problemi che si riscontrano durante l'attività sessuale e che alterano le prestazioni e le percezioni della persona nell'ambito della sua esperienza sessuale.
Si può considerare il rapporto sessuale come un'esperienza in cinque fasi: il desiderio, l'eccitazione, la massima eccitazione, l'orgasmo, la risoluzione. Il primo gruppo di disturbi riguarda le disfunzioni del desiderio sessuale, che può essere assente, scarso o troppo elevato. Il paziente con avversione sessuale si oppone alle esperienze sessuali, percepite come totalmente negative. Nel caso in cui il desiderio sia eccessivo, si può essere in presenza di un disturbo ansioso o di altre psicopatologie. Durante la fase dell'eccitazione, nell'uomo può comparire il disturbo di disfunzione erettiva (impotenza). In questo caso si deve innanzitutto verificare la presenza di un danno organico; nella maggior parte dei casi si tratta però di un disturbo legato a certi momenti della vita della persona o a determinate partner. Nella donna si può avere una mancanza di lubrificazione vaginale e di tumescenza dei genitali esterni, assieme a una mancanza di eccitazione; questo disturbo, che un tempo veniva definito frigidità, può essere associato solo a certi partner o certe situazioni, oppure può essere generalizzato. Spesso questo problema deriva da un'inadeguata stimolazione sessuale. Nella fase dell'orgasmo l'uomo può andare incontro a tre tipi di disturbi: eiaculazione impossibile, ritardata e precoce. Il disturbo più diffuso è l'eiaculazione precoce; in tutti i casi di disfunzione orgasmica maschile si ricorre a una visita psicologica, anche per la valutazione della relazione di coppia. La donna in questa fase può lamentare l'orgasmo precoce (peraltro difficile da diagnosticare) o la mancanza d'orgasmo (anorgasmia). Da un punto di vista neurofisiologico, quasi tutte le donne possono raggiungere l'orgasmo grazie alla stimolazione del clitoride prodotta dal pene (orgasmo clitorideo), mentre circa il 60% può raggiungere l'orgasmo coitale; altre donne possono raggiungere l'orgasmo solo con fantasie erotiche. Per quanto riguarda le donne, è necessario ricordare due disfunzioni sessuali molto diffuse che pregiudicano l'esperienza sessuale penetrativa: la dispareunia e il vaginismo. Da un punto di vista psicologico questi disturbi sono considerati fobie sessuali. La dispareunia è il dolore genitale sperimentato durante o dopo la penetrazione; spesso è la conseguenza di una patologia organica, ma possono essere presenti fattori psicologici. Il vaginismo, responsabile fra l'altro della maggior parte dei matrimoni non consumati, consiste nell'impossibilità della penetrazione, causata dalla resistenza all'apertura dei muscoli vaginali. Anche qui, come per l'impotenza maschile, è necessaria un'attenta valutazione psicologica. Per tutti questi disturbi, dopo un'adeguata valutazione clinica, non limitata alla disfunzione sessuale lamentata dal paziente, si può fare ricorso a interventi di tipo psicoterapeutico anche piuttosto brevi, che danno risultati molto efficaci e durevoli nel tempo, oltre alle terapie farmacologiche o chirurgiche necessarie in caso di presenza di patologie organiche.
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DISLESSIA

specifico disturbo di lettura caratterizzato da difficoltà nel decifrare caratteri scritti.
spesso sono causati da problemi di trascuratezza di carattere educativo e/o sociale.

tra le possibili cause possono essere disturbi psicologici, cattiva concentrazione disfunzioni visive, i più colpiti sono i maschi.

i sintomi

si manifesta con l' incapacità di leggere e ricordare le parole scritte a causa della trasposizione e l' inversione delle sillabe durante la lettura. Colpisce il 4% ca. dei bambini. Secondo il modello dell' olandese Bakker, la causa sarebbe un anomalo uso dei due emisferi cerebrali. Durante le prime fasi dell'apprendimento entrerebbe in gioco l'emisfero destro (accuratezza della lettura), mentre, diventando adulti, il controllo passerebbe all'emisfero sinistro che permetterebbe l'uso di regole sintattiche e semantiche. Nei bambini dislessici il passaggio avviene troppo tardi (dislessia L con lettura veloce con molti errori). La cura consiste nello stimolare l'emisfero opportuno con proiezioni elaborate di lettere. Secondo il modello dell'americano Geiger, la dislessia è invece dovuta a un'anomalia dei meccanismi visivi con un campo visivo più ampio del normale che causa una dispersione dell'attenzione; la cura secondo Geiger consiste nel limitare il campo visivo del bambino, obbligandolo a concentrare l'attenzione su una porzione di esso. Precedentemente la dislessia si curava con metodi logopedici (che iniziavano non oltre gli 8-9 anni d'età); con i metodi Bakker e Geiger si può intervenire fino a 13 anni con risultati in soli quattro mesi contro i tradizionali 10-12 della logopedia.